domenica 31 ottobre 2010

La battuta del giorno

"Governo tecnico sarebbe rovesciamento democrazia" (Silvio bunga bunga Berlusconi)

Servitori dello Stato

Se non avessimo il governo del bunga bunga, il ministro degli Interni avrebbe già provveduto a premiare con un encomio solenne quegli agenti della Questura di Milano che misero per iscritto al pm di turno l’abuso commesso in nome e per conto delle “direttive superiori”. Quelle che il 27 maggio scorso fecero sì che la minorenne di origine marocchina, nota come Ruby, fosse affidata a una privata cittadina. Ovvero, l’ex igienista dentale di Berlusconi qualificatasi non soltanto come consigliera regionale ma anche come “delegata per la presidenza del Consiglio”. Poiché però abbiamo il governo del bunga bunga il conseguente ministro degli Interni Maroni si è affrettato a dire che è stato “tutto regolare” e che “non risulta che ci sia stata alcuna influenza esterna”. Controfirmando subito la dubbia ricostruzione dei vertici della questura milanese. Ovvero coloro che stesero un tappeto rosso ai piedi dell’igienista dentale Minetti, delegata per la Presidenza del Consiglio, venuta a prelevare la minore accusata di furto ma autorizzata a farla franca in quanto “nipote di Mubarak”.

Se non fosse il premier del bunga bunga Berlusconi si sarebbe già dimesso. L’esposto dei benemeriti poliziotti lo mette infatti in mutande, che è poi la condizione che egli predilige. Il contenuto della conversazione telefonica del presidente del Consiglio con il capo di gabinetto della questura contiene, infatti, un discreto numero di reati. Dal falso (“conosciamo questa ragazza che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano”) all’abuso di potere (“credo che sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia”, ovvero l’igienista dentale).

Ma, poiché siamo nel paese del bunga bunga, il presidente del Consiglio proverà a propinarci tranquillamente le solite panzane, convinto che tra qualche giorno il Vaticano si sarà rabbonito (magari con la promessa di qualche altro incentivo alla scuola cattolica). Così come si sarà calmata la Marcegaglia (magari in cambio di qualche ulteriore agevolazione alle imprese). Quanto alla mozione di sfiducia minacciata dalle opposizioni unite, B. punta sull’esperienza del passato. Quando di opposizione (e tanto meno unita) se n’è vista poca. Speriamo, come sempre, in un sussulto di dignità. (Antonio Padellaro - IL FATTO QUOTIDIANO -)

Velvet Underground - Sunday Morning -

sabato 30 ottobre 2010

Berlusconi malato e senza controllo



Non possiamo continuare ad affidare il Paese ad un personaggio degno solo di stare in un’osteria e non a palazzo Chigi.
Per questo il governo deve dare chiarimenti sul caso Ruby. Durante il prossimo question time alla Camera, infatti, chiederemo all’esecutivo quello che tutti gli italiani si stanno domandando, ossia se il presidente del Consiglio abbia veramente abusato della sua posizione governativa, telefonando alla Questura e se abbia dichiarato il falso in favore della ragazza. In base alla risposta, decideremo se presentare una mozione di sfiducia nei confronti del capo del governo. Non ci interessano gli aspetti pruriginosi della vicenda. Ci preme sapere, invece, se siano stati violati i doveri, le funzioni e le prerogative del presidente del Consiglio. Per chiedere le immediate dimissioni del governo Berlusconi basterebbe una fotografia dell’Italia e i dati economici che hanno accompagnato i suoi due ultimi anni di legislatura. La disoccupazione, ad esempio, come ha reso noto nella sua relazione il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, supera l’11%. Un giovane su 4 è senza lavoro. Il ministro Gelmini ha deciso di licenziare più di 150.000 insegnanti precari in tre anni e il suo collega Brunetta, che non vuole essere da meno, sta confezionando il taglio di 300 mila dipendenti della pubblica amministrazione. Se tutto ciò non dovesse bastare è in arrivo poi anche una "stangata" da 1.118 euro a famiglia a causa dell'aumento dell’inflazione. Anche i dati dell’ong Transparency International sulla percezione della corruzione nella pubblica amministrazione, sono a dir poco preoccupanti. Quest’anno, infatti, siamo scesi al 67esimo posto dietro a Ghana, Samoa e Rwanda e alla pari con il Burkina Faso.
Ma dobbiamo segnalare anche i numeri della pressione fiscale in aumento, che ha raggiunto il 43,2 %, quando, secondo un’indagine effettuata dalla Acri-Ipsos, il 40% delle famiglie italiane ricorre a debiti o all’utilizzo di risparmi pregressi per vivere.
Insomma, mentre il capo del governo festeggia e si diverte con il suo bunga bunga, il Paese crolla. E mentre questi episodi della vita privata di Berlusconi rallentano e ridicolizzano il Paese, la nostra economia precipita. Sia chiaro: presto Berlusconi dovrà rispondere al Paese dei tanti danni che ha prodotto. E questa volta non basteranno nemmeno le sue tv e i suoi spot a reti unificate a salvarlo. Il noto giornale comunista ‘Famiglia Cristiana’ sostiene che questo premier è malato e senza autocontrollo, noi aggiungiamo: e’ il caso che lasci la politica e si vada a curare.
(www.antoniodipietro.it)

Il popolo dei bunga bunga

Ragazze minorenni sui viali delle città. Rumene, lituane, africane, italiane. A migliaia. Un popolo di stupratori seriali motorizzati le aspetta. Nessuno di loro chiede la carta di identità alle piccole donne. Solo il prezzo per le diverse modalità d'uso. Bambini di dieci/dodici anni in vendita in luoghi pubblici, davanti ai cimiteri, alle stazioni, in piazze di periferia. E ragazzine cinesi nei centri massaggi. Il depliant nel tergicristallo delle macchine parcheggiate con indirizzo, orari, immagini sorridenti con occhi a mandorla.
Il popolo dei bunga bunga non si commuove per la prostituzione di massa degli adolescenti nelle nostre città. C'è chi li usa, chi li ignora e chi si indigna per il pubblico decoro. La mamma con il passeggino tira dritto di fronte alla quindicenne truccata da troia mentre il marito prende nota del marciapiede su cui batte.
Berlusconi è un puttaniere? E' noto. Ha abusato dei suoi poteri? Lo fa da sempre. Ha fatto bunga bunga con Ruby? E' possibile. Centinaia di migliaia di italiani fanno sesso con minorenni? E' certo. Ottantamila abusano di bambini (BAMBINI!) nei viaggi di turismo sessuale (siamo tra i primi al mondo)? E' provato. E allora? Di che parliamo oggi? Ovviamente di Berlusconi, solo di Berlusconi, sempre di Berlusconi.
In un qualunque altro Stato occidentale sarebbe stato condannato per Mills, non avrebbe il monopolio televisivo, sarebbe stato fatto a pezzi dalla pubblica opinione per la sua frequentazione con dei mafiosi come Mangano o condannati in secondo grado come Dell'Utri. In nessuno Stato, neppure in Libia o in Russia, sarebbe potuto diventare presidente del Consiglio. Solo l'Italia poteva permettersi uno come lo psiconano. E' lo specchio di una parte del Paese che vorrebbe trombarsi le minorenni (e se le tromba), vorrebbe evadere il fisco (e lo evade), vorrebbe violare le leggi (e le viola).
I giornali ancora oggi, come ieri e anche domani, dedicano il titolo a Berlusconi e al sesso. Sono due anni che si fanno le seghe dai tempi di Papi, a villa Certosa, alla D'Addario e ora a Ruby. Morto un Berlusconi se ne farà un altro. Il popolo dei bunga bunga, invece, non muore mai.
(www.beppegrillo.it)

giovedì 28 ottobre 2010

Ruby e il bunga bunga





Dopo le rivelazioni del Fatto, confermata l'indagine della Procura di Milano. La giovane marocchina fa tremare il premier: "Ho ricevuto 30mila euro in una busta da Silvio Berlusconi". Le parole della ragazza sono al vaglio del pm Antonio Sangermano, titolare dell'inchiesta. E raggiunta dalle agenzie lei dice: "Sono amareggiata". Intanto l'impresario televisivo Lele Mora e il direttore del tg di Rete 4 Emilio Fede risultano indagati per favoreggiamento alla prostituzione. E il giornalista ammette: "Può essere che abbia incontrato la ragazza". Ieri pomeriggio si è svolto un vertice alla procura di Milano. Nella vicenda c'è uno strano tentativo di adozione: un avvocato milanese ha presentato al tribunale dei minori una richiesta di affidamento. L'aspirante mamma è Diana Mora, figlia di Lele. Ma non è tutto. Il 27 maggio, quando Ruby fu accusata di aver rubato soldi e gioielli per 3mila euro, arrivò una telefonata dalla presidenza del Consiglio. E a salvarla fu il provvidenziale intervento dell'igienista dentale del Cavaliere, Nicole Minetti. (www.ilfattoquotidiano.it)

