sabato 31 ottobre 2009

In Italia la Politkovskaja e le decine di giornalisti russi assassinati sarebbero ancora vivi. La Scuola Italiana di Giornalismo non prevede la morte di un portatore di verità se non in rari casi, come per Mauro de Mauro o Ilaria Alpi. Eccezioni che confermano la regola del giornalista servo. Servo per vocazione e, soprattutto, per stipendio. Nel 2009 sono stati uccisi nel mondo 33 giornalisti e 171 sono finiti in galera insieme a 91 blogger. Il giornalismo nostrano pagato dallo Stato con i contributi pubblici non corre questi rischi. E' come se la Politkovskaja fosse stata retribuita da Putin per scrivere sulla Pravda. I dati dei finanziamenti all'editoria per il 2007 e pagati nel 2008 spiegano meglio di qualunque discorso il posizionamento al 49simo posto della libertà di informazione dell'Italia nel 2009 (35sima nel 2007) secondo Reporters Sans Frontières.
Alcuni dati: Libero (diventato una Onlus per i contributi) 7.794.367 euro, Il Riformista 2.530.638, Il Foglio 3.745.345, La Padania (serva di Roma Iddio la creò) 4.028.363, L'Unità 6.377.209, Europa (organo del rutellone) 3.599.203, Il Secolo d'Italia 2.959.948, Il Campanile (organo del mastellone) 1.150.919, Avvenire 6.174.758 (ma non gli basta l'otto per mille?), Il Denaro (il nostro?) 2.459.799. L'Avanti (i socialisti sono sempre presenti) 2.530.638. Non mancano neppure le elemosine folcloristiche elargite con le nostre tasse come: Il Granchio 88.444 euro, Motocross 506.660, Chitarre 273.126, Car Audio e FM 290.400, Italia Ornitologica 40.000 e il misterioso Adista 117.000 (*).
Mancano i soldi per la Scuola, per la Polizia, per le case antisismiche, per il sussidio di disoccupazione ai padri di famiglia disoccupati. Non mancano mai per i giornalisti di regime. Il Dipartimento per l'informazione e per l'editoria è presieduto da Paolo Bonaiuti del PDL. Senza la cortina fumogena dell'informazione a tassametro il regime Pdl-pdmenoelle non durerebbe un giorno, Senza lo Stato la maggior parte dei giornali fallirebbe. Lo stipendio a Belpietro, Ferrara, Polito, Boriani lo decide lo psiconano e lo paghiamo noi. Gli editori sono i camerieri dei politici, i giornalisti scrivono il menu su ordinazione. I contributi pubblici all'editoria e gli sgravi fiscali di cui godono i grandi gruppi editoriali vanno aboliti. Se lettore compra, giornalista vive. Altrimenti faccia un altro mestiere.

(*) Il Fatto Quotidiano che ha dichiarato di non voler fruire di contributi pubblici rappresenta una controprova. Travaglio, Lillo, Gomez non avrebbero mai potuto diventare editorialisti o direttori del Corriere della Sera o della Repubblica. Hanno dovuto farsi un loro giornale per scrivere. (www.beppegrillo.it)
Ringrazio tutti coloro che mi hanno segnalato il caso di Stefano Cucchi, di cui ho visto lo straziante video con la sorella e il padre.

Io non so se Cucchi fosse o no uno spacciatore, non e’ questo il punto. So che un cittadino della Repubblica e’ stato prelevato in casa dai carabinieri, tradotto pesto davanti al giudice, ricoverato per motivi misteriosi in ospedale dove i genitori non hanno avuto il permesso di visitarlo e che poi e’ morto pieno di contusioni e fratture.

La famiglia non e’ stata neppure avvertita della morte, ma soltanto della avvenuta autopsia. Non ci sono parole. La giustizia italiana e i metodi dei suoi addetti sono sul banco degli imputati.

Nessuna persona libera e liberale, nessun cittadino che ami la legge e la democrazia puo’ restare indifferente di fronte a quel che e’ capitato al cittadino Stefano Cucchi, ma anzi deve sentirsi indignato e chiedere che si faccia luce fino all’ultimo raccapricciante particolare.

Non esiste un atteggiamento di sinistra e uno di destra di fronte a un caso come questo, ma soltanto un atteggiamento civile dei cittadini degni di questo nome.

Vogliamo sapere esattamente che cosa e’ successo, minuto per minuto, agente per agente, funzionario per funzionario, senza sconti e senza isteria.

Io sono un sostenitore assoluto delle forze dell’ordine, ma penso che proprio per il rispetto che esse meritano, coloro che indossano indegnamente uniformi onorate debbano essere allontanati e puniti se hanno commesso abusi e reati.
(www.paologuzzanti.it)
Onorevole Fini,

(mi sono chiesta a lungo come cominciare una lettera come questa, non ho mai scritto ad un parlamentare prima d’ora, mi sembra che questo possa andare bene: diretto e conciso).

Non le nascondo, per onestà, che non mi sono mai trovata d’accordo con lei, anzi spesso le sue opinioni mi irritavano, le nostre posizioni, evidentemente e naturalmente distanti, mi impedivano di trovare qualche argomento condivisibile.

Ma da un po’ di tempo a questa parte alcune sue dichiarazioni mi sorprendono, mi pare di trovare in lei quel buon senso di cui abbiamo così tanto bisogno, i suoi interventi spesso lasciano trasparire una volontà di dialogo, un’apertura su temi che ci hanno visti contrapposti per così tanto tempo.

Mi chiedo: che cosa sta succedendo??? Ed ecco che la diffidenza riprende il sopravvento: è una strategia? Lei è un uomo intelligente, uno dei pochi politici puri di quel panorama, me lo lasci dire, desolante che è la sua coalizione di governo.

Sicuramente ha capito (e ahinoi non ci vuole molto) che a sinistra c’è un vuoto, e che gli elettori sono giustamente disorientati, arrabbiati, disillusi e allora forse cerca di blandirli con dichiarazioni più vicine al pensiero di sinistra per indurli a dirottare i voti degli indecisi su di lei.

Ecco mi dico: sarà così, sta preparando il terreno per una nuova coalizione! E rimango, sempre per onestà, più propensa per questa teoria, non per diffidenza ideologica, ma perché ho sempre pensato che le persone cambiano raramente.

Tuttavia voglio lasciare uno spiraglio all’ottimismo e voglio pensare che anche per lei la misura è colma e che anche lei comincia, come noi, a vergognarsi di essere rappresentato così male agli occhi del mondo intero e che, come noi, è stanco di questo populismo da quattro soldi, di questa retorica da bar, di questo senso dell’umorismo da caserma, di questo clima di intolleranza e di violenza che si respira, di questa decadenza culturale, etica, storica.

Onorevole Fini, io non lo so, ma la prego, se lei è davvero in buona fede, ci aiuti a venirne fuori. Si liberi della sua attuale coalizione, vada avanti, formi un partito conservatore di gente onesta, e ce n’è tanta che non si riconosce in questa destra, con la quale si possa dialogare in maniera democratica e civile, come in tutti i paesi europei.

Magari ci scontreremo ancora sui temi che ci vedranno in contrapposizione, come in tutte le democrazie, in un clima appassionato sì, (la politica è passione), ma civile.

Dia il suo contributo a restituire dignità a questo paese che non si merita di essere rappresentato in questo modo, e da sinistra, (facendo anche noi il nostro dovere di pulizia laddove ce ne sarà bisogno), le daremo il benvenuto.

Distinti saluti,
Fiorella Mannoia

(da MICROMEGA)

venerdì 30 ottobre 2009



C’è voluto uno scandalo targato centrosinistra, il caso Marrazzo, perché Pigi Battista e Piero Ostellino scoprissero sul Corriere della sera una parola finora inedita nel loro vocabolario: “dimissioni”. Per una volta, non essendoci di mezzo Berlusconi, sono riusciti a guardare la luna invece del dito. Anzichè prendersela con l’”invadenza della magistratura”, strillare alla privacy violata e alla “guerra fra giustizia e politica”, si sono concentrati sul fatto.

Battista: “Un governatore sotto ricatto è politicamente dimezzato e azzoppato, impossibilitato a svolgere con serenità e responsabilità istituzionale le sue funzioni” e “deve valutare se fare un passo indietro”.

Ostellino: “In discussione non dovrebbero essere mai gli stili di vita, ma gli eventuali comportamenti pubblici ‘accertabili e difformi’ che ne conseguissero, per qualsiasi carica, premier compreso. Marrazzo ha ceduto al ricatto e pagato i ricattatori. Il ricatto è un reato, al quale mai si deve sottostare, tanto meno un uomo pubblico”. Ben detto. “Premier compreso”.

Poi però Ostellino liquida come “dichiarazioni moralistiche” le critiche a Berlusconi per i sexy-scandali: come se la difesa della Sacra Famiglia cattolica, le leggi antidroga e antiprostituzione non fossero “comportamenti pubblici accertabili e difformi” da quelli di un premier che è pappa e ciccia con un prosseneta-spacciatore, riceve a domicilio prostitute e - come dice la sua signora - frequenta minorenni e mette in lista le girls del suo harem.

Ma sorvoliamo sul sesso e restiamo sul ricatto: “un reato al quale mai si deve sottostare, tanto meno un uomo pubblico”. Nel 1975 Berlusconi subisce un attentato mafioso in una delle sue ville e non lo denuncia. Nel 1986, replay: stessa villa, stessa bomba; stavolta se ne accorgono i carabinieri; il Cavaliere, al telefono con Dell’Utri, parla di “segnale estorsivo” del suo ex-“stalliere” Mangano e rivela di aver detto ai militari: “Se mi avesse telefonato, 30 milioni glieli davo!”. Nel 1988 confida all’amico immobiliarista Renato Della Valle: “Mi han fatto estorsioni in maniera brutta. Mi è capitato altre volte, dieci anni fa, e son tornati fuori. Mi han detto che, se entro una certa data non faccio una roba, mi consegnano la testa di mio figlio ed espongono il corpo in piazza Duomo. Se fossi sicuro di togliermi questa roba dalle palle, pagherei tranquillo, così non rompono più i coglioni”. Nel 1990 la Standa di Catania è bersagliata da attentati mafiosi, finchè i dirigenti berlusconiani pagano il pizzo (180 milioni di lire); ma la Fininvest nega tutto e non denuncia gli estorsori, nemmeno quando vengono arrestati e processati. Due anni fa una gang di paparazzi minaccia di diffondere foto compromettenti di Barbara Berlusconi: Papi cede al ricatto e paga 20 mila euro. Da allora Battista e Ostellino tentano invano di pubblicare sul Corriere due vibranti editoriali in cui chiedono le dimissioni del premier con le stesse parole usate per Marrazzo. Aiutiamoli: con il nostro sostegno, ce la possono fare. (www.voglioscendere.ilcannocchiale.it)
Letizia Moratti vuole candidare per l'Ambrogino d'oro, la massima benemerenza milanese, Marina Berlusconi. Il consigliere comunale Carlo Fidanza del Pdl è entusiasta: "È un’imprenditrice che incarna al meglio i valori della milanesità e del fare impresa". Giulio Gallera del Pdl (sempre il partito di famiglia) è felice perché si tratta: "di una manager, inserita da Forbes nella classifica delle donne più potenti del mondo, che dà lustro al Paese e a Milano". Marina Berlusconi, oltre che figlia di suo padre, è presidente della Mondadori. Una società assegnata allo psiconano grazie alla corruzione di giudici. La Fininvest è stata condannata per la Mondadori a un risarcimento di 750 milioni di euro. Marina l'ambrogina è senza alcun dubbio il massimo della milanesità e il suo lustro brilla come e più della Madunina. (www.beppegrillo.it)

giovedì 29 ottobre 2009

Attenzione ! Immagini violente.

Morire a Napoli. Città Far West, Bagdad d'Italia, eterna Kabul dove i killer si muovono indisturbati. Non si coprono neppure il volto quando sono in missione. Tanto non li ferma nessuno. Le immagini dell'omicidio nel bar della Sanità parlano di impunità, di indifferenza (la gente che passa, vede il cadavere a terra, la donna che solleva il capo del “muorto acciso”, si accerta che non gli appartiene e va via), di omertà. La Procura della città ha autorizzato la pubblicazione delle riprese video dell'omicidio nella speranza che qualcuno offra un aiuto per individuare il killer. Speranza vana. Napoli sta morendo di indifferenza. (ENRICO FIERRO - L' ANTEFATTO -)


mercoledì 28 ottobre 2009

Cari amici,questa mattina, nel corso della trasmissione “Omnibus” de La7, ho sostenuto e pubblicizzato con convinzione la manifestazione prevista il 5 dicembre a Roma, promossa dalla rete per chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio. L’ho fatto oggi e continuerò a farlo tutte le volte che potrò.Credo, infatti, sia necessario fare in modo che questo importante evento, questo incontro spontaneo di cittadini che credono ancora nella democrazia ed hanno deciso di esprimere apertamente il loro dissenso a questo Governo, sia pubblicizzato con ogni mezzo.E’ fondamentale che se ne parli, (e questo sta finalmente accadendo), è essenziale che si attivi un tam-tam volto a promuovere la stessa manifestazione e a divulgarla il più possibile.Per questo, da parte mia, ribadisco che avrete tutto il supporto necessario e il necessario sostegno. (www.antoniodipietro.it)

Il regime alza la voce

Alfano e La Russa rigorosamente appecoronati.

martedì 27 ottobre 2009

E adesso per Silvio Berlusconi diventa davvero dura. Oggi la seconda sezione della corte d'appello di Milano ha confermato la condanna a 4 anni e sei mesi di reclusione per l'avvocato David Mills, il legale inglese accusato di essere stato corrotto dal premier. Tra quindici giorni verranno depositale le motivazioni della sentenza e a partire dal quel momento le difese avranno 30 giorni di tempo per presentare il loro ricorso in Cassazione. Il rischio concreto è insomma che la suprema corte renda definitiva la condanna di Mills prima che il processo bis contro il Cavaliere sia concluso. Il nuovo dibattimento che vede imputato il capo del governo per corruzione giudiziaria riprenderà prima di dicembre. La difesa farà di tutto per allungarlo a dismisura, ma è scontato che, in caso di un'eventuale decisione della Cassazione negativa per Mills, i giudici decidano nel giro di poche udienze: finchè la legge non verrà cambiata le sentenze definitive nel nostro ordinamento hanno valore di prova. E se Mills è stato corrotto, il corruttore è Berlusconi.Il premier, insomma, ha bisogno di tempo. Ma 20 mesi, tanti secondo alcuni calcoli lo separerebbero dall'agognata prescrizione, sono pochi per non pensare di incassare almeno un verdetto di primo grado. Per questo i deputati-avvocati del premier sono già al lavoro. Una soluzione, assicurano, la troveranno. Ma è ormai chiaro che, visto con il senno di poi, il Lodo Alfano, anche per Berlusconi, è stato un madornale errore. (PETER GOMEZ - L' ANTEFATTO -)
Il contingente militare italiano in Afghanistan rientrerà dal paese asiatico "non prima" dei prossimi "cinque anni". Lo ha confermato il ministro della Difesa Ignazio La Russa in un faccia a faccia con Giovanni Minoli in una puntata speciale dedicata alla missione in Afghanistan. "Non prima di 5 anni. Non ho mai dato una data. Lo faccio per la prima volta. Ma il tempo è minimo di 5 anni", ha detto La Russa a proposito del ritiro del contingente italiano. Sulle ragioni della permanenza sul territorio afgano, La Russa ha spiegato che occorre "rimanere per addestrare le forze armate e le polizia afgana, a dare forza alle istituzioni legittime afgane in modo che noi non si debba andar via quando tutto è risolto, ma quando loro saranno in grado di fare da soli". (IL RIFORMISTA)


Ancora cinque anni in una terra che non vede l’ora di togliersi dalle scatole tutti i contingenti stranieri e per questo credo che purtroppo continueremo a contare i morti.

lunedì 26 ottobre 2009

Passaparola di Marco Travaglio (dal Blog www.beppegrillo.it)

Piero Marrazzo si deve dimettere. Peccato: non governava male. Ma deve andarsene: la patetica manfrina dell’”autosospensione” in vista di un “percorso” che porterà chissà quando al passo d’addio è imbarazzante per tutti, ma soprattutto per lui, chiuso nel freezer in versione Findus. Se ha ceduto al ricatto anziché denunciare l’estorsione, non può più ricoprire una carica pubblica. Il fatto poi che sia stato ricattato per mesi getta un’ombra sul suo governo passato e anche su quello futuro. Ma l’unica cosa che non si può (più) dire è che sia sotto ricatto, ora che questo è stato smascherato e i suoi autori arrestati. E infatti è proprio quel che scrive Pierluigi Battista, sedicente “terzista”, sul Corriere della sera: “Un governatore sotto ricatto è politicamente dimezzato e azzoppato, impossibilitato a svolgere con serenità e responsabilità istituzionale le funzioni che gli sono proprie”. Solennissima sciocchezza: visto che i ricattatori sono in galera, il ricatto non c’è più. Ma è comunque consolante che il Battista, alla sua età, sia riuscito finalmente a chiedere le dimissioni di un politico coinvolto in uno scandalo, sia pur con la penna intinta nella vaselina cerchiobottista, anzi cerchiobattista (“Marrazzo deve valutare se fare un passo indietro non sia l’unico gesto pieno di dignità…”). Purtroppo non l’ha mai chiesto per Silvio Berlusconi. Anzi, il Battista e il Corriere han sempre detto il contrario: gli scandali non devono impedire al premier di “andare avanti” e i giornali che chiedono le sue dimissioni, o qualche risposta alle domande, “organizzano campagne” e “alimentano lo scontro”. Poco importa se quegli scandali rendevano e rendono tuttora il Cavaliere ricattabile e forse ricattato. Se Mills sa di aver preso 600 mila dollari da “Mr.B.”; se Dell’Utri conosce tanti altarini e li tiene per sè, così come Previti e tanti altri complici; se Provenzano gli scriveva lettere d’amore e minacce; se Vito Ciancimino lo avvertiva dal carcere “Se passa molto tempo sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni…”; se Gaspare Spatuzza parla di lui dopo anni di silenzio e racconta che nel ’93 i Graviano minacciavano di “parlare” se qualcuno non fosse entrato in politica; se la D’Addario e interi plotoni di “ragazze” più o meno a tassametro andavano e venivano dalle sue case e/o dalle sue alcove, armate di registratori e telefonini con videocamera; se Saccà doveva piazzarne alcune a Raifiction perché questa o quella “sta diventando pericolosa”, cioè ha iniziato a parlare; ecco, se centinaia di persone conoscono fatti tali da poter rovinare la reputazione del presidente del Consiglio, o quel che ne resta, e per vicende un po’ più gravi di qualche vizietto privato, forse è il caso di pretendere “un passo indietro” anche da lui perché “politicamente dimezzato e azzoppato, impossibilitato a svolgere con serenità e responsabilità istituzionale le funzioni che gli sono proprie”. Invece il Pompiere della Sera, insieme al capo dello Stato e ad altri estintori umani, chiede alle opposizioni di sedersi al tavolo con lui per riformare addirittura la Giustizia e la Costituzione. Cade così l’ultimo velo dalle ipocrisie dei “terzisti”. Chi invoca le dimissioni di Marrazzo, ma non di Berlusconi, non è un terzista. E’ un berlusconiano travestito. (MARCO TRAVAGLIO – IL FATTO QUOTIDIANO -)

sabato 24 ottobre 2009

Tra le tante voci di spesa, ci sono 400 costumi, 100 carri falcati, 200 armature (perfette riproduzioni realizzate in India), 4.550 cavalli, 12 mila comparse, più i cachet degli attori, incluso Raz Degan nei panni di Alberto da Giussano. E tutto il resto, naturalmente. Spesa finale: 30 milioni di dollari, compresa la postproduzione per le 800 scene trattate con effetti speciali digitali.
Chi ha pagato? Al 60 per cento imprenditori privati vicino alla Lega, al 40 per cento la Rai: 12 milioni di euro di soldi dei contribuenti, quindi, a pesare sul bilancio già drammaticamente in rosso della tivù pubblica.
Soldi che, ormai è certo, non torneranno mai indietro: nei cinema "Barbarossa" è un flop e l'incasso dei botteghini - secondo le previsioni - non coprirà nemmeno un terzo delle spese sostenute.
L'ultimo spreco di denaro pubblico ha un nome e cognome preciso: Umberto Bossi, capo della Lega e grande sponsor politico del progetto, nonchè amico personale del regista e pure presente in un cameo nella pellicola di Renzo Martinelli.
Berlusconi insomma ha usato la Rai (che imporrà il film in due puntate anche sul piccolo schermo) per tenersi buono l'alleato di governo, a spese nostre.
Dev'essere questo il famoso "Roma ladrona", lo slogan con cui la Lega ha mosso i suoi primi passi fino ad arrivare direttamente a usufruire del bottino. (L'ESPRESSO)
La rassegna stampa di «Linea Notte» del Tg3 giovedì sera tocca a lei, Roberta Serdoz, che è nella redazione del programma di approfondimento condotto da Maurizio Mannoni. Ma Roberta Serdoz è anche la moglie di Piero Marrazzo. Poco prima di mezzanotte e mezza l’Ansa rilancia la notizia del ricatto ai danni del consorte, mentre lei è in onda. Gli spettatori non vengono aggiornati. E gli ultimi dieci minuti, dedicati appunto alla rassegna stampa, si concentrano sulla visita di Berlusconi a Putin, sui titoli di Manifesto ed Europa, sulle vignette di Vauro e sulle minacce al premier su Facebook. Della notizia del ricatto, presente sia sul Corriere della Sera che su Repubblica, nemmeno l’ombra. (IL GIORNALE)