Mi sono rotto il bunga bunga

Posso capire che la stampa sia in agonia, ma anche nel momento estremo del distacco si deve mantenere un minimo di decenza. Almeno trattenere i liquidi. L'informazione è schierata in due parti stagne, ma complementari. Una con il titolo principale che inizia quotidianamente per F come Fini, l'altra che ogni giorno che Dio manda in terra parte con B come Berlusconi. Verificate in edicola per credere. Gli approfondimenti del bunga bunga e della casa del cognato continuano poi in seconda/terza/quarta pagina per settimane. La denuncia del bunga bunga è di sinistra, le inchieste sui misfatti del bilocale di Montecarlo sono di destra e la rottura di palle invece è del lettore. E' un dibattersi tra i fili delle proprie parole come mosche nella ragnatela. Sempre le stesse parole. Mi è successo davvero: ho sfogliato un giornale di tre giorni fa credendo che fosse di oggi e me ne sono accorto solo alla quinta pagina. (www.beppegrillo.it)

mercoledì 27 ottobre 2010

Berlusconi rincorre Fini


Facce toste





I direttori di Tg1, Il Giornale e Libero, in un incontro organizzato da Sandro Bondi, hanno illustrato le difficoltà del fare informazione in Italia a una folta e ben assortita platea. Da Ignazio La Russa a Denis Verdini, da Daniela Santanché a Iannuzzi. Lo dice lo stesso ministro della cultura: "Ospiti in orbita centrodestra". Così quando Feltri cita Repubblica i presenti ululano; al nome di Santoro si levano gli insulti, a quello di Travaglio il boato è fragoroso. Ma ce n'è per tutti. Magistrati, Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro. Tutti "i nemici" passati al setaccio e dati in pasto ai convenuti. Senza bavaglio. E quando ilfattoquotidiano.it intervista Minzolini, il direttorissimo ci ridà appuntamento in tribunale. (www.ilfattoquotidiano.it)

Storia di un disfacimento

Vedere il disfacimento dall'interno di un sistema politico, lo sgretolamento delle certezze, la nascita dei dubbi. A guardare quel che sta succedendo al Pdl, si riesce a capire alla perfezione lo stato dell'arte della res pubblica italiana. Lasciando stare le beghe parlamentari, le trattative sugli emendamenti, quel che sta avvenendo è tutto negli sguardi, nei silenzi, nei sorrisi di tante persone che stanno scoprendo, inesorabilmente, giorno dopo giorno, che niente sarà più come prima: che la bambagia non c'è più e che non c'è più nemmeno il consenso garantito da una leadership in perenne ascesa.


Tutti sanno, nelle stanze del potere berlusconiano, che la parabola è discendente. E allora vedi gente che fa un passo indietro, che aspetta il corso degli eventi: faccia interrogativa, sguardo impaurito. Oppure vedi il sorriso di quelli che si sentono finalmente liberi di dire quello che pensano, di quelli che riscoprono la passione di fare politica senza dover chiedere ogni volta il permesso.


Sono piccoli smottamenti prima del terremoto. Eppure i più attenti, e i più accorti, hanno già preso le dovute precauzioni. Hanno già scelto e preparato la via di fuga. Opportunismo, certo. Non potrebbe essere altrimenti. Ma anche sincera rivincita personale dopo anni di cervello "on demand", per dirla con il senatore Enrico Musso. Della serie: ditemi quello pensare e io lo penso; ditemi quello che devo fare e io lo faccio.


La paura prima della ritrovata libertà. Ecco quel che sta succedendo all'interno delle stanze del potere berlusconiano, di quelle politiche e di quelle aziendali. Attesa. Trepidazione. Come un sequestrato che sta per essere liberato dai suoi sequestratori, nelle stanze del potere quelli meno coinvolti, quelli che sono riusciti a sfuggire dalla sindrome di Stoccolma, dall'amore per il proprio carceriere, si stanno preparando a rivedere la luce, a rifare finalmente politica. Si preparano a ricominciare finalmente a vivere...


Gli altri, quelli che avevano investito tutto, inclusi loro stessi, sulla figura del capo supremo, non possono far altro che cercare di frenare la slavina imminente, di rinviare il più possibile il crollo definitivo. Questione di sopravvivenza, di spirito di conservazione, che con la politica non dovrebbero, almeno così si spera, averci davvero niente a che fare. O forse no? (Filippo Rossi - FAREFUTURO -)

martedì 26 ottobre 2010

Fiat piange

Dopo l'exploit dell'amministratore delegato Sergio Marchionne che, ospite alla trasmissione di Fabio Fazio, ha detto che "nemmeno un euro dei nostri utili è stato prodotto in Italia", arriva la replica di Guglielmo Epifani: "Marchionne affronta in tv e non ai tavoli sindacali i problemi aziendali. Con una condotta del genere, in Germania sarebbe stato cacciato". In realtà, il vero problema non sono le questioni sindacali interne ma le difficoltà a reggere la concorrenza con una riorganizzazione seria. Costretta a rincorrere, la Fiat non può fare altro che rilanciare. Il piano industriale per i prossimi cinque anni serve ad alzare l'asticella degli obiettivi spostando più avanti nel tempo, almeno sul piano mediatico, l'inevitabile confronto con un mercato sempre più difficile. (www.ilfattoquotidiano.it)

Marchionne non ricatti gli italiani



Marchionne non ricatti gli italiani e non scarichi le responsabilità del fallimento dell'azienda sui lavoratori. L'Italia dei Valori ritiene che l'industria dell'auto con il suo enorme indotto abbia un futuro solo se è capace di innovare i prodotti legandoli alle nuove necessità ambientali e di mobilità delle persone e delle merci. In Italia si producono 650 mila autovetture all'anno e il mercato nazionale ne assorbe oltre due milioni, mentre in Francia e in Germania la produzione nazionale è superiore al proprio fabbisogno, cioè si produce di più di quanto si riesca a vendere. Questi dati mostrano che, per un'industria come la Fiat, capace di investire ben più di quello che è stato dichiarato in ricerca e innovazione e, quindi, in prodotti ad alto valore aggiunto, esistono spazi importanti nel nostro Paese. Oggi la Fiat, percentualmente, sta perdendo sul mercato più di quanto sia il calo medio dello stesso e, da due anni, gli impianti italiani stanno funzionando al di sotto del 50%. Ciò che dichiara Marchionne, quindi, rischia di diventare semplicemente una foglia di fico. Infatti, per coprire l'enorme debito del gruppo, l'assenza di nuovi modelli ad alto valore aggiunto e la perdita progressiva di quote di mercato, l'amministratore delegato della Fiat scarica le responsabilità sui lavoratori.
Marchionne ha affermato che vuole adeguare i salari degli operai a quelli dei concorrenti europei: è cosa buona e giusta. Noi ci auguriamo che sia così anche per gli stipendi dei manager italiani. Ricordiamo, infatti, che l'amministratore delegato della Fiat percepisce 430 volte lo stipendio di un suo operaio e, sulle stock options, paga il 12,5% di fisco mentre un dipendente Fiat paga mediamente il 27%, pur percependo al netto 1200 euro mensili. Queste sono le ragioni che ci inducono a dire che la Fiat non può permettersi un tono ricattatorio nei confronti dell'Italia. è utile che riparta un dialogo con le parti sociali al fine di creare migliori condizioni per gli investimenti e un lavoro che non sia privato dei diritti fondamentali. (www.antoniodipietro.it)

lunedì 25 ottobre 2010

La battuta del giorno


"Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia". Nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 arriva dall'Italia. Fiat non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre".
"Io in politica? Scherziamo? Faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori".
(Sergio Marchionne ovvero la faccia come il culo )

PDL : la grande fuga



Fallita la campagna che doveva svuotare Futuro e libertà, il Cavaliere deve fronteggiare la frana: a livello locale decine e decine di amministratori abbandonano il Popolo della libertà. Tutti dicono che resteranno nel centrodestra. Ma intanto a Como nasce Autonomia comasca, in Sicilia Forza del Sud e in Lombardia l'ex sindaco azzurro Gabriele Albertini progetta una nuova lista civica per le elezioni amministrative di primavera. Guardando sia a destra che a sinistra. Un inciucio? No, risponde Massimo Cacciari. “Si cerca di parlare con la gente di buona volontà, destra e sinistra non esistono più, l’obiettivo è quello di conquistare consensi”. (www.ilfattoquotidiano.it)