Un pò come si è comportato Minzolini con le puttane di Berlusconi vero ?

venerdì 23 ottobre 2009

La battuta (più geniale) del giorno

"Mi appello alla magistratura romana e al Ministro della Giustizia (ma credo non ce ne sia bisogno) affinchè non facciano assolutamente nulla contro il gruppo " A morte Marco Travaglio". Il diritto all' idiozia è sacro e va garantito a tutti." (Marco Travaglio)

La battuta del giorno

"La politica non può selezionare il proprio personale tenendo conto delle indagini giudiziarie." (Fabrizio Cicchitto)



E già, perchè se così fosse la classe politica italiana sarebbe drammaticamente decimata.
Molti italiani non sanno quali giornali ricevono finanziamenti dallo Stato e quali no. Adesso però sono stati resi pubblici i contributi relativi al 2007. Usufruiscono di queste sovvenzioni testate suddivise in varie categorie: ci sono quelle controllate da cooperative, da fondazioni, organi di partito o di movimenti politici, tv e giornali senza fini di lucro.
“Libero”, controllato dall’omonima fondazione onlus, rientra nella categoria delle cooperative o enti morali ed è in testa alla classifica con 7.794.000 euro ricevuti. Della stessa classe fa parte anche “Avvenire”: il quotidiano della Cei ha riscosso 6.174.000 euro. “Italia Oggi” raggiunge quota 5.263.000 euro.
Tanti soldi anche per i giornali di partito: per “L’Unità”, ex organo del Pci, lo Stato ha sborsato 6.377.000 euro, mentre “La Padania” della Lega Nord è arrivato a 4.028.000. “Europa” del Pd ha ricevuto 3.599.000 euro, mentre in area An il “Secolo d’Italia” ha raggiunto i 2.959.000 euro.
I Verdi non siedono più in Parlamento ma “Notizie verdi” ha preso comunque 2.510.000 euro. “Liberal” dell’Udc si attesta a 1.200.000 euro, e anche “Il Nuovo Campanile” dell’Udeur va oltre il milione, per l’esattezza 1.150.000. Sotto il milione “Rinascita della Sinistra” (934.000), “Il Socialista Lab” (472.000) e “Democrazia Cristiana” (298.000).
Tra gli organi dei movimenti politici, poi trasformati in cooperative, spiccano i 3.745.000 euro presi dal “Foglio”, nel cui azionariato figurano tra gli altri l’ex first lady Veronica Lario e Giuliano Ferrara. 2.530.000 euro per il napoletano “Roma”, mentre “Il Denaro” ha raggiunto nel 2007 2.459.000 euro. Bene anche “Il Nuovo Riformista” con un finanziamento di 2.530.000, mentre la “Voce Repubblicana” ha avuto dallo Stato solo 624.000 euro.
Tra i quotidiani gestiti da cooperative, ma con una chiara impronta politica, troviamo in cima una testata tradizionalmente “rossa” come “Il Manifesto” con 4.352.000 euro, seguito a ruota da “Conquiste del Lavoro” (area Cisl) con 3.346.000 euro. Anche “L’Avanti”, ex organo dei socialisti si è beccato 2.530.000 euro, mentre l’agenzia Dire si è “fermata” a 1.012.000 e la “Nuova Gazzetta di Caserta” è arrivata a 710.000.
Il “Corriere Canadese” guida la graduatoria dei quotidiani editi e diffusi all’estero con 2.834.000 euro, seguito da “America Oggi” (2.530.000), “Il Globo” (2.530.00) e “Primorski Dvevnik” (1.897.000).
Tra le emittenti televisive è in testa “Nessuno Tv” (di area dalemiana) con 3.594.000 euro. Alle sue spalle “Informazione Libera” con 2.133.000 euro e la pugliese Telenorba con 234.000.
Ci sono poi i periodici specializzati: i contributi più alti sono stati ricevuti da “Motocross” (506.000 euro); stessi finanziamenti anche per “Left-Avvenimenti”, mentre la rivista musicale “Mucchio Selvaggio” si attesta sui 451.000 euro. Seguono “Chitarre” (273.000), “Mare e monti” (103.000) e “Il Granchio” con 88.000 euro.
Infine ci sono i più “poveri”, ossia i giornali senza fini di lucro: Azione Bnevento è arrivato a 235.000 euro, “Aeronautica” a 66.000 e “Buddismo e società” a 26.000. (BLITZ QUOTIDIANO)

giovedì 22 ottobre 2009

Vedrete che anche stavolta farà finta di nulla facendoci sapere – meglio se dallo studio-amico di AnnoZero – di non sapere nulla delle sentenze a lui avverse. Ma anche stavolta Marco Travaglio, è di lui che parliamo, è stato condannato, insieme alla Garzanti libri spa. O meglio: la terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 22190) ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Torino che aveva disposto il risarcimento in favore dell’ex giudice Filippo Verde, seppure con una somma molto esigua - 5mila euro, appunto, e il rimborso delle spese - a quella da lui richiesta (500 milioni delle vecchie lire). Nel suo libro “Il manuale del perfetto inquisito”, Travaglio scriveva che Verde era stato “più volte inquisito e condannato”, mentre l’ex giudice non ha mai riportato alcuna condanna definitiva e, in un caso, è stata dichiarata la prescrizione di un reato a lui addebitato. Insomma, anche in quel caso la tecnica utilizzata è stata sempre la stessa: si prende la faccia del primo malcapitato di turno, si mette di fronte ad un mucchio di fango e via, si accenda il ventilatore. Talvolta il giochino riesce male e il Travaglio ci rimette le penne; o meglio, la reputazione (o quel poco che è rimasto di essa), considerando che il soggetto viene citato soprattutto per diffamazione. Nella sua pronuncia, la Cassazione afferma tra l’altro che “il potere-dovere di raccontare e diffondere a mezzo stampa notizie e commenti, quale essenziale estrinsecazione del diritto di libertà di informazione e di pensiero, incontra limiti in altri diritti e interessi fondamentali della persona, come l’onore e la reputazione” e, in materia di cronaca giudiziaria, “deve confrontarsi con il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza”. Onore e reputazione della persona, presunzione di non colpevolezza: tre essenziali fattori che invece, molto spesso, sembrano essere sconosciuti al Travaglio e di questo riteniamo sia giusto che ne paghi le conseguenze. E’ vero che esiste il cosiddetto “diritto di cronaca giudiziaria”, ma questo va escluso, si legge ancora nella sentenza, “allorché manchi la necessaria correlazione tra il fatto narrato e quello accaduto, il quale implica l’assolvimento dell’obbligo di verifica della notizia e, quindi, l’assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto esposto, nonché il rigoroso obbligo di rappresentare gli avvenimenti quali sono, senza alterazioni o travisamenti di sorta, risultando inaccettabili i valori sostitutivi, quale quello della verosimiglianza, in quanto il sacrificio della presunzione di innocenza richiede che non si esorbiti da ciò che è strettamente necessario ai fini informativi”. In poche parole: sarebbe meglio non dire/scrivere bugie, soprattutto se il fine ultimo è quello di sputtanare, senza se e senza ma, terze persone e la loro reputazione. Come ha già esclamato qualcuno prima di noi, “meditate gente, meditate!”. (GIANLUCA PERRICONE - L'OPINIONE DELLE LIBERTA' -)


Un merito è da attribuire a Silvio Berlusconi, quello di aver sdoganato il verbo "sputtanare" che è diventato di moda tra i suoi peones.




L'INCHIESTA - Intanto la moglie di Mastella, Sandra Lonardo, coinvolta nell'ambito dell'inchiesta sull'Arpac, e per la quale i magistrati di Napoli «Ho lavorato bene. Non hanno disposto il divieto di dimora in Campania ribatte: mi dimetto». L'attuale presidente del consiglio regionale della Campania quindi resta al suo posto. Lady Mastella ha chiesto tempo ai pm per poter rispondere alle loro domande. Accompagnata dal suo avvocato Saverino Nappi, è arrivata in Procura alle 15,40 ed è andata via dopo circa 20 minuti dribblando i cronisti che assediano il Tribunale. Alla fine ha parlato attraverso il suo portavoce Alberto Borrelli: «Ho fatto il massimo per esaltare il ruolo del consiglio regionale della Campania e per lavorare per il bene dei cittadini». Sandra Lonardo Mastella, raggiunta ieri da un divieto di dimora nella Regione Campania e province limitrofe ha scelto Roma come sua nuova dimora. Spiega ancora Borrelli che il presidente del consiglio regionale della Campania «in tre anni da presidente del consiglio regionale ha preso iniziative innovative e ha sempre garantito con la sua correttezza di essere al di sopra delle parti». «Tracciando un bilancio del mio operato, che intendo portare a termine, ritengo non sia giusto dimettermi - ha proseguito Lonardo, attraverso il suo portavoce - Sono stata eletta dal popolo e mi sono sempre impegnata al massimo, nel rispetto della mia carica». (estratto da il CORRIERE DELLA SERA)


Non c’erano dubbi che lady Mastella non si sarebbe mai dimessa.

mercoledì 21 ottobre 2009

La procura della Repubblica ha ipotizzato il reato di minacce gravi nei confronti del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con riferimento a quanto detto dal gruppo 'Uccidiamo Berlusconi' su Facebook che conta 12mila iscritti. E' stato lo stesso ministro della Giustizia, Angelino Alfano a chiedere un intervento. "Poiché nel nostro Paese esiste l'obbligatorietà dell'azione penale - ha detto il Guardasigilli - mi attendo che la magistratura faccia il proprio dovere indagando, perseguendo e trovando coloro i quali inneggiando all'odio e all'omicidio, commettono un reato dal punto di vista penale e un'azione disdicevole dal punto di vista morale". (ADNKRONOS)

Ancora questi giocherelloni di comunisti !!!

NAPOLI - Politici, dirigenti della Pubblica amministrazione, professionisti ed imprenditori campani: sono 63 gli indagati eccellenti nell'inchiesta su appalti e assunzioni sospette in Campania presso l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpac). Coinvolti i coniugi Mastella. Nell'operazione sono 25 le misure cautelari.
Carabinieri e Guardia di Finanza hanno accertato l'esistenza di un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di truffe, falsi, abusi di ufficio, turbative d'asta e concussioni commessi nell'ambito della gestione di appalti pubblici, concorsi finalizzati all'assunzione di personale ed affidamento di incarichi professionali nella Pubblica Amministrazione.
Nei confronti di Sandra Lonardo, moglie di Mastella e presidente del consiglio regionale campano, è stato disposto il divieto di dimora non solo in Campania ma anche nelle province limitrofe di Latina, Frosinone, Isernia, Campobasso, Foggia e Potenza. Analogo provvedimento riguarda altri otto indagati.
L'inchiesta condotta dalla Dda di Napoli scaturisce dall'unificazione di due indagini riguardanti presunti episodi di corruzione e concussione di esponenti 'Udeur della Campania, tra i quali lo stesso leader Clemente Mastella, all'epoca ministro della Giustizia. Sono coinvolti anche il consuocero di Mastella, Carlo Camilleri, segretario generale dell'Autorità di Bacino sinistra Sele, l'ex direttore dell'Arpac Luciano Capobianco e il consigliere regionale dell'Udeur Campania, Nicola Ferraro.
"Sono quasi svenuta. Mi è crollato il mondo addosso. Con mio marito sarei a capo di una cupola affaristica. Senza spiegarci cosa avremmo fatto", scrive, come prima reazione, Sandra Lonardo, in una lettera aperta ai cittadini della regione. E su facebook fa sapere che "lotterà come un leone". Intanto il marito Clemente Mastella, nei cui confronti la magistratura ha emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari, è rientrato a Roma da Strasburgo. (ANSA)

A seguire la lettera “commovente” che lady Mastella ha indirizzato ai cittadini campani.

«Carissimi abitanti di Benevento e provincia e della Campania tutta, questa mattina alle ore 7, mentre pensavo a che cosa potevo fare per contribuire a far approvare, nella concordia, la legge regionale sul ”Piano casa”, un provvedimento atteso da tantissimi cittadini campani, è arrivata una citofonata…”siamo i carabinieri, aprite!”…Sono tornata con la mente a quel 16 gennaio. Cosa vorranno ancora da me? Mi sono fatta forza, ma non ce l’ho fatta. Sono quasi svenuta.. Mi è crollato il mondo addosso . .. Mi chiedono di dimorare fuori dalla Campania. Ancora non riesco a crederci. Non sono nemmeno riuscita a capire di cosa mi accusano. Mi hanno consegnato pagine e pagine… Stavolta con mio marito sarei a capo di una cupola affaristica… Senza spiegarci quali affari avremmo fatto.. Carissimi e carissime, cosa dirvi? …Non trovo neanche più le parole. Il mio cuore si è frantumato; nella mia mente solo frammenti di ricordi….tra questi il grande affetto che ricevo giornalmente da tantissimi di voi. Prima di lasciare la mia cara Benevento e Ceppaloni e la Campania, sento il bisogno di dirvi che sono una persona perbene, vi ho sempre onorato, mai in nessun momento ho fatto un atto che possa aver offeso un solo cittadino della mia adorata Campania. Ho cercato sempre e con tutte le mie forze di difendere la mia piccola città, la provincia e l’ultimo abitante dell’ultimo paesino delle nostre aree interne.Non posso che affidarmi a chi mi conosce, a chi sa davvero chi sono. So che si sta abbattendo su di me, sulla mia famiglia, un altro ciclone mediatico. So che sarà difficile difendersi e far prevalere la verità. Ai Consiglieri Regionali tutti un saluto affettuoso. Chiedo scusa se oggi non mi viene permesso di fare il mio lavoro. Loro sanno che ho fatto sempre il mio dovere con abnegazione, rispetto e senso forte delle istituzioni, senza risparmiarmi mai.Credetemi! Io sono una persona perbene. Combatterò come una leonessa ancora una volta, sicura di avere ancora il vostro affetto, ma soprattutto la vostra stima. Questo e solo questo mi darà la forza di non soccombere a tanta ingiustizia, a tanta ingiustificata cattiveria.In coscienza, davanti a Dio e a voi tutti ho speso la mia vita per la mia comunità.Amo tutti voi, e sono certa che anche voi ricambiate questi profondi sentimenti».



Fermo restando che il nostro è ancora uno stato di diritto e che aspettiamo gli sviluppi della vicenda, sorprende che nell’accorata lettera non vi è nessun accenno a probabili dimissioni dalla carica ricoperta come probabilmente etica richiederebbe.

martedì 20 ottobre 2009

Berlusconi non risponde alle famose dieci domande di Repubblica. Il giudice Mesiano risponderà alle tre domande di Brachino ?

1- Se la sua promozione degli ultimi giorni sia da mettere o meno con la sentenza sul caso Cir ?
2- Se le legittime idee politiche di un magistrato non siano comunque in grado di influirne gli orientamenti ?
3- Se non sia «stravagante» che abbia deciso sul caso Cir senza nemmeno affidarsi ad una perizia tecnica ?.

Le supposte

Suppongo che Berlusconi quando sentenziò che - su questo giudice ne sentiremo delle belle – riferendosi a Raimondo Mesiano, non aveva ancora visto il servizio impacchettato da Brachino e lanciato poi dalla sua portaerei principale chiamata Canale 5.
Suppongo che durante la visione, speranzoso di trovarvi immagini scandalose o compromettenti, mentre questo stravagante giudice si recava dal barbiere o fumava qualche sigaretta e stranamente indossava calzini color turchese, sia sobbalzato dal trono e abbia immediatamente telefonato a Brachino.
Suppongo che abbia chiesto conto al giornalista dove fosse lo scoop !
Suppongo anche che sia andato in bestia non avendo trovato nel filmato che questo giudice nel tempo libero non adeschi minori nei parchi, non spacci droga davanti le scuole, non si lanci a folle velocità contro pedoni ai semafori, non commetta furti nei discount, che …..diamine nemmeno che pisci dietro un albero !
Suppongo tutto questo. Chissà se de le “supposte” appena elencate Brachino non abbia subito le controindicazioni.

Passaparola di Marco Travaglio (dal Blog www.beppegrillo.it)

lunedì 19 ottobre 2009

"La trattativa tra Stato e mafia ha salvato la vita a molti politici".Queste sono le parole del Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, parole che non avremmo mai voluto ascoltare. Piero Grasso deve fare i nomi di chi ha gestito questa indecente mercificazione dello Stato e della sua dignità. Piero Grasso deve dire quali politici sono stati salvati e perchè la mafia voleva ucciderli. Cosa avevano promesso i politici? Cosa hanno ottenuto? Chi sono i porta nome e porta interessi della mafia in Parlamento? Alcuni nomi li conosciamo: il primo sarebbe stato Giulio Andreotti, uomo di 'esperienza' nei rapporti con la mafia, salvato dal reato di favoreggiamento per prescrizione; un altro è Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, oggi in appello con 9 anni di condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.
Vogliamo tutti i nomi, l'intera lista, per poterli allontanare dalle istituzioni e processare, oltre che per i reati più ovvi, anche per alto tradimento della Patria. Si, di questo stiamo parlando e nessuno in uno Stato ha l’autorità per poter 'vendere' i suoi cittadini alla criminalità.
I politici coinvolti nella trattativa con la mafia vadano a dare le loro indecenti spiegazioni ai familiari di Giovanni Falcone, della moglie, Francesca Morvillo, dei tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montanaro, a quelli di Borsellino, di Agostino Catalano, di Emanuela Loi, di Vincenzo Li Muli, di Walter Eddie Cosina, di Claudio Traina. (www.antoniodipietro.it)

sabato 17 ottobre 2009

Roma - Minacce di morte fimate con una stella a cinque punte. Il quotidiano Il Riformista ha ricevuto una lettera contenente minacce nei confronti del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, del presidente della Camera, Gianfranco Fini, e del leader della Lega, Umberto Bossi. A confermarlo è stato il direttore Antonio Polito. Nella missiva, firmata Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente e firmata con una stella a cinque punte, si indicava le 23,59 di ieri come termine ultimo entro i quali i tre esponenti politici avrebbero dovuto rassegnare le dimissioni. "Lasciate la politica e il primo (Berlusconi, ndr) si consegni alla giustizia comune perchè in quella comunista la sentenza sarà inevitabile" si chiude il messaggio consegnato alla Digos di Roma."Pronti a rivoluzione come a Cuba" La lettera è stata spedita da Milano l’8 ottobre, all’indomani della decisione della Corte costituzionale sul lodo Alfano, ed è stata aperta questa mattina. "Dopo la sentenza della Consulta, il presidente del Consiglio non vuole dimettersi - si legge ancora - noi diciamo basta". Tuttavia i mittenti assicurano che non intendono ricorrere "a bombe o coinvolgere innocenti" ma che sono pronti a una vera e propria rivoluzione armata come a Cuba. "Berlusconi, Fini e Bossi - capo delle nuove camicie nere - se volete evitare un nuovo 8 settembre dimettetevi entro le 23:59 del 16 ottobre", è l’avvertimento. (IL GIORNALE)



Ahh questi giocherelloni di comunisti !!!
Nel regime di Berlusconia chi ha la sfortuna di aver ricevuto un'educazione, di aver imparato che non si dicono le bugie e si parla uno per volta, è fregato. Chi ha una reputazione fa di tutto per conservarla: ma chi ne è sprovvisto non teme di perderla, dunque parte avvantaggiato. Perché può fare e dire tutte le porcate che vuole, tanto da lui ci si attende il peggio. Prendete Gasparri, con rispetto parlando: continua a dire in tv che io vado in ferie a spese della mafia, ben sapendo che non è vero ma che nessun Vespa lo smentirà e nessuna Authority o Vigilanza interverrà. Prendete il miglior premier degli ultimi 150 anni, il più perseguitato della Storia (più di Gesù, per dire), il più buono e giusto: siccome è anche l'editore più liberale dai tempi di Gutenberg, una delle sue tv fa pedinare con telecamera nascosta il giudice Mesiano, per dimostrare che è un tipo strano e sospetto (infatti porta calzini turchesi, fuma e aspetta il suo turno dal barbiere, invece di andare a puttane o frequentare papponi e spacciatori). Così tutti i giudici che si occupano di Berlusconi sanno quel che li aspetta se non fanno i bravi. Prendete Il Giornale: raccoglie testimonianze anonime di gente che ha origliato il giudice Mesiano mentre a cena con amici avrebbe parlato male di Berlusconi e bene di Prodi (davvero sorprendente: fra Prodi, che ha sempre rispettato la magistratura, e Berlusconi, che ha definito tutti i magistrati vivi e morti “antropologicamente diversi dal resto della razza umana” e “mentalmente disturbati”, dunque “noi ai giudici insidiamo le mogli perchè siamo tombeur de femmes”, un giudice preferisce Prodi: che tipo bizzarro). Il fatto è che ogni cittadino, giudici compresi, ha tutto il diritto di preferire Prodi a Berlusconi o viceversa, l'importante è che giudichi secondo giustizia. Solo una mente malata – come ha notato Maltese - può pensare che un giudice di sinistra condanni un innocente solo perchè di destra, e viceversa. Oltretutto Mesiano non poteva che condannare la Fininvest a risarcire De Benedetti per la sentenza comprata sul lodo Mondadori, visto che la Cassazione penale aveva già stabilito che l'Ingegnere andasse risarcito. Il giudice civile doveva solo quantificare il danno. Prendete Belpietro ad Annozero: dice che il giudice Carfì, autore della prima sentenza penale su Mondadori, non è imparziale perchè fu sentito sussurrare al pm che con Berlusconi “bisogna usare il bastone e la carota”. Piccolo particolare: il giudice del bastone e della carota non era Carfì, ma Crivelli, che non giudicava su Mondadori, ma su Guardia di Finanza, e non parlava di Berlusconi, ma del calendario delle udienze. Chi se ne frega, Crivelli o Carfì pari sono: cominciano entrambi per C. Prendete il leghista Castelli, un altro che non ha l'handicap della buona educazione: interrompe, strilla, insulta, delira. Vuole i pm “eletti dal popolo” (fantastico: i pm di partito), poi se la prende con quelli “politicizzati”, cioè di sinistra: quelli che invece stavano con lui al ministero e sperperavano denaro pubblico in consulenze inutili, non sono politicizzati: vanno benissimo, come quelli corrotti da Previti con soldi di Berlusconi. Averne. La prova dei giudici politicizzati, per il padano, è un vecchio libro di un vecchio giudice che racconta i funerali, negli anni 70, di un collega, tale Pesce, tra bandiere rosse e pugni alzati. Che diavolo c'entri questo Pesce (fra l'altro morto e sepolto) col caso Mondadori, lo sa solo lui. Evidentemente il Castelli preferisce Metta e Squillante: meglio corrotti che rossi. (MARCO TRAVAGLIO - IL FATTO QUOTIDIANO -)