Se i controllati gestiscono i controllori


L’Italia è come il Burkina Faso. E’ quanto emerge dalla classifica annuale di Reporters sans frontières sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicata il 20 ottobre scorso. Il nostro Paese, secondo l’organizzazione internazionale che tutela i diritti dei giornalisti, è al 49° posto a pari merito con il Burkina Faso e in leggero vantaggio su El Salvador. Può sembrare un incubo, un film che in altri tempi avremmo visto con scetticismo e bollato come ‘fantascienza’, ma purtroppo è la realtà nuda e cruda, la fotografia di ciò che questo Paese è diventato. Rsf non è un’organizzazione di pericolosi sovversivi, come i soliti noti affermeranno, ma una fonte autorevole a livello internazionale e che ha come principio fondante la tutela della libertà dell’informazione.
Nelle motivazioni del rapporto si sottolinea come la continua concentrazione della proprietà dei media, le dimostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esponenti governativi nei confronti dei cronisti e del loro lavoro abbiano confermato l’incapacità di questi governi, tra cui quello italiano, di invertire questa tendenza. Ed è la prova provata di come il conflitto d’interessi che pende sul nostro Presidente del Consiglio pesi come un macigno sulla nostra democrazia. Tra l’altro, il segretario di Rsf, Jean-François Julliard, ha allertato l’Ue per il conseguente rischio di perdere la sua posizione di leader mondiale nel rispetto dei diritti umani. Insomma un giudizio mortificante per il nostro Paese ma che va di pari passo con le denunce fatte dall’IdV non solo al Parlamento italiano, ma anche a quello europeo.
A Strasburgo, infatti, abbiamo presentato una mozione sull’anomalia del nostro Paese, che purtroppo non è passata solo per un solo voto. Ma non ci siamo arresi. Stiamo lavorando, infatti, a quella che sarà la prima iniziativa di legge popolare in Europa. Ci proponiamo di raccogliere almeno un milione di firme, in un minimo di sei Paesi europei, per arrivare ad una direttiva sul pluralismo dell'informazione in Italia. Il nostro obiettivo è di far approvare una regolamentazione del mercato della pubblicità e una norma antitrust sull'enorme conflitto di interessi che grava sul nostro Paese. La nostra battaglia per la libertà d’informazione procede anche sul binario nazionale. La difesa dell’articolo 21 della Costituzione è nel dna del nostro movimento politico. L’Italia dei Valori, infatti, è l’unico partito italiano che non ha partecipato alla spartizione e alla lottizzazione della Rai.
Siamo fieri di questa scelta perché riteniamo che l’azienda debba essere governata da valorosi professionisti interni, liberi da logiche di appartenenza. In questi ultimi giorni notiamo come anche altre forze politiche si siano rese improvvisamente conto che sulla Rai grava un inquietante peso della politica. Ma la soluzione non è certo la privatizzazione perché, se non si approva una legge sul conflitto d’interessi ed un’altra per modificare i tetti della pubblicità dell’azienda, con questa correremmo il rischio di vedere la Rai acquistata da un novello Berlusconi. La soluzione è un’altra: i partiti la smettano di dettar legge in Rai e vadano via dal Cda, non può un controllato gestire il proprio controllore. (www.antoniodipietro.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

domenica 24 ottobre 2010

Lodo di madre ignota

Dunque la legge Al Nano che salva dalla galera il Nano non l’ha chiesta il Nano. Lo dice il Nano: “Mai reclamato alcuna forma di tutela. Il mio partito ha presentato un disegno di legge che sospende i processi al capo dello Stato e al presidente del Consiglio e che esiste in molti paesi”. Ovviamente lo dice a un giornale tedesco: la balla è talmente enorme che perfino in Italia se le berrebbe solo uno squilibrato. Infatti Sallusti scrive sul Giornale che il niet di Napolitano ha “l’obiettivo politico” di fare di B. “l’unico leader al mondo a non avere il benché minimo scudo giudiziario”. A parte tutti gli altri leader al mondo e i 40 scudi che B. s’è fabbricato in 16 anni (anzi, che gli hanno fabbricato i suoi a sua insaputa e contro la sua volontà). B. lo disse già nel 1994 a proposito del primo, il decreto Biondi che vietava il carcere preventivo per corruzione: “Non l’ho fatto per me o per i miei, ma per un desiderio di giustizia”. Infatti, appena il decreto cadde per il dietrofront di Bossi e Fini, finirono dentro il fratello Paolo e i manager Fininvest che avevano corrotto la Guardia di Finanza. Bossi rivelò: “Biondi mi ha spiegato che B, allarmato dalla possibilità di un arresto del fratello Paolo, aveva esercitato una pressione enorme per il decreto”. Lo gnorri di Arcore ci riprovò nel 2002, quando i suoi, a tradimento, gli apparecchiarono la Cirami per traslocare i suoi processi da Milano a Brescia: “Non capisco la ragione di tanta urgenza in Parlamento per l’approvazione del legittimo sospetto”. Infatti la Cirami fu urgentemente varata in Senato e l’on. avv. Pecorella minacciò di riaprire la Camera a Ferragosto per approvarla subito anche lì. B. capì subito l’urgenza: “Il legittimo sospetto è una priorità per il governo”. Fatto. Il 17 giugno 2003, mentre il Parlamento votava a tappe forzate la porcata Schifani, B. volò al Tribunale di Milano per le dichiarazioni spontanee al processo Sme e, andandosene, giurò: “Garantisco che tornerò il 25 giugno, se non ci saranno fatti estranei (la porcata Schifani, ndr) che in questo momento si stanno discutendo e a cui io non ho dato parere positivo, ma c’è stata insistenza su questo…”. Poi purtroppo l’“insistenza” dei suoi ebbe la meglio e il 23 giugno il Parlamento varò la porcata Schifani, così B. non potè tornare il 25 al processo perché non c’era più il processo. Ora la stessa “insistenza” produce la nuova porcata Al Fano. Ma lui – beninteso – è fermamente contrario. Infatti l’on. avv. Pecorella rivela al Corriere che non la fanno per lui, ma per il capo dello Stato che, “così come stanno adesso le cose, può essere processato, che so, per un vecchio abuso edilizio” e “questo può incidere sulla serenità dell’esercizio della carica”. A Napolitano non era mai venuto in mente di poter essere processato per un vecchio abuso edilizio, non avendo mai fatto abusi edilizi, né vecchi né nuovi. E sa bene che già oggi, per prassi consolidata, il capo dello Stato, per eventuali reati comuni, viene processato solo a fine mandato; mentre, per Costituzione, non è responsabile per reati connessi alle sue funzioni, eccetto l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione (per questi il Parlamento, con maggioranza di due terzi, lo mette in stato d’accusa dinanzi alla Consulta). Così fa sapere che la legge costituzionale è incostituzionale, visto che condiziona i processi al capo dello Stato per reati comuni a un voto parlamentare con maggioranza semplice: cioè gli regala una tutela più ampia di quella che avrebbe se facesse un colpo di Stato. Siccome Napolitano non ha mai pensato di fare un colpo di Stato, gli è venuto persino il dubbio che lo scudo Al Nano sia un modo gentile del Nano per candidarsi al Quirinale. In ogni caso ha tenuto a precisare che lo scudo a lui non serve. A quel punto pure B. ha detto che non serve nemmeno a lui. Più che un lodo, insomma, trattasi di figlio di madre ignota (da cui il romanesco “fijo de ‘na mignotta”). Tanto vale ritirarlo. Fatelo per lui. (Marco Travaglio -IL FATTO QUOTIDIANO -)

La supercazzola

Il linguaggio politico ha perso contenuto, ma ha acquistato in compenso una forma propria, nuova e incomprensibile, favolistica. Se non capisci ti senti tu l'ignorante, non quello che ha appena sparato la supercazzola. Ma cos'è una supercazzola? Come si riconosce?
Definizione di supercazzola: "Parola composta due elementi della lingua italiana: il prefisso super e il sostantivo cazzo. La struttura linguistica fondamentale su cui si fonda è quella della parola macedonia, in cui si accostano termini o parti di termini diversi con la creazione di una confusione semantica."
Esempio: supercazzola storica di Tognazzi/Mascetti in "Amici miei":
Uomo: "Mi scusi, lei...?"
Mascetti: "Antani, come se fosse antani, anche per il direttore, la supercazzola con scappellamento."
La supercazzola va detta con faccia compunta e parole scandite, acquista così più valore. Si può dire ovunque: da un palco, in un congresso, in televisione, nei giornali. Va però interpretata per i comuni cittadini e i giornalisti hanno appunto il compito di elevarla a parabola, vetta del pensiero. Insomma, di leccare il culo.
Qualche supercazzola di giornata :
Dario Franceschini:
"La casa di proprietà... non più valore oggettivo perché presume la non mobilità"
"Vorrei che ogni anno 50 mila giovani del Nord si spostassero al Sud e viceversa"
Ignazio La Russa:
"Mi addolora che una casa che nella volontà di chi l'ha lasciata in eredità doveva essere destinata alla causa, sia abitata da una persona che con quella causa non c'entra"
Nicola Vendola:
"Invito Grillo a non scambiare l'ansia di cambiamento con l'estetica della bestemmia"
"La contemplazione sagace della capacità di perdere bene (della sinistra, ndr)"
"Dobbiamo lavorare sul territorio ed essere cosmopoliti"
Umberto Veronesi:
"Se oggi il nucleare fa paura è un errore politico. Fermi inventò una pila, non una bomba atomica... poi arrivò la guerra, il governo Usa realizzò la bomba e fu il capo dell'esercito americano, in totale autonomia (?) a decidere di sganciarla su una città inerme"
Uolter Veltroni:
"Questo Paese è dominato dal passato, che è aggrappato alle nostre gambe, e ci impedisce di correre verso il futuro"
"Un Paese senza valori è un guscio di anime sostanzialmente finite, un mondo di passioni tristi, una competizione senza regole"
Non hai nulla da dire? Dillo con una supercazzola, funziona sempre. (www.beppegrillo.it)