Nuovo avvistamento del giudice Mesiano

Ci giunge notizia che il giudice Raimondo Mesiano è stato visto nei pressi del cratere del Vesuvio. Il nostro informatore ci segnala che indossava una tenuta con una enorme S sul torace e un lungo mantello, stivali neri che ricoprivano calzini color cachi. Visionava nervosamente il cratere del vulcano quando all’improvviso si è librato in volo per poi occultarsi precipitosamente in esso. Dopo un’ora è ricomparso in superficie tenendo stretta nella mano una copia del Giornale, si è seduto al suolo usando il suddetto giornale per poggiare lo stanco deretano. Un incomprensibile comportamento stravagante per un giudice ! Brachino e Sallusti ne prendano nota.

venerdì 16 ottobre 2009

Canale 5 files

Attenzione Brachino e Sallusti, il giudice in questione è stato avvistato oggi ad Avellino che si aggirava nervosamente lungo il corso principale della città. Indossava una normale tenuta prestatagli da Zorro e dopo ha percorso le strade cittadine cavalcando un cavallo nero di nome Tornado. Nel pomeriggio invece è stato localizzato presso lo stadio Partenio dove ha svolto una seduta di allenamento con la locale squadra di calcio, segnando anche due reti. Un giudice così stravagante non può permettersi poi di emettere sentenze contro il leader.

Il giudice Mesiano, quello che ha osato condannare la Fininvest a pagare 750 milioni di euro, è stato seguito mentre passeggia per Milano e va dal barbiere. Il servizio, trasmesso da “Mattino5” di Claudio Brachino, mostra il giudice che fuma e “non riesce a stare fermo”. D’altronde “alle sue stravaganze siamo ormai abituati”. In coda arriva lo scoop: “Mesiano ci regala un'altra stranezza: guardatelo seduto su una panchina: pantalone blu, mocassino bianco e calzino turchese”. Dietro la caccia all’uomo travestita da giornalismo si intravede lo stile di Alfonso Signorini. Il Cavaliere ha annunciato “notizie” su Mesiano e, dopo avere spedito i cronisti di “Chi” in Calabria per trovare notizie sulla salute e la famiglia del giudice, a Mediaset si dice che proprio Signorini avrebbe avuto l’idea del pedinamento. A un calzino turchese. (MARCO LILLO - IL FATTO QUOTIDIANO -)

giovedì 15 ottobre 2009

La battuta del giorno

«Io sono una persona forse troppo buona, sicuramente giusta. Mi piacerebbe che tutti lo riconoscessero. Io faccio di tutto per farmi amare, anche dai media. Se la critica resta nel confine della moderazione è utile perché si può usare per colmare le mancanze, se supera certi livelli e diventa calunnia non fa piacere ed è un boomerang per chi la fa. Se è eccessiva e calunniosa alla fine avvicina la gente a chi è calunniato». (SILVIO BERLUSCONI)



Mah ! Sarà !
Nel mondo libero un cittadino comune può criticare anche aspramente un potente, che ha tutte le armi per difendersi. Se invece è un potente a offendere un cittadino, questo deve avere giustizia perchè non ha altro usbergo che il “giudice a Berlino”. In Italia accade esattamente il contrario: se un politico insulta un quivis de populo, quello si protegge con lo scudo spaziale dell'insindacabilità parlamentare; viceversa basta una pallida critica per far scattare la lesa maestà. Soprattutto se il malcapitato ha espresso le sue critiche nel circondario di Roma, dove ha sede il vecchio (e a tratti redivivo) porto delle nebbie. Forte coi deboli e debole coi forti, una fetta della magistratura romana si propone come surrogato del fu lodo Alfano: botte da orbi a chi critica il potere. A meno che le offese non vengano da Berlusconi. L'ultima impresa è l'incriminazione di Maurizio Belpietro e Antonio Di Pietro per vilipendio al capo dello Stato. Il direttore di Libero è reo di avere sbeffeggiato Napolitano, accusandolo di non aver anticipato il rientro da Tokyo e di aver ritardato il rimpatrio delle salme dei parà caduti a Kabul. Il titolo era senz'altro feroce: “La dignità dello Stato non vale un fusillotto”. Si può dissentire, ma non c'è nulla che somigli al vilipendio. Di Pietro invece ha definito “atto di viltà e abdicazione” la firma di Napolitano sotto “la legge criminale” dello scudo fiscale. Anche qui si può obiettare, ma non negare a un leader d'opposizione il diritto di criticare un atto politico. L'anno scorso la Procura di Roma inquisì per vilipendio Beppe Grillo (aveva osato paragonare Napolitano al dio del sonno) e Sabina Guzzanti (aveva spedito dantescamente Ratzinger all'inferno). Poi, bontà sua, fece archiviare Grillo per diritto di satira e la Guzzanti perchè Alfano aveva negato l'ok. In compenso non s'è mai accorta degli insulti sanguinosi vomitati da Berlusconi sugli ultimi tre presidenti della Repubblica: Scalfaro (“golpista”), Ciampi (“di parte”) e perfino Napolitano. Che quando preannunciò il niet al decreto Englaro, si sentì dare dell'assassino dal premier: “La sua lettera introduce l'eutanasia”, “è grande il rammarico che ci sia stato impedito di salvare una vita”. Ma in quei giorni la Procura di Roma era in letargo. Come l'altra sera quando, a Porta a Porta e Matrix, il Cavaliere ha accusato il Presidente di avergli promesso di subornare i giudici costituzionali perchè avallassero una legge incostituzionale. Cioè di attentato alla Costituzione. Questo sì è vilipendio. Infatti la Procura di Roma, con un concetto piuttosto elastico dell'obbligatorietà dell'azione penale, ha seguitato a dormire. Russava anche sui casi Saccà, Sanjust e voli di Stato, quando fece archiviare Berlusconi con memorabili arrampicate sugli specchi del diritto e del rovescio. Poi si ridestò per perseguitare il fotografo Zappadu. E tornò a sonnecchiare su Letta e Alfano (per il quale ha addirittura preannunciato un'archiviazione che ancora non c'è). Intanto Josè Saramago dà del “delinquente” a Berlusconi e del “cretino” a Bush, come già Michael Moore. Cose che càpitano nei paesi liberi. Come scrisse un giudice il 30 giugno 1971, la stampa libera “deve servire ai governati, non ai governanti. Il potere del governo di censurare la stampa è stato abolito perché la stampa rimanesse per sempre libera di censurare il governo”. Purtroppo era il giudice Hugo Black, della Corte Suprema degli Stati Uniti. (MARCO TRAVAGLIO - IL FATTO QUOTIDIANO -)
La frase “eletto direttamente dal popolo” domina la scena. Il sempre più pensoso Pecorella l’ha usata in modo preventivo per convincere la Corte Costituzionale che al presidente del consiglio devono essere accordate guarentigie speciali, superiori a quelle che toccano alle altre cariche dello Stato. La Corte ha cestinato il suggerimento. Ora il presidente del consiglio non passa minuto che non ci ripeta “sono stato eletto direttamente dal popolo”. L’affermazione dovrebbe smontare secondo lui l’impianto logico che la Consulta ha opposto al Lodo Alfano: preminente su tutto è l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; se per caso si deve derogare al principio essenziale della Costituzione si deve per forza farlo con una legge di rango costituzionale; ma, qui è il punto, una legge costituzionale non può intaccare il principio di uguaglianza. Non c’è scampo per il Lodo Alfano.Ma è poi vero che Berlusconi è stato eletto direttamente dal popolo? Niente affatto. I cittadini italiani sono stati costretti a votare da una legge elettorale infame che, oltre a impedir loro di votare per chi volevano, li ha obbligati a votare per simboli in cui era stato infilato il logo “Berlusconi presidente” o “Veltroni presidente”. Una forzatura cui a suo tempo la classe dirigente di centrosinistra non seppe e non volle opporre tutte le necessarie riserve di ordine costituzionale. Quali? Per esempio: la repubblica è parlamentare e non presidenziale; imporre il trucco di quella scritta è una precisa lesione alla natura della repubblica. Oppure: nella Parte II della Costituzione, al Titolo III (Il Governo) è contemplato nella Sezione I il Consiglio del Ministri e nel suo contesto il presidente del consiglio compare con chiarezza come primus inter pares. Non c’è una sezione dedicata a lui: infatti la Sezione successiva, la II, è dedicata alla Pubblica Amministrazione. Nell’indice il presidente del consiglio è saltato a piè pari. Secondo Pecorella invece, in virtù della formuletta inserita nel logo del simbolo elettorale, Berlusconi sarebbe primus super pares.E’ una colossale panzana. La cosiddetta elezione diretta è solo un subdolo artificio iconografico: una scritta nel simbolo e niente di più. Quanto alla vera elezione diretta del presidente del consiglio l’unico caso è quello di Israele. Considerato universalmente un disastro istituzionale, che giuristi di tutto il mondo hanno illustrato e commentato. Ma se proprio Berlusconi ritiene di ispirarsi a Israele potrebbe seguire l’esempio del suo presidente del consiglio Olmert che ha lasciato la carica e si è fatto processare per corruzione. Si è anche detto onorato di aver guidato un paese in cui il capo del governo non ha diritti superiori a quelli di tutti i cittadini. Che dirà il sempre più pensoso Pecorella? (PANCHO PARDI - MICROMEGA -)