George Winston - Lullaby -

sabato 23 ottobre 2010

I Quelliche

In Italia quasi nessuno dà il buon esempio, ma tutti vogliono fare una "bella figura". Apparire è più importante che essere, promettere più importante di mantenere, prendere per il culo gli altri (e qualche volta anche sé stessi) un comportamento etico, adottato per non deludere e dare speranza. La sindrome della "bella figura" attraversa tutte le classi sociali, è un nostro tratto distintivo dall'ultimo barbone al presidente della Repubblica. I Quelliche.
Quelloche chiede l'abolizione della pensione dei parlamentari e continua a prenderla
Quelloche lo Scudo Fiscale non si è accorto che era una porcata e non era in aula a votare contro
Quelloche va in televisione per raccontare la verità a prezzi modici
Quelloche vuole la raccolta differenziata con gli inceneritori della Marcegaglia
Quelloche fa un partito contro le leggi ad personam e vota l'ennesima legge ad personam
Quelloche ha ripulito la Campania con le discariche tossiche
Quelloche la rivoluzione comunista domani, ma Casini e Cuffaro oggi
Quelloche fa informazione progressista con i finanziamenti ai giornali e i profitti privati
Quelloche la televisione è in mano a Berlusconi, ma è sempre in televisione a dirlo
Quelloche vuole l'acqua pubblica, ma la gestione deve essere privata
Quelloche che è per la riduzione dell'inquinamento dell'aria e va in Comune con l'auto blu
Quelloche cura i tumori e che bruciare i rifiuti ha conseguenze ZERO per la salute
Quelloche la politica è una missione, "dalla nascita" , e incassa lo stipendio pubblico dalla maggiore età
Quelloche la legge elettorale va cambiata, ma quando era al governo non ha mosso un dito
Quelloche il popolo italiano ha bisogno di "lavoro, lavoro, lavoro" e ha un lavoro insieme alla moglie in Parlamento da più di vent'anni
Quelloche fa il politico per informare e il giornalista per fare politica
Quelloche ognuno conta uno, ma quando si tratta di muovere il culo conta sempre zero
Quelloche i partiti non rappresentano nessuno, ma per cambiare bisogna dialogare con i partiti
Quelloche ha il SUV a rate, ma fa un solo pasto al giorno
Quello che è contro i finanziamenti pubblici ai partiti, ma li incassa fino all'ultimo euro
Quelloche ha il salotto buono chiuso a chiave con la plastica sulle poltrone per ricevere gli ospiti
Quelloche è stato licenziato, ma ogni mattina bacia la moglie per andare in ufficio
Quelloche non si è mai laureato, ma ha fatto due feste di laurea
Quelliche i manifestanti di Terzigno sono camorristi, ma Cosentino non si può processare...
(www.beppegrillo.it)

La battuta del giorno

"Questa legge non è stata una mia iniziativa, ma una proposta del mio partito. Io non sono più interessato a portarla avanti. Non voglio che si dica che faccio leggi ad personam, leggi vergogna. Altro che leggi vergogna. Sono sedici o diciassette anni che vengo perseguitato dai magistrati per fatti già chiariti." (Silvio Berlusconi a proposito del Lodo Alfano)

Rapporti particolari



A raccontare l'incontro che proverebbe i rapporti tra il gruppo del premier e l'ex sindaco di Palermo, sempre negati dal Cavaliere, non è Massimo Ciancimino o un pentito qualsiasi, ma un manager di banca in pensione che ha passato metà della sua vita nel cuore del potere siciliano. Si chiama Giovanni Scilabra, oggi ha 72 anni e allora era direttore generale della Banca Popolare di Palermo del conte Arturo Cassina, il re degli appalti stradali, amico e sodale di Ciancimino. L’ex manager è abbastanza deciso nel collocare l’incontro nel 1986. Don Vito era stato arrestato da Giovanni Falcone per mafia nel 1985 e aveva l’obbligo di risiedere a Roma. Ma il figlio Massimo ha raccontato che, grazie alle sue coperture, circolava indisturbato a Palermo. “Nel 1985 era stata inaugurata la nuova sede della Banca Popolare di Palermo di fianco al Teatro Massimo”, cerca di riannodare i ricordi l’ex manager, “ricordo che l’incontro avvenne in quella sede”. In pensione dal 1999, Scilabra ha più tempo da dedicare alla lettura. L’ex manager ha seguito con attenzione le rivelazioni del Fatto sugli affari e gli incontri milanesi tra il Cavaliere e Ciancimino. E, quando l’avvocato-onorevole Niccolò Ghedini ha dichiarato: “Nessun rapporto né diretto né indiretto né tantomeno economico vi è mai stato fra Berlusconi e Vito Ciancimino. All’’epoca Berlusconi non sapeva chi fosse il sindaco di Palermo”, Scilabra ci ha aperto la sua bella casa palermitana per dire quello che ha visto con i suoi occhi. (www.ilfattoquotidiano.it)

venerdì 22 ottobre 2010

Todo lodo

Corriere della Sera: “Sì al Lodo Alfano retroattivo”. Repubblica, più fantasiosa: “Sì al Lodo Alfano retroattivo”. La Stampa: “Stop retroattivo ai processi”. Il Messaggero: “Sì al lodo retroattivo, ma è lite”. Il Giornale: “Lo scudo è retroattivo”. Libero: “Primo sì finiano al Lodo Alfano retroattivo”. L’Unità: “Stop retroattivo ai processi”.

Il bello dei titoli e dei sommari della stampa nazionale è che chi li fa non ha la più pallida idea di ciò che scrive né un pizzico di memoria storica; così come i presunti oppositori del Pd, che menano scandalo per la retroattività perché non osano dire chiaro e forte che la legge è uguale per tutti (infatti Bersani, Violante e altri hanno più volte ripetuto di non essere affatto contrari a uno scudo per le alte cariche dello Stato, o addirittura per tutti i parlamentari, mentre Letta jr s’è detto convinto che B. abbia tutto il diritto di “difendersi dai processi”).

Anzitutto, qui non c’è nessun “lodo”: il lodo è la soluzione a una controversia fra due parti decisa da personalità autorevoli e super partes. Ma qui non c’è alcuna controversia, bensì un impunito che non vuole farsi processare; e nessuna personalità autorevole e super partes, bensì un Alfano qualunque. Lo scandalo è che il presunto lodo è “retroattivo”? Assolutamente no: una legge fatta per bloccare i processi al premier o è retroattiva o non è. A che gli servirebbe una norma che sospendesse i processi ancora da cominciare, o per reati ancora da commettere, visto che i suoi processi sono già cominciati e i suoi reati già commessi? Tutte le norme ad personam (questa è la quarantesima) varate in 16 anni per salvarlo dai processi erano retroattive (altrimenti non l’avrebbero salvato dai processi). Compresi i precedenti “lodi”, il Maccanico-Schifani e l’Alfano modello base. La questione dunque non è se la legge costituzionale licenziata martedì dalla commissione Giustizia del Senato debba o meno essere retroattiva, ma se sia giusto, ragionevole, legittimo sospendere i processi per reati comuni a carico dei presidenti della Repubblica e fino al termine dei loro mandati. La risposta è un No planetario, che viene da tutte le altre democrazie del mondo, nonché dalla Corte costituzionale.