mercoledì 14 ottobre 2009

Quando le agenzie di stampa hanno battuto la notizia dell’apertura di un fascicolo giudiziario contro di me e Antonio Di Pietro, per vilipendio del presidente della Repubblica, devo confessarvi che la prima reazione è stata di dispiacere. Non tanto per essere stato messo nel mirino dalla magistratura: non è la prima volta e non farò cortei in nome della libertà di stampa. E nemmeno per aver dato un dolore a nonno Giorgio: non ho offeso Napolitano e neppure l’ho ingiuriato. Il dispiacere mi veniva dal fatto d’essere messo sullo stesso piano di Antonio Di Pietro: non ho dimestichezza con le manette, non ho restituito soldi in scatole di scarpe, che ho dunque da spartire con l’ex pm?Superato però lo stupore per un simile accostamento e senza per questo ringraziare la procura della Repubblica di Roma, credo siano necessarie alcune considerazioni. Premetto che non sono un giurista, ma forse ho più buon senso di tanti costituzionalisti: non può sfuggire che a pochi giorni dalla bocciatura del lodo Alfano si scopre che in Italia c’è un cittadino più uguale degli altri. La Corte costituzionale ha bocciato lo scudo per le alte cariche dello Stato dicendo che non rispetta l’articolo 3 della Carta fondativa della Repubblica, in base al quale siamo tutti uguali di fronte alla legge. Noi già sapevamo, non per scienza ma per esperienza, che non era così. Ora i pm ci danno ragione. Un cittadino, quello che sta sul colle più alto, non è come tutti gli altri. Lui è addirittura esente da critiche e non può neppure essere sospettato di fare un po’ di vacanze. Qual è infatti la mia colpa? Cosa avrei scritto di così grave da essere sospettato di vilipendio del capo dello Stato?Solo la notizia - proveniente da fonte autorevole e supportata da un contesto innegabile - che il presidente aveva fatto tardare l’arrivo in Italia delle bare dei soldati caduti a Kabul per farlo coincidere con il suo rientro dal Giappone e avere il tempo di gustare un piatto di fusillotti Rummo. Cosa c’è di grave? Del presidente del consiglio si può dire tutto e di quello della Repubblica no? Oppure offende parlare di fusillotti? Merito per questo cinque anni di carcere come prevede il codice penale? Scopro dunque che non solo Napolitano non può essere trascinato di fronte a un tribunale per ciò che avrebbe commesso, come accadde a Scalfaro, ma neppure può essere sfiorato dal sospetto d’essersi goduto una vacanza nel Sol Levante. E questa è una novità.
Ai tempi di Giovanni Leone l’Espresso dipinse il capo dello Stato come un clown, raffigurandolo in copertina vestito da pagliaccio, eppure nessuno aprì fascicoli per vilipendio. Ma forse è proprio qui il punto: probabilmente ci sono due pesi e due misure. Se le critiche al presidente le fa, rasentando l’ingiuria, un settimanale di sinistra, merita una medaglia. Se le fa, senza offendere nessuno, un giornale di centrodestra, al direttore tocca la galera. E qui veniamo alla seconda considerazione. Da settimane assistiamo a una campagna giornalistica contro il presidente del consiglio, accusato di minacciare la libertà di stampa con citazioni in giudizio. Repubblica e l’Unità, insieme con la Federazione della stampa, hanno portato in piazza decine di migliaia di persone per protestare contro il bavaglio ai giornali. Bene: ora li voglio vedere. Faranno qualcosa secondo voi? Grideranno alla censura, all’intimidazione, al regime? Chiederanno che sia abolito il reato di vilipendio del presidente? Il sindacato dei giornalisti (unico, come nei regimi) non ha espresso alcuna solidarietà a Libero, ha addirittura definito «sgradevole» quanto scritto dal nostro giornale e solo per salvare la faccia di bronzo ha detto che questa non è materia da tribunali. Bella forza, non lo è perché l’offesa non c’è. I nostri Don Abbondio continuano a perseverare nell’errore, come hanno sempre fatto in questi anni, tacendo di fronte alle decine di querele che premier, ministri, sindaci e perfino sindacati hanno presentato contro di me e i giornali che ho diretto. Ebbene sì, confesso. Questa volta mi sacrifico volentieri all’ennesima denuncia, voglio essere processato. Così sarà possibile dimostrare quanta ipocrisia regna nelle redazioni e quanto l’ideologia di certi giornali abbia mascherato la realtà. Finalmente vedremo il colore di tanti colleghi e paladini della libertà che mi giudicano: il rosso. E mi auguro sia di vergogna, perchè non siamo al vilipendio ma al reato di lesa maestà e, per una volta, sono io che non ci sto. (MAURIZIO BELPIETRO - LIBERO - )

Di Pietro indagato : inquisite anche me

Roberto Saviano non aveva vero bisogno della scorta. Fin qua potrebbe sembrare un’opinione, condivisibile o meno, ma ad esprimerla è Vittorio Pisani, capo della Squadra Mobile di Napoli.
«Sull’assegnazione della scorta a Saviano, il nostro parere fu negativo», ha rivelato Pisani al “Corriere della Sera Magazine”. Il capo della Mobile prende se stesso ad esempio: «Ho arrestato centinaia di delinquenti. Ho scritto, testimoniato e giro per la città con mia moglie e con i miei figli senza scorta. Non sono mai stato minacciato».
A proposito della scorta assegnata tre anni fa all’autore di “Gomorra”, Pisani racconta: «A noi della Mobile fu data la delega per riscontrare quel che Saviano aveva raccontato a proposito delle minacce ricevute. Dopo gli accertamenti demmo parere negativo sull’assegnazione della scorta».
«Resto perplesso – aggiunge – quando vedo scortate persone che hanno fatto meno di tantissimi poliziotti, carabinieri, magistrati e giornalisti che combattono la camorra da anni».
Anche “Gomorra”, secondo Pisani «ha avuto un peso mediatico eccessivo rispetto al valore che ha per noi addetti ai lavori». Secondo il capo della squadra mobile per rapportarsi alla criminalità organizzata bisogna rispettare «delle regole deontologiche» e soprattutto cercare di non dare «un’immagine eroica della lotta alla criminalità» perché «la lotta alla criminalità è una cosa normale. A cui tutti possono partecipare». (BLITZ QUOTIDIANO)
Nel ventennio abbiamo avuto Mussolini, oggi Berlusconi. Le dichiarazioni a getto continuo sui giudici, sull'informazione, sul Presidente della Repubblica ci dicono che Berlusconi è il nuovo caudillo Italiano. Spetta ai cittadini di destra e di sinistra fermare questa deriva autoritaria che ogni giorno, ogni ora si evidenzia negli atteggiamenti e nei modi. L'Italia ha bisogno di una classe politica, di destra e di sinistra, che abbia nel suo DNA i geni della democrazia, che sappia confrontarsi anche duramente, che sappia governare, che di fronte al disastro ambientale affronti il problema e non si rifugi nel sogno del ponte sullo stretto. Una classe politica che affronti i problemi del paese, quelli veri, che non sono prioritariamente la privacy o la separazione delle carriere, "riforme" sempre ad personam. La destra deve rizzare la schiena se non vuole lasciare un paese in mano alle mafie politiche, se non vuole cancellare ogni forma di solidarietà, se non vuole che i nostri fogli giustamente sputino in faccia a padri. E' ora di guardare al bene di tutti, non al piccolo uomo incapace di andare oltre gli interessi di se stesso. (LA DISCUSSIONE)

martedì 13 ottobre 2009


Per il piacere di chi continua a urlare al regime, domenica sera è andato in onda su Canale 5, rete ammiraglia Mediaset, il one man show di Checco Zalone (Luca Medici), comico tra i più apprezzati della scuderia di Zelig. Uno spettacolo non proprio all’insegna del «bavaglio». Gran parte della satira messa in mostra è stata incentrata sulla figura del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e sul gossip degli ultimi mesi riguardo alle feste di palazzo Grazioli. Checco Zalone ha «riadattato» la Canzone di Marinella e Il pescatore di De Andrè con alcune strofe pungenti, accennando all’imprenditore Giampaolo Tarantini e alla escort Patrizia D’Addario. E giusto per far intendere il tenore dell’esibizione, il giullare pugliese s’era presentato così: «Sono il miglior cantante degli ultimi 150 anni...». (IL GIORNALE)
Il Giornale ci lascia intendere che si è liberi di sputtanare il leader in casa sua.

Sputtanato


«La personalizzazione della politica consente di dire a Berlusconi 'io sono stato eletto dal popolò, il che non è vero. In Italia infatti i governi si fondano sulla fiducia parlamentare e non sull'elezione del popolo. E anche se il suo nome stava scritto sul simbolo di Fi, ora Pdl, ha pur sempre raccolto il 36,37% dei voti, non la maggioranza degli italiani». Lo ha detto Massimo D'Alema, stasera a Massa, in un incontro per promuovere la mozione Bersani. «E tuttavia - ha aggiunto D'Alema - questa sensazione populistica del capo scelto dal popolo e non come presidente di un Consiglio che ha la fiducia del Parlamento, alimenta una contrapposizione devastante tra il principio maggioritario, rafforzato dai sondaggi, e il principio della legalità sulla base dell'idea, rozza, che chi ha il consenso può violare le leggi». D'Alema ha contestato la dichiarazione del premier che si definisce «eletto dal popolo» anche alla luce delle ultime elezioni europee. «Un terzo degli italiani non ha votato - ha ricordato D'Alema - questo segnala un enorme problema di sfiducia nella democrazia, nelle istituzioni. Tra quelli che hanno votato, 2 italiani su 3, il 45% ha votato per il governo e gli altri per i diversi partiti di opposizione. Quindi, quando Berlusconi dice 'gli italiani stanno con mè si riferisce a poco meno di un terzo del paese. Gli altri non stanno con lui o stanno contro di lui o sono in una posizione di sfiducia verso l'insieme delle forze politiche e delle istituzioni». E visto che, secondo D'Alema, «la somma delle sfiducie non produce alternativa di governo», è necessario creare un partito che sia alternativo alla destra. (L' UNITA')

lunedì 12 ottobre 2009

(CORRIERE DELLA SERA)

Sputtanare il premier a casa sua !!!! Caro Zalone credo che in poche ore sarà emanato un nuovo editto che ti riguarda.