Nessuna democrazia al mondo conosce la sospensione dei processi al premier, ma solo ad alcuni capi dello Stato e solo per delitti “funzionali”, cioè collegati con la carica. La legge Alfano invece sospende i processi anche al premier e solo per i delitti comuni, cioè scollegati dalla carica. Per quelli “funzionali” contestati ai membri del governo, infatti, la nostra Costituzione già prevede la possibilità che il Parlamento valuti l’eventuale fumus persecutionis e blocchi il processo negando al Tribunale dei ministri l’autorizzazione a procedere (come ha fatto l’altroieri la Camera per Lunardi, peraltro senza adombrare alcun fumus persecutionis); quanto al capo dello Stato, la Costituzione già prevede che non sia responsabile degli atti commessi nell’esercizio delle funzioni presidenziali. Dunque la legge Alfano concede ai due presidenti l’autorizzazione a delinquere come pare a loro da privati cittadini. Questo è lo sconcio, non la retroattività. Sulla questione, poi, s’è già pronunciata pure la Corte costituzionale, quando bocciando le porcate Schifani e Alfano ricordò che il presidente del Consiglio non è un “primus super pares” (come sosteneva quel buontempone di Pecorella), ma un “primus inter pares”, dunque non può godere di trattamenti preferenziali rispetto agli altri ministri. Testuale: “Non è configurabile una preminenza del presidente del Consiglio, che ricopre una posizione tradizionalmente definita di primus inter pares”. Quindi la legge costituzionale nasce incostituzionale. Quando la infileranno nella Costituzione, dovranno scriverla con caratteri diversi, magari in gotico, per distinguerla dagli altri articoli. Quelli scritti dai Padri costituenti, non dai figli delinquenti. (Marco Travaglio - IL FATTO QUOTIDIANO -)

Le vignette di Vauro ad Annozero del 21 10 2010

Marco Travaglio ad Annozero del 21 10 2010

giovedì 21 ottobre 2010

Reo confesso


Guerriglia urbana



"Preparate i bicchieri, la discarica non si fa" E' il 30 settembre e il sindaco di Terzigno Domenico Auricchio esulta. Dice che glielo ha promesso il premier, il secondo sversatoio nel parco del Vesuvio non ci sarà. Ieri la marcia indietro del Pdl, che approva definitivamente il progetto e fa scoppiare il caos. Auricchio non ci crede, vuole sentirselo dire di persona e dopo aver incontrato il premier a palazzo Grazioli dice: "Il governo ha promesso di occuparsi di questa emergenza domani in Consiglio dei ministri". Il sindaco di Boscoreale Gennaro Langella invece minaccia di lasciare il Pdl. Tafferugli e danneggiamenti si ripetono dalla mattina, tra sassaiole contro le forze dell'ordine, autocompattatori dati alle fiamme e scene di guerriglia urbana. E Langella accusa: "E' una questione elettorale. Sacrificano la vita di 250mila persone per vincere le amministrative a Napoli". Insomma, mentre nel capoluogo la differenziata è ferma al 19% e il Comune sostiene di non avere nulla da rimproverarsi, da tragedia per la popolazione e affare per la criminalità, la monnezza diventa un problema di ordine pubblico. L'emergenza rifiuti è finita solo nelle fantasie con cui ormai il premier blandisce anche i suoi alleati. (www.ilfattoquotidiano.it)

Il popolo italiano è un cane di paglia

Ogni Nazione al tramonto ha i suoi simboli, qualcosa che ne rappresenta l'epitaffio. L'Italia ha la spazzatura e i manganelli. Le due parole più frequenti nel nostro lessico quotidiano. Quando ci ricorderemo della dissoluzione della Seconda Repubblica sentiremo il puzzo delle discariche e rivedremo il sangue dei manifestanti. A Terzigno e a Boscoreale vengono inseguiti con i manganelli dei cittadini italiani. A picchiare uomini e donne con le mani alzate non sono pericolosi extracomunitari e neppure camorristi, ma persone pagate dagli italiani per difendere quegli stessi uomini e donne. Le discariche, trasformate in un problema di ordine pubblico, derivano in realtà da corruzione, cattiva amministrazione, menefreghismo totale del territorio da parte dei politici. Di tutti i politici... ogni distinzione a questo punto tra un Bersani e un Berlusconi, tra un De Luca e un Caldoro, è una presa per il culo. La raccolta differenziata e il riciclaggio delle materie prime, acqua, vetro, plastica e l'utilizzo del resto per il compostaggio non è impossibile, semplicemente non lo si vuole fare.
Non sono i campani a puzzare, ad essere incivili, ma il Parlamento, il governo, la Regione Campania, la Confidustria degli inceneritori. Manganelli, il capo della Polizia, sempre più un corpo separato dal Paese reale, ha detto: "C'è rammarico per il fatto che temi che altri soggetti sono chiamati a risolvere trovino in un ruolo di supplenza le forze di polizia. Noi non siamo certo nemici di chi manifesta, facciamo il nostro lavoro. Siccome a Terzigno si deve sversare, faremo in modo che questo sia possibile anche se dovesse costare l'uso della forza". Costi quel che costi si sverserà, si manganellerà. A chi risponde la Polizia? A Maroni o al popolo italiano? Cosa prova un poliziotto dopo aver sparato un fumogeno ad altezza d'uomo o picchiato un vecchio, come è avvenuto a Cagliari durante la manifestazione dei pastori sardi, o aver manganellato una donna a Terzigno? Si sente in pace con la sua coscienza solo perché ha obbedito a ordini superiori?
Questa è una guerra tra poveri, da una parte i cittadini, dall'altra ragazzi sottopagati con una divisa e spesso senza nessun'altra alternativa di lavoro. Se si va avanti così è chiaro a chiunque, anche a Manganelli, che non se ne esce. La violenza contro i cittadini inermi genererà altra violenza in una spirale in cui pagheranno solo gli innocenti. Il popolo italiano è un cane di paglia, subisce, subisce quasi sempre. Poi, d'improvviso può prendere fuoco. (www.beppegrillo.it)

mercoledì 20 ottobre 2010

Pino Daniele - Yes I Know My Way -

Porcata retroattiva



Il lodo Alfano sarà retroattivo. Il Pdl, in prima Commissione al Senato, ha inserito un emendamento in virtù del quale sarà garantita l’impunità a Silvio Berlusconi. Il gruppo di Futuro e libertà lo ha sottoscritto. Con quest'ennesima porcata è stata smascherata la vera anima dei finiani. Tutti gli italiani hanno avuto una prova inconfutabile che il ritorno alla legalità e il richiamo alla questione morale da parte di Fli sono solo una finzione. Infatti, non si può fare un discorso come quello di Mirabello e poi appoggiare una norma così vergognosa che calpesta l’articolo 3 della Costituzione in base al quale “tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge”. Siamo alla caduta della democrazia e dello stato di diritto. Questo governo, ancora una volta, ha dimostrato di non avere né la volontà, né la forza, né la maggioranza per occuparsi della collettività. E’ per questo che bisogna tornare al voto prima possibile.
Facciamo un ultimo appello a Fini perché in Aula dica ai suoi parlamentari di non cedere al ricatto.
Altrimenti non ci resta che il Lodo Alfano, in attesa della prossima porcata. In ogni caso, saranno i cittadini ad assumersi la responsabilità di decidere se intendono vivere in un Paese democratico o in un regime, perché l'IdV ha già raccolto milioni di firme per il referendum confermativo.
(www.antoniodipietro.it)

La televisione è morta

Le discussioni sui programmi televisivi, le parcelle da pagare o le ospitate gratis, i veti e i controveti, gli attacchi alla democrazia e la libertà di parola di questi giorni mi sembrano l'accanimento su un cadavere. La televisione è morta da un pezzo, gli unici a non saperlo sono quelli che ci vanno. Nessuno vieta al grande artista, al profondo comunicatore, all'intrattenitore colto di rischiare in proprio, o cercare un finanziatore, per diffondere le sue verità democratiche, o meno, in Rete. Apra un account su YouTube, si filmi e chi vuole lo guarderà. Chi lo paga? Questo può essere un problema. E quanto lo paga? Questo, per molti, è un problema ancora più grande. Un consiglio. Crei un sito, dei contenuti, li sviluppi e chieda alle folle oceaniche che sentirebbero la sua mancanza in televisione di finanziarlo on line. Sembra una provocazione, ma non lo è. Avrebbe la libertà di dire ciò che vuole e un probabile introito, forse piccolo, forse grande, ed essere indipendente da consigli di amministrazione, direttori, politici. Lui e il pubblico che, spontaneamente, si collega per ascoltarlo. Nessun altro. Giocherebbe d'anticipo.
L'integrazione internet/televisione è un dato di fatto, la scomparsa dei palinsesti generalisti solo un problema di tempo. Nessuna persona sana di mente e informata sui fatti investirebbe oggi in azioni di Mediaset, RAI (se si quotasse) o La 7. Sarebbe come investire in ferri da cavallo all'avvento delle prime automobili della Ford.
In un futuro non così lontano ti siederai in poltrona e navigherai sullo schermo di casa. Sceglierai tu chi seguire, non decideranno Masi o Confalonieri o i partiti o il digitale terrestre. Ad ogni minuto nel mondo qualcuno abbandona la televisione per Internet. E' come una clessidra con granelli di polvere che si trasferiscono da un luogo a un altro. Un posto con nuove regole e opportunità in cui ci si gioca tutto senza paracaduti. Nel quale la propria credibilità è l'unico valore economico. L'unico per cui qualcuno è disposto a pagare. Un mondo senza Minzolini, Vespa, Fazio, nel quale il caravanserraglio dei politici svanirebbe. Chi si collegherebbe e soprattutto pagherebbe per ascoltare Cicchitto, La Russa o Bersani? Dovrebbero essere loro a pagarli e forse non basterebbe. Ecco, alla televisione rimarrà solo questo, il telespettatore pagato, come le folle che sbarcano dai pullman pagati con il pranzo al sacco pagato per le manifestazioni pagate dai partiti finanziati dai cittadini. Il telespettatore pagante si trasferirà invece armi e bagagli in Rete e sceglierà lui a chi dare i suoi soldi. (www.beppegrillo.it)

martedì 19 ottobre 2010

Giustizia retroattiva per il premier

Processi sospesi anche per fatti commessi prima dell'incarico. Tanto per far stare qualcuno (indovinate chi) ancora più tranquillo. La commissione Affari costituzionali al Senato ha infatti approvato un emendamento al Lodo alfano che l'opposizione definisce un mostro giuridico. Per inciso, qui potrebbe inciampare e cadere il governo: dipenderà dai finiani, che però hanno approvato.

Formalmente: «I processi nei confronti del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio, anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare». Così recita l'emendamento presentato da Carlo Vizzini in commissione. Hanno votato a favore 15 parlamentari, contro 7. Tra i sì, 13 sono venuti dal Pdl e Lega, uno dal finiano Maurizio Saia, uno dall'Mpa. Uno scudo iperprotettivo.

DI PIETRO
E Di Pietro: «Dall'incontro tra Alfano e Fini non mi aspetto più niente perchè oggi è stata smascherato anche il finto ritorno alla legalità di Fli che al primo passaggio appoggia una norma che garantisce l'impunità al premier». C'è chi pensa però che una volta arrivato in aula il provvedimento potrebbe essere bocciato anche da Fli. E allora per la compagine governativa sarebbero dolori. E sono ancora nell'aria le parole di Bossi in cui ha dichiarato che basta la bocciatura di una legge per andare alle urne: prospettiva cara alla Lega, che conta di raccogliere più consensi, ma che terrorizza Berlusconi causa sondaggi poco graditi.

PARDI
«Così si prepara la strada dell'immunità per Berlusconi se andrà al Quirinale», attacca il senatore Idv, Francesco Pardi. E la senatrice Pd, nonché ex magistrato, Silvia della Monica, ha buone ragioni per inorridire: «Non si è mai vista una Costituzione che stabilisca come anche chi è sottoposto a procedimento penale possa diventare presidente del Consiglio o presidente della Repubblica. In questo modo anche chi è agli arresti domiciliari o in carcere potrà candidarsi al Colle o a Palazzo Chigi». La commissione riprenderà le votazioni sul lodo Alfano domani alle 15. E ora c'è da vedere cosa accadrà. Se il provvedimento arriva così in aula, i finiani lo voteranno? (L' UNITA')

Cartolina da Antigua



Niccolò Ghedini, l'avvocato del premier, dice che è tutto regolare. Silvio Berlusconi ha dichiarato al fisco i milioni di euro spesi per acquistare ad Antigua le sue cinque ville. Ma i misteri dei Caraibi sono altri. Non si sa chi siano i reali proprietari della Flat Point, la società con personale italiano da anni impegnata nel realizzare la lottizzazione di lusso a Emerald Cove. E soprattutto non si capisce perché l'illuminazione delle strade intorno alla collina "del presidente" sia stata realizzata a spese dei contribuenti milanesi: un accordo formalizzato nel 2008, l'anno in cui il premier denunciava al fisco l'acquisto dei terreni, prevede che Palazzo Marino finanzi varie opere. Dall'illuminazione nell'isola alla costruzione di un campo da calcio, da borse di studio riservate agli universitari del paradiso fiscale a progetti per tutelare la barriera corallina. Sul sito del Governo compaiono anche le foto di Letizia Moratti con l'ambasciatore di Antigua all'Onu, "sorridenti" dopo aver raggiunto l'intesa. Ma oggi il sindaco cade dalle nuvole e davanti alle telecamere del fattoquotidiano.it dice: "Io non ne so niente". Intanto nei Caraibi infuriano le polemiche politiche e, come in Italia, tra opposizione e maggioranza si scambiano accuse di corruzione e brogli elettorali. (www.ilfattoquotidiano.it)

lunedì 18 ottobre 2010

Berlusconi e gli scandali off shore


Il presidente del Consiglio venga in Aula alla Camera e spieghi al Paese e al Parlamento, in diretta televisiva, la sua posizione sugli investimenti immobiliari nell’isola di Antigua. Per questo motivo ho presentato un'interpellanza parlamentare. Chi ricopre certi incarichi pubblici ha il dovere morale e politico di agire con il massimo della trasparenza e nell’alveo della legalità.
Noi dell'Italia dei Valori vogliamo sapere dal Presidente del Consiglio se conosce il reale proprietario della società off shore dalla quale ha regolarmente acquistato i terreni e il proprietario effettivo della banca Arner, e comunque quale sia il reale rapporto che lo lega alla banca medesima. Tra l’altro, Berlusconi è a conoscenza di quanto è emerso dall’inchiesta di ‘Report’, ossia che da più di un anno la Banca Arner è oggetto di accertamenti da parte della Banca d’Italia per gravi irregolarità a causa di carenze e violazioni in materia di contrasto del riciclaggio? E perché allora continua a intrattenere rapporti con il suddetto istituto di credito, sotto inchiesta per riciclaggio?
Berlusconi chiarisca e dica agli italiani se è il proprietario dell’immobiliare “Flat Point development Limited” di Antigua. Inoltre, è singolare il fatto che il Presidente del Consiglio abbia chiesto ai leader europei di ridurre il debito estero proprio della suddetta isola, nonostante Antigua non sia un Paese africano ma un paradiso fiscale inserito nella black list internazionale criticato dall’Ocse e dal G20. Ma questi non sono gli stessi paradisi fiscali a cui il ministro Tremonti ha detto di aver dichiarato guerra?
Berlusconi venga in aula. C'è una nazione intera che attende di sapere qual è la verità. (www.antoniodipietro.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

domenica 17 ottobre 2010

Attacco all' informazione libera



La censura sta diventando lo sport preferito di maggioranza e governo: è stata attivata per Annozero, per il pubblico delle trasmissioni, per tutte le voci libere e, naturalmente, per l’Italia dei Valori che continua ad aleggiare come una fantasma senza voce soprattutto nel tg di Minzolini.

Ma questa sera i soliti noti ci vogliono provare con Report, il programma di Rai Tre, perché ha preparato un servizio in cui si ricostruisce l'acquisto da parte di Silvio Berlusconi di una serie di immobili nell'isola caraibica di Antigua. Il Governo attacca solo il vero giornalismo. Quello che non rinuncia al compito di cane da guardia della democrazia.

Le inchieste delle procure di Milano e Palermo che vedono coinvolto Berlusconi girano intorno ad un triangolo di 20 milioni di euro che coinvolge tre città: Milano, Lugano e Palermo. In un Paese normale, chi ricopre incarichi pubblici, e tanto più un presidente del Consiglio, se vuole avere titolo morale per rappresentare i cittadini dovrebbe spiegare la natura dei suoi affari e, in questo caso, il meccanismo di società off shore che ha messo in piedi. Ma in Italia ciò non accade e Berlusconi e i suoi dipendenti si stanno impegnando nella solita attività: screditare i magistrati e minacciare i giornalisti, colpevoli di svolgere il proprio lavoro senza guardare in faccia nessuno. Del resto, quando si avvicinano le elezioni, le voci dissonanti dal pensiero unico che Berlusconi vorrebbe imporre devono sparire del tutto.

Così dopo Santoro, adesso tocca a Gabanelli. Le intercettazioni di Trani hanno fatto comprendere a tutti da dove parte la censura e chi impartisce l’ordine. Ordini che vengono prontamente eseguiti dai lacché del padrone. (www.antoniodipietro.it)

Loro mai dentro !



I penitenziari ospitano 24mila detenuti in più rispetto ai posti disponibili. E le pessime condizioni di vita dietro le sbarre continuano ad essere causa di suicidi: sono già 55 nel 2010. Il governo ha affrontato la questione con una modalità collaudata: quella dell'emergenza. E come per ogni emergenza viene nominato un commissario con poteri straordinari per aggirare la burocrazia e non perdere tempo. Accade così che la ditta Anemone ottenga appalti (per il carcere di Sassari) attraverso gare informali finite al centro dell'inchiesta del G8 della Maddalena. Come Guido Bertolaso alla Protezione civile, anche Franco Ionta, per l'edilizia carceraria, può decidere di secretare le procedure di appalto dei contratti pubblici. Tra i suoi poteri anche quello di avvalersi, in deroga alle norme, di consulenti esterni. Ed ecco che come "soggetto attuatore del piano edilizia emergenza carceraria" viene nominato Mauro Patti, ingegnere 41enne, amico di vecchia data del ministro della Giustizia. Che garantisce per lui. "Mi sono permesso – scrive Alfano al Fatto Quotidiano - di suggerire il suo nome. Poiché è mio intento costruire le carceri senza rischiare di finirci dentro". Non è la prima volta che un ministro della Giustizia si affida a un consulente per l'edilizia carceraria. Certo, il precedente non gioca a favore di Alfano: Roberto Castelli, Guardasigilli dal 2001 al 2006, nominò Giuseppe Magni (sindaco leghista di Calco, provincia di Lecco) ex artigiano metalmeccanico ed ex grossista di pesce. La Corte dei conti e il Tribunale dei ministri indagarono Castelli per le "consulenze facili". Ma il Senato regalò al leghista l'immunità totale. (www.ilfattoquotidiano.it)
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
non a coloro che erano sul palco,
non ai ai sindacalisti con le mani morbide e un posto che li aspetta in Parlamento,
non ai rappresentanti dei partiti con gli stipendi più alti d'Europa pagati dai lavoratori.
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
non ai giornalisti presenti che vivono di finanziamenti pubblici,
non ai filosofi con il culo sempre al caldo e sempre in prima fila alle manifestazioni del popolo,
non ai cacciatori di voti con la loro bandiera pronta per le televisioni,
non ai frombolieri delle parole che non hanno mai risolto un solo problema.
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
a chi ha perso il lavoro perché delocalizzato in Cina o in Romania, ma marchiato sempre "Made in Italy", per colpa di ogni governo, di sinistra o di destra,
a chi è precario grazie alle leggi di Prodi e di Berlusconi con il silenzio assenso dei sindacati,
a chi ha perso il TFR divorato dai fondi grazie ai sindacati,
a chi ha visto migliaia di colleghi morti sul lavoro nel silenzio delle Istituzioni,
a chi ha salutato i propri figli, partiti a decine di migliaia verso altri Paesi europei dopo una laurea pagata dalla famiglia con grandi sacrifici.
Sono per gli operai, per i lavoratori di piazza San Giovanni,
non per il lavoro inutile, a ogni costo, per le centrali nucleari, la TAV in Val di Susa, la cementificazione dell'Italia, per la produzione di carcasse targate Fiat,
a questo ricatto non ci sto.
Sono per un sussidio di disoccupazione dello Stato per vivere in attesa di un lavoro, come avviene in altri Paesi europei,
sono per veri uffici di collocamento che funzionino,
sono per la lotta all'evasione, una lotta dura, implacabile, per evitare che i lavoratori dipendenti paghino sempre per tutti.
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
presi per i fondelli una volta di più da coloro che li hanno venduti,
ad applaudire persone benestanti grazie alle loro tasse,
a vederli dal vivo invece che in televisione,
ad ascoltare promesse da parte di chi non ne ha mai mantenuta una, per incapacità o per calcolo.
Sul palco gli unici autorizzati a parlare erano gli operai. Nessuno li rappresenta più. (www.beppegrillo.it)

Aggiungerei anche che sono per gli operai di piazza San Giovanni perchè hanno dato luogo ad una manifestazione corretta e pulita, nonostante l'ineffabile ministro Maroni abbia cercato di inquinarla con falsi allarmismi su inesistenti atti di violenza.

sabato 16 ottobre 2010

Indagati Berlusconi e figlio......normale

Luigi Tenco - Un Giorno Dopo L' Altro -

L’invito a comparire per Silvio Berlusconi ed il figlio Pier Silvio inviato dalla magistratura romana in merito ad un filone dell’inchiesta sui diritti televisivi, “scompare” dai titoli dei Tg Mediaset; Il Tg 5, all’interno, riporta solo le reazioni di Mediaset, degli avvocati di Berlusconi, e di Bonaiuti. Eravamo curiosi di vedere come se la sarebbe cavata Minzolini: una volta tanto, l’argomento è secondo titolo e secondo servizio, dopo gli sviluppi del caso Sarah Scazzi. Il direttore del TG 1 sa di aver meritato il ruolo di osservato speciale, soprattutto sui temi della giustizia quando questi si incontrano o sfiorano la figura di Berlusconi, e stasera si è comportato di conseguenza. Logica e scontata l’apertura sull’invito a comparire per TG 3 e Tg la 7, che dedica tutta la prima parte dell’edizione a questo nuovo braccio di ferro tra il Premier e la magistratura. Secondo titolo e secondo servizio per il Tg2,
La manifestazioni di domani della Fiom a Roma, è ripresa dal Tg 5 nei titoli solo in relazione ai rischi per l’ordine pubblico, così come,all’interno, avviene per il Tg 1; Per il TG 3 e Tg la 7 l’iniziativa nazionale dei metalmeccanici della CGIL, merita attenzione adeguata in quanto tale. Ovviamente la Fiom non esiste per Emilio Fede e Studio Aperto.
Per tutti grandi attenzioni agli sviluppi del caso Sarah Scazzi; servizi fotocopia per TG 5 e TG 1 sull’abuso del ricorso a facebook durante l’orario di lavoro; E’ una “esclusiva”, invece per il TG 1 la dotta riflessione sul perché tante star internazionali scelgono l’Italia per sposarsi. Studio Aperto ci ricorda di scaldare i motori: lunedì riparte il Grande Fratello. (ARTICOLO 21.info)

Non è un Paese per scienziati


L'accademia italiana è sempre più prigioniera di rituali comparativi e i giovani vengono tenuti ai margini o costretti all'esilio. Nei centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia la storia dei talenti nostrani non sembra essere cambiata da quando i vari Antonio Paciotti, Enrico Fermi e Antonio Meucci erano costretti a girare il mondo per far valere le proprie idee, spesso facendosi rubare i brevetti delle loro scoperte. Le loro biografie ricordano le vite di quei ricercatori che oggi, ignorati in Italia, si fanno onore negli atenei e nei laboratori di mezzo mondo, dal Mit di Boston al Cern di Ginevra. Complice un governo più attento alle televisioni che alla crescita culturale del Paese. (www.ilfattoquotidiano.it)

giovedì 14 ottobre 2010

Adesso querela anche noi !

Il direttore generale della rai (volutamente tutto in minuscolo) ha querelato Vauro per questa vignetta. Attendiamo fiduciosi la querela.

Povera Italia



Lo dice un rapporto della Caritas che corregge al rialzo le stime con cui l’Istat aveva fissato in meno di 8 milioni le persone che vivono in stato di indigenza. Senza però tenere in conto l’aumento dei prezzi che caccia al di sotto dell’asticella altri 560 mila cittadini. Aumenta il numero di coloro che chiedono aiuto, soprattutto al sud, mentre crescono gli sprechi e dilaga l’evasione. Intanto il governo straparla di bombe e dimentica welfare, scuola, ricerca. Così si va dritti allo sfascio. (LIBERAZIONE)

Senza futuro



Precari in allarme, un futuro senza pensione. E i sindacati che fanno? Tacciono. Nei giorni in cui su Internet si moltiplica il tam tam intorno al destino dei parasubordinati, i confederali sono impegnati a esprimere solidarietà e sdegno nei confronti degli attacchi con uova e vernice alle sedi della Cisl di Terni e Roma. Ma non sono loro che devono difendere i lavoratori? Se lo domandano i giovani che in Rete hanno dato il via al passaparola della dichiarazione di Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, che lo scorso 6 ottobre sulle pagine del Corriere della Sera ha chiosato al convegno dell’Ania e Consumatori: “Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Questo significa che, mentre i lavoratori che entro 12 mesi raggiungono il diritto al pensionamento possono consultare online quanto riscuoteranno, per i precari l’incertezza sulle cifre è assoluta. I contributi che pagano oggi, ovvero il 26% del loro stipendio, finisce nelle casse dell’istituto di previdenza per pagare nonni e genitori. Non certo il loro futuro.