ROMA - La corsa è cominciata. Bersani, Franceschini e Marino, archiviata la convenzione di ieri con contorno di polemiche, si lanciano verso le primarie del 25 ottobre. In lizza c'è la poltrona di segretario del Pd. A giocarsela, in realtà, sono Bersani e Franceschini. Il primo forte della consacrazione degli iscritti, il secondo galvanizzato dagli applausi ricevuti alla convention. Mentre le voci di accordi sotterranei si rincorrono. Così come gli attacchi. Oggi è la volta di Massimo D'Alema che si scaglia contro Franceschini. "E' curioso che il segretario del mio partito, per andare sui giornali, debba attaccare me. Forse è una delle regioni per cui bisogna cambiare il segretario" dice l'ex ministro. Che torna alla convenzione di ieri: definendo "un comizio" il discorso del segretario. "Ha detto che ci vuole più opposizione. Chi gliel'ha impedito? Con chi ce l'ha? Non si fa così". Insiste D'Alema: "Non abbiamo fatto abbastanza opposizione? ci spieghi perché, non è che viene lì a protestare. Bersani ha attaccato Berlusconi e ha parlato di cosa vogliamo fare per l'italia. Abbiamo bisogno di un leader così, di uno che anziché seminare zizzania si occupa dei problemi degli italiani". Chiusura sugli attacchi di cui D'Alema si dice vittima: "La destra mi attacca perché sa contro chi deve tirare, contro gli avversari più pericolosi. Invece, a sinistra lo fanno per stupidità". Affidata a twitter la replica di Franceschini: "D'Alema? E' fantastico: dice che se verrò eletto io gli iscritti se ne andranno dal Pd, io rispondo che non è vero e lui dice che l'attacco". Poi arriva la bordata più secca. Stavolta affidata alle telecamere delle Iene. Quando viene chiesto quanto c'entri D'Alema con le dimissioni di Walter Veltroni, il segretario del Pd risponde: "C'entra, c'entra". (REPUBBLICA)


Signori proseguite così che Berlusconi se la continua a ridere.

Passaparola di Marco Travaglio (dal Blog www.beppegrillo.it)

Berlusconi, “La stampa estera sputtana premier, democrazia e il nostro paese. Basta insulti, sono stato eletto dal popolo”


Aiutatemi a capire……in qualità di cittadino italiano, negli ultimi anni ricordo di aver solo votato per l’elezione del sindaco della mia città, mai, mai, direttamente il Presidente del Consiglio. Allora c’è qualcosa che non va : o non mi sono accorto che l’Italia non è più una Repubblica Parlamentare e che il premier è nominato dal Capo dello Stato, o Berlusconi e i suoi sodali fingono di non conoscere la Costituzione ! Fingono ? Qualcuno forse no !

venerdì 9 ottobre 2009

Dispiace soprattutto per quella meraviglia stilistica di inno
che gli ammiratori e sostenitori del nostro Pres del Cons
avevano creato con tanto amore.
Sono sicuro che, col tempo, si scoprirà che l'Accademia
svedese per il Nobel altro non era che un pericolosissimo
covo di comunisti!
Poi non ditemi che non l'avevo detto!!! (http://vukicblog.blogspot.com/)

giovedì 8 ottobre 2009

Emilio



Ogni tanto, molto raramente, per la verità, c'è qualcuno che risponde al Cavaliere come si merita. Ieri, a Porta a Porta, di fronte all'ultima trucidata berlusconiana ("Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente..."). Rosy Bindi ha sistemato il premier con una battuta folgorante, una di quelle a strappapelle, da toscana tosta quale lei è: "Presidente, io non sono una donna a sua disposizione". Pensa te: in una riga, la Bindi ha detto più di tutti gli altri dirigenti del Pd in tre mesi. In quel rifiuto "di disponibilità" c'è la spiegazione del perchè il cosiddetto gossip su Papi non è gossip, ma una questione politica. E poi, anche la prova che si può non cedere sempre il fianco alla dittatura del politicamente scorretto di cui il berlusconismo si fa forza, non rispondere come amebe a quelli che giocano a chi ce l'ha più lungo nei talk show. Si può rispondere a tono, e spiegare allo stesso tempo che l'ideologia dell'"escortismo" rischia di infilarsi nel sangue di questo paese, di diventare una sorta di sottointeso, un postulato non discutibile. Detto questo, l'indisponibilità della Bindi è diventata anche un bengala sulla disponibilità del gran maestro di casa. Avendo visto pochi giorni fa un Vespa quasi rabbioso che si scagliava, in duetto con La Russa, contro il povero Pierluigi Odifreddi, reo di aver infangato, con una sua opinione, l'icona sacrale del premier ("Ma cosa sta dicendo!? Ma come si permette!?"). Sono rimasto a dir poco stupito, quindi, della sua supinità alle battute da caserma del premier. Non perchè speravo che non le condividesse. Ma perchè ero convinto che ogni tanto Vespa si ricordasse di far finta di. Invece, ieri, anche lo spettro dell'imparzialità è svanito. Bruno è maschio. Ma spesso terribilmente orizzontale. E sempre disponibilissimo, lui. (LUCA TELESE - IL FATTO QUOTIDIANO -)

Giorgio, fammi un monito !

La commedia all’italiana del diversamente uguale è finita con la sentenza della Consulta. I due attori protagonisti, lo psiconano e Morfeo devono dimettersi. Il primo per i suoi processi. Il secondo per non aver difeso la Costituzione. (www.beppegrillo.it)

mercoledì 7 ottobre 2009

La battuta della serata

"Viva gli italiani, viva Berlusconi" (L' Utilizzatore Finale)

E’ finita con un discutibile 9 a 6 la partita sulla eventuale illegittimità del Lodo Alfano, quando invece secondo l’articolo 3 della Costituzione Italiana la diatriba doveva chiudersi con un netto 15 a 0 !
In Italia nonostante vi siano norme chiare nella loro descrizione ci si impone comunque di interpretarle !!!!


Art. 3 della Costituzione Italiana :

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’ eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Lodo Alfano illegittimo !!!!!!!!!!!

ROMA - Il lodo Alfano è illegittimo, perché viola ben due norme della nostra Carta costituzionale: l'articolo 3, che stabilisce l'uguaglianza di tutti i cittadini (anche di fronte alla legge); e l'articolo 138, che impone l'obbligo, in casi del genere, di far ricorso a una legge costituzionale e non ordinaria. Lo hanno deciso, a maggioranza, i giudici della Corte costituzionale, riuniti in seduta plenaria dalla mattinata di ieri, a proposito del provvedimento che i processi per le prime quattro cariche dello Stato. Una bocciatura a tutto campo, dunque, per il provvedimento fortemente voluto da Silvio Berlusconi. Una decisione attesissima; forse la più importante sul piano delle ricadute politiche, degli ultimi anni. Anche perché, sul piano pratico, sblocca i due processi a carico del premier (per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato Mills, e per reati societari nella compravendita dei diritti tv Mediaset), congelati proprio a causa del lodo. I magistrati sono entrati in Camera di consiglio ieri, ma la giornata si è conclusa con una fumata nera. Da qui la seconda riunione, quella odierna: mattinata ancora con un nulla di fatto, e poi, nel pomeriggio, la pronuncia è arrivata. Una scelta non facile, quella dei giudici. Anche perché tra i membri della Corte si è consumato uno scontro tra i favorevoli e i contrari. Fino alla decisione finale. Ancora stamattina, il ministro della Giustizia Angelino Alfano aveva difeso con forza la legge: un provvedimento - queste le sue parole - "in cui noi abbiamo confidato, ritenendo di avere applicato tutti i precetti della precedente sentenza della Consulta". Ma ora la Corte gli ha dato torto. Ma, sempre prima della pronuncia della Consulta, le parole più forti le ha pronunciate Umberto Bossi: "Non sarà bocciato, speriamo bene: ma non si può sfidare l'ira dei popoli. Se il lodo sarà bocciato la Lega trasformerà le elezioni regionali in un referendum sul premier". Parole, le sue, che hanno provocato reazioni forti di condanna, da parte di tutti i partiti di opposizione.

Quanto a Berlusconi, ha atteso la pronuncia dei giudici costituzionali nella sua residenza di Palazzo Grazioli con un pugno di fedelissimi, del Pdl e della Lega. Presenti, tra gli altri, Gianni Letta, Alfano e Bossi col figlio Renzo. Subito dopo l'ufficializzazione della sentenza, la riunione si è sciolta. (REPUBBLICA)
Sulla scrivania di Michele Santoro, in Borgo S. Angelo, fra libri, scalette e ninnoli vari, ieri c'erano due documenti: il primo, la bozza di contratto di Marco Travaglio. Il secondo: le agenzie sulle minacce a Sandro Ruotolo e la sua famiglia. Due simboli immediati, a ben vedere, dell’assedio concentrico ad Annozero. Santoro si poggia un dito sul labbro: “Dicono: chi minaccia Ruotolo e perché? Rispondo: sui giornali di Berlusconi siamo additati a nemici pubblici. Per il premier siamo farabutti. In certi programmi Rai siamo dileggiati senza che si invochi il contradditorio... A furia di battere, qualcuno che ha strane idee si trova”.

Hai paura?
“In tutta la mia vita non ho mai accettato scorte. A Sandro dico come mi sono regolato io”.

Come?
“Ho sempre finto di essere in un mondo migliore di quello in cui mi trovavo, non ho mai cambiato una mia abitudine”.

Cosa rispondi a Feltri che chiede la tua chiusura?
“E’ singolare che sia stato definito un gran giornalista in piazza del Popolo. Per fortuna non credo all'ordine dei giornalisti, altrimenti, direi: su un direttore che chiede la chiusura di un programma si deve intervenire”.

Anche Libero spara su voi, però poi invitate Belpietro.
“La critica è legittima. Ma Belpietro ha un altro profilo rispetto a Feltri, e non vorrei parlarne troppo bene, per non metterlo nei guai. In ogni caso abbiamo intervistato anche Feltri”.

Non sei stato contento della manifestazione di sabato?
“Al contrario. Una piazza meravigliosa denunciava un pericolo per la democrazia. Mentre sul palco, a parte Saviano, si invocava solo un po' di tolleranza”.

Ti sei arrabbiato per l'editoriale del direttore del Tg1?
“Il problema non è la scelta dell'editoriale, che Minzolini ha tutto il diritto di fare, al pari di Barbato, Moretti , Curzi... ”.

E quale, allora?
“Che quell'editoriale era contro una parte del paese. Mi chiedo: è la missione del Tg1? Può essere il Tg1 smaccatamente di parte? Come minimo è un cambio di linea editoriale”.

La Rai, per giustificare il modo in cui vi tratta, ricorda sempre l'Agcom....
“Ho il massimo rispetto per le sentenze della magistratura, ma non posso accettare che l'Authority diventi strumento di veto contro Annozero”.