La notizia passa in sordina sui media tradizionali ma viene rilanciata in rete, da Agoravox a Beppe Grillo, e su Facebook sono in decine di migliaia a condividere questo post di Blogosfere. La protesta sale su Internet, ma non trova una reazione adeguata dei sindacati che glissano sulla “battuta” del presidente dell’Inps. Nei commenti sui social network emerge un dato certo: i sindacati rappresentano solo i loro tesserati, ovvero chi è in procinto o già in pensione. E i giovani pensano a due alternative plausibili: lavorare in nero ed evitare di pagare i contributi. Insomma, sì all’illegalità e ai soldi sotto il materasso piuttosto di un versamento iniquo, peraltro a favore di chi ha già goduto di maggiori garanzie e tutele. (Eleonora Bianchini - IL FATTO QUOTIDIANO -)

mercoledì 13 ottobre 2010

Il sasso in bocca



Berlusconi a Masi lo aveva detto chiaro chiaro: o fermi la trasmissione o ti sostituisco con Verro (Antonio, ex dirigente Edilnord e attuale membro del Cda Rai). Così, per salvare la poltrona, il direttore generale del servizio pubblico gioca il tutto per tutto. Prima cerca di trovare consensi nel consiglio di amministrazione per licenziare Santoro per giusta causa. Poi, di fronte al coro di no, ripiega sulla sanzione più dura che ha il potere di comminare: la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio. La colpa del conduttore? Una lunga metafora sulla fabbrica dei bicchieri andata in onda durante la prima puntata e chiusa con un "vaffan..bicchiere". La federazione nazionale della stampa accusa: un sasso in bocca all'informazione. Il prudentissimo presidente della Rai Garimberti parla di "sanzione sproporzionata". Tutta l'opposizione protesta. E in attesa del ricorso presentato dai legali di Santoro, un fatto è certo: il premier sta cercando di realizzare il piano per imbavagliare definitivamente la Rai portato alla luce un anno fa dalle intercettazioni della procura di Trani. (www.ilfattoquotidiano.it)

Non è la Rai



Udite! Udite! Michele Santoro è stato sospeso per dieci giorni. Annozero, uno dei pochissimi programmi di libera informazione, non sarà trasmesso per una o due puntate. E’ una decisione inaccettabile, un’azione punitiva presa dal direttore generale della Rai, Mauro Masi. L'Italia dei Valori chiede le immediate dimissioni di questo signore. La sospensione è la conferma che l’ordine impartito da Palazzo Chigi sulle epurazioni delle voci libere e sulla censura nei confronti delle opposizioni definite “scomode” è arrivato a destinazione. Infatti, chi non ricorda quanto emerso dalle intercettazioni di Trani in cui il Presidente del Consiglio ordinava ai suoi sodali di chiudere Annozero e di cancellare l’Italia dei Valori? Tra l’altro, in quelle famose telefonate lo stesso Masi sostenne che certe minacce non si sentono neanche nello Zimbabwe.
Ma evidentemente il direttore generale non ha resistito ed ha obbedito diligentemente ai diktat del solito noto. E’ una situazione intollerabile, non degna di un Paese libero e democratico. L’articolo 21 della nostra Costituzione continua ad essere seriamente minacciato e calpestato. Il conflitto di interessi che fa capo a Berlusconi pesa come un macigno sul nostro sistema democratico, sul futuro di questo Paese. Ormai è chiaro a tutti che la lobby del Presidente per raggiungere il suo obiettivo ha bisogno di eliminare le notizie vere, e quindi scomode, e di mettere in campo conduttori addomesticati, trasmissioni frivole, clown e ballerine perché plagiano le menti e addormentano le coscienze. E’ questo il motivo per cui Annozero non “s’ha da fare”.
Il direttore generale della Rai ricordi che i contribuenti lo pagano profumatamente non per servire il suo padrone, ma per tutelare gli interessi dell’azienda pubblica e per garantire la libera informazione. L’audience e il budget pubblicitario che porta Michele Santoro con la sua trasmissione non ha eguali negli altri programmi della Rai. Un dato al quale Masi, evidentemente, non presta alcuna attenzione anche perché il suo unico intento è quello di compiacere il suo vero dante causa. L’Italia dei Valori chiede l’immediata convocazione della Commissione di Vigilanza Rai per audire Masi e difenderà in tutte le sedi competenti la libertà d’informazione e i giornalisti che non rinunciano al loro ruolo di cane da guardia della democrazia. Lo dobbiamo al Paese. (www.antoniodipietro.it)

...c'è qualcuno che ha ancora voglia di pagare il canone ?



La non partita Italia - Serbia

La regola del "non" dilaga ovunque. A Genova si è non giocata una non partita tra Italia e Serbia. Alcuni non tifosi serbi hanno lanciato dei razzi, spaccato vetri, si sono arrampicati come grossi primati sulle recinzioni. Un non spettacolo vero, di quelli che non si dimenticano. I non calciatori hanno non giocato per sei minuti. La non sicurezza in campo e sugli spalti ha trasformato gli spettatori paganti in non spettatori. Il non risultato sarà a favore dell'Italia, una non goleada per 3 a 0 come non si vedeva da tempo. Abbiamo non spezzato le reni alla Serbia. I non controlli all'ingresso da parte dei non responsabili del non stadio di Marassi hanno permesso un non incontro di calcio. Solo per caso non è avvenuta una vera tragedia ... (www.beppegrillo.it)

Sylvie Vartan - Come Un Ragazzo -

martedì 12 ottobre 2010

Profondo rosso



L’editoria è una brutta bestia. Ne è convinta anche Alessia Berlusconi, figlia di Paolo fratello del più noto Silvio, che in qualità di presidente della Pbf, holding di famiglia che controlla Il Giornale, scriveva nella relazione di bilancio a proposito del 2009: «La società e il gruppo dovranno ancora affrontare un anno difficile». Il 2009 è andato male e il 2010 produrrà altre inevitabili perdite.

Novità e conti in rosso
Nemmeno l’arrivo di Vittorio Feltri, pare con un maxi ingaggio come si conviene ai fuoriclasse («Berlusconi ha venduto Kakà per prendere Feltri» si scherzava a Milano), alla guida del Giornale l’anno scorso a luglio è riuscito a cambiare il risultato finale. Certo l’ex direttore dell’Europeo, dell’Indipendente, di Libero non ha lesinato gli sforzi, ne ha combinate di tutti i colori per raccogliere lettori, pubblicità e attenzioni. La pratica dei dossier, dal “trattamento Boffo” alle inchieste sugli Agnelli e poi su Fini fino alle sospette minacce alla Marcegaglia su cui sta indagando la magistratura, ha consentito al Giornale di invertire la rotta, di recuperare copie (+12,2% ufficiale a fine 2009, trend continuato anche quest’anno) ma Paolo Berlusconi ha messo mano l’anno scorso al portafoglio e dovrà farlo anche a fine 2010.

La See, società editrice del quotidiano fondato da Indro Montanelli - chissà se gli piacerebbe la formula di oggi? - ha chiuso l’ultimo bilancio con una perdita 17,4 milioni di euro. Per quest’anno la perdita potrebbe essere ridimensionata se la performance di vendite e di recupero di pubblicità (la cui gestione è stata affidata a Daniela Santanchè la cui società si occupa anche di Libero, ma il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, di proprietà della famiglia Angelucci, si è lamentato di esser stato trascurato perchè l’imprenditrice avrebbe un asse privilegiato con gli amici del Giornale) dovessero dare qualche soddisfazione nella parte finale dell’esercizio. Ma l’aria che tira nell’editoria non è certo entusiasmante.

E anche al Giornale ci sono novità forse propeduetiche ad altri cambiamenti. Feltri da un paio di settimane ha lasciato le redini della direzione ad Alessandro Sallusti e si è ritagliato un improbabile ruolo manageriale. Un segnale di distacco? Forse il segno della mancata realizzazione di un progetto, di cui a lungo si è parlato, come il passaggio della proprietà del Giornale a una cordata guidata dallo stesso Feltri? Per ora si va avanti così, tra qualche mese si vedrà. Potrebbe tornare di moda l’ipotesi di un maggior coinvolgimento della Mondadori, che ha una quota del 37% della società editrice del quotidiano di via Negri e ha sempre contribuito a ripianare le perdite. Segrate potrebbe anche rilevare la maggioranza del Foglio di Giuliano Ferrara, come conseguenza del divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario, azionista del giornale.

Paolo Berlusconi, intanto, deve fare i conti con una situazione delicata. Negli ultimi sei bilanci della Pbf sono state accumulate perdite per complessivi 110 milioni di euro, una cifra rilevante se si considera che accanto al Giornale, sempre in “rosso”, il fratello meno famoso e fortunato del presidente del Consiglio ha dovuto fronteggiare altre delusioni: la liquidazione della Solari.com (società creata per produrre e vendere decoder, finanziati dal governo Berlusconi...), la triste fine della controllata International Biomedical System, per non parlare della sfortunata avventura nelle metociclette con la Garelli. In più Paolo Berlusconi non può nemmeno consolarsi con il golf visto che il green di Tolcinasco, luogo modaiolo alle porte di Milano, è in perdita e l’anno scorso è pesato sui conti del gruppo per oltre 4 milioni di euro.

Fino a quando la holding di Paolo Berlusconi potrà sopportare questi bilanci in “rosso”? La salvezza sta in famiglia. Il fratello Silvio, patrimonialmente ben più solido di Paolo, non ha mai fatto mancare il proprio sostegno fin dai tempi di Montanelli, e ha confidato all’onorevole Bocchino, che deve «staccare un assegno di 10 milioni all’anno» per Il Giornale. Il presidente del Consiglio non si tira indietro per sostenere il fratello nella