Perchè?
“In primo luogo, secondo me e i miei avvocati, molti provvedimenti dell'Agcom sono adottati al di fuori della legge”.

E poi?
“Quell'organismo ha una chiara composizione lottizzatoria. E io non ne riconosco l'imparzialità, se è vero che due commissari sono ex sottosegretari di Berlusconi e altri sei dirigenti sono ex parlamentari (cinque) e assessori (uno) del centrodestra”.

L'Agcom è considerata l'arbitro delle partite televisive.
“Già. Ma sarebbe come se l'Inter accettasse di far dirigere le sue partite da un arbitro nominato da Galliani. E' possibile?”.

Dicono: Santoro fa la vittima per alzare gli ascolti. (Sorride)
“E allora perché non ce lo tolgono questo alibi? Io non vedrei l'ora”.

Sul tuo tavolo c'è la bozza del contratto più discusso della storia della Rai, non posso non chiedere com'è...
“E’ arrivato. Sostanzialmente è un non-contratto”.

In che senso?
“La Rai si pone in una posizione dominante, impone a Marco di farsi carico di ogni onere legale per le sue partecipazioni”.

Si parla sempre della famosa diffida dell'Agcom.
“Ma nessuno ricorda che risale a due anni fa! E che la stessa Rai ha impugnato questo provvedimento, di dubbia legalità, al Tar. Peccato che negli ultimi due anni nessuno si sia fatto problemi. Cosa è cambiato oggi?”.

E’ ostruzionismo?
“L'azienda deve decidere cosa vuole da noi. Non ci vogliono? Bene. Ma si assumano la responsabilità e la finiscano con i giochini da azzeccagarbugli!”.

Dopo anni ti sei abituato?
“In nessun momento, nemmeno dei periodi di maggiore tensione, mi è successo di essere trattato dalla mia azienda, come oggi, al pari di un nemico”.

Pasquarelli vi sospese....
“Ma non pretese mai di censurare il programma. Mi chiese di sospendere i collegamenti dalle piazze in campagna elettorale. Fui io a rifiutare”.

Voi mandaste in onda il telefono che squillava a vuoto...
“E ci fu permesso di protestare, persino in modo clamoroso”.

Anche con Manca, Agnes furono duelli epici.
“Parliamo di giganti. Agnes ti trattava da collega, se c'era un problema ti chiamava la sera. Manca era un aziendalista...”.

E la Moratti?
“C’era lei quando ci fu il tragico suicidio del maresciallo Lombardo. Si strinse al nostro fianco in un momento di oggettiva difficoltà. Che accadrebbe oggi?”.

C'è un giro di vite, e perché?
“Il pentapartito non era l'età dell'oro. Ma con l'avvento del maggioritario c'è stata una spinta forte all'omologazione. Anziché dare più autonomia ai giornalisti si prova a metterli in riga”.

Accade con Berlusconi?
“Sì. Ma purtroppo, gli oppositori di Berlusconi sono stati di fatto concordi: si vuole informazione più obbediente al potere”.

Meglio la prima repubblica?
“Quei partiti erano più radicati, espressione di culture vere. Oggi purtroppo sono comitati elettorali stretti intorno ai loro leader”.

Era una Rai più pluralista?
“Il Tg3 fu ribattezzato Telekabul perché esprimeva un punto di vista radicalmente diverso sulla guerra. Oggi il potere vuole i tre Tg come articolazioni di un unico punto di vista”.

Scajola vi ha contestato.
“Altro intervento fuori legge. Il contratto di servizio non consente a un ministro di intervenire a gamba tesa contro un programma come ha fatto lui”.

Pure Romani vi attacca
“Anche in questo caso un intervento fuori luogo. Non sta scritto da nessuna parte che i politici debbano decidere cosa deve fare l'informazione”.

E l'opposizione?
“Purtroppo non sembra cogliere la gravità di quel che è accaduto. E’ un caso che tutti i programmi attaccati da Berlusconi fanno grandi ascolti?”.

Contro di voi invocano il precedente di Gavyn Davies, direttore Bbc silurato da Blair.
“A sproposito: lui non riuscì a provare la notizia, che aveva dato, che Blair aveva usato i servizi per orientare l'opinione pubblica sulle armi di distruzione”.

Dopo tanti anni di attacchi ci hai fatto il callo o no?
“No. I politici possono attaccarci impunemente, senza contraddittorio e protetti dall’immunità. Mentre i giornalisti sono sempre più vincolati da controlli e limitazioni. E' un problema grave”.

Ad esempio?
“Gasparri ha insultato Travaglio con violenza inaudita. E’ una sorta di pitbull scatenato che abbaia, morde e azzanna i nemici di Berlusconi senza pezze d’appoggio”.

Vespa ha fatto una trasmissione su Annozero ti ha preoccupato o tranquillizzato?
“Non voglio parlar male di Vespa, uno imparziale solo per i frequentatori dei suoi teatrini...”.

Non ne vuoi parlar male?
“... quando un giornalista fa l'agenda e l'altro rincorre, il primo non può che essere contento”.

Cioè Santoro.
“Lo capisco Vespa, poverino: noi abbiamo fatto il festival, lui il dopofestival. Se era corretto poteva ricordare che i provvedimenti contro di noi sono stati impugnati dall'azienda per cui entrambi lavoriamo. Ma non mi aspettavo correttezza anglosassone”.

Ti aspettavi il record?
“In tutta la carriera ho fatto 3 volte il 30%. A Samarcanda dopo l'assassinio di Falcone al 32% . A Il rosso e il nero, coi duelli Bassolino-Mussolini e Fini-Rutelli al 29.9%”.

Gli attacchi ad Annozero sono dovuti al suo successo?
“Tocchiamo un pubblico sempre più largo. Siamo visti anche dai giovani, da moltissimi ascoltatori di centrodestra”.

Berlusconi ti considera un nemico giurato...
“Credo che il premier sembri più forte per via della debolezza dei suoi avversari. Il suo attacco alle trasmissioni sgradite configura un salto di qualità”.

Quale?
“Intanto è strano che si continui a definirlo liberale. A parte Ostellino pochi lo ritengono tale”.

Paradossalmente eri più libero a Mediaset che alla Rai.
“Quella Mediaset era più libera di oggi. C'era un management – penso a Brugola o Gori – che aveva una forte autonomia”.

Sei andato alla Rai quando ha vinto l'Ulivo.
“Ero il primo obiettivo. Siciliano si prese la responsabilità di mandarmi via, anche se in una bella e lunga telefonata si pentì. A Mediaset avevo un contratto a tempo indeterminato, ero direttore di testata, guadagnavo il doppio di oggi, e non si poteva toccare una virgola del mio lavoro”.

Fu Saccà a riportarti a casa.
“Già. Oggi mi chiedo se non sia stato più utile per Berlusconi togliermi da lì. Visto che quella Mediaset e quel management dopo sono stati fatti secchi”.

Ti faccio la domanda a cui i politici di sinistra non rispondono. Perchè quella di Berlusconi non è questione di gossip?
“Primo: può essere gossip il fatto che un premier che fa leggi contro la prostituzione ospiti – magari inconsapevolmente - un giro di prostitute a casa sua?”.

Secondo?
“Come garantisce la sua sicurezza uno che viene registrato in casa e consente a estranei di farlo? La ricattabilità di Berlusconi non è una aspetto secondario”.

Lui dice che non sapeva.
“Ma cosa c'entra? Feltri attacca Boffo per una omosessualità che non ha riscontri giudiziari. Però al premier non dice che predica bene e razzola male... ”.

Cos’è il feltrismo?
“Fra lui e il potere politico non c'è nessuna distanza. Quando attacca Boffo, o altri, mi chiedo per conto di chi lo faccia”.

Domani parlate di Ciancimino: stragi, trattative fra mafia e Stato. Avete avvisaglie?
“Nessuna. Ma di solito non mancano mai, alla vigilia”.

Adesso sei ironico
“Per nulla. Questa è davvero l'ultima battaglia. O riusciamo a prevalere, liberandoci dal tentativo di controllo del potere politico.... Oppure gli spazi di democrazia che in questi anni abbiamo difeso a ogni costo saranno cancellati”. (LUCA TELESE –IL FATTO QUOTIDIANO -)

martedì 6 ottobre 2009


ROMA - Da mezzogiorno, tre manager della Alstom di Colleferro, in provincia di Roma, sono sequestrati dagli operai che protestano contro la crisi dell'azienda."Non permettiamo a nessuno di uscire: li abbiamo chiusi in direzione, bloccando l'ingresso", spiega Paolo Caviglia, della rappresentanza sindacale Cgil. Un colosso in 70 Paesi. L'Alstom è un colosso francese che si occupa di costruzioni ferroviarie: è suo il TGV. E' presente in 70 Paesi sparsi nel mondo. Occupa 76.000 impiegati di cui, in Italia, 2.500 distribuiti tra gli stabilimenti di Sesto San Giovanni, Savigliano in provincia di Cuneo, Bari, Bologna, Verona e Colleferro, dove lavorano 150 operai e tecnici. Trend negativo. Da tempo l'azienda lamenta una forte contrazione delle commesse. Il mese scorso, l'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti annnuciava un investimento da due miliardi per rimodernare l'azienda con l'acquisto di almeno 150 locomotive, ma non bastano per invertire il trend negativo che la società denuncia da mesi. "Vogliono chiudere tra 9 mesi". Stamane il francese Bruno Juillemet, vice-presidente delle risorse umane; Francesca Cortella, direttore personale di Milano e Riccardo Pierobon dell'ufficio comunicazione di Milano, hanno informato gli operai che lo stabilimento ha poca vita: "Ci hanno chiesto di trasferirci perché tra 9 mesi vogliono chiudere. E noi operai - prosegue Caviglia - abbiamo reagito. Abbiamo fermato l'attività e abbiamo organizzato un presidio davanti alla direzione vietando a tutti, compreso ai tre manager, di uscire dalla fabbrica". "Abbiamo forzato la mano - ammette un altro sindacalista, Artemio Fanella, Rsu per la Filcem Cgil - ma l'abbiamo fatto per essere ascoltati. A comportarsi bene non si arriva da nessuna parte".
Sacconi: "Non parlate di rapimento". Anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi getta acqua sul fuoco: "Non c'è nessun rapimento di manager. E' solo un tentativo di drammatizzazione mediatica. La circolazione da e per la fabbrica è libera", spiega il ministro. "Il governo segue la situazione della Alstom diColleferro come quella della Tenaris di Bergamo o come quella di tante altre aziende purtroppo investite dai problemi della crisi". (REPUBBLICA)
Il modello francese, quello di "trattenere" i manager, prende piede anche in Italia. Come al solito un manager sbaglia un investimento e a pagare sono gli operai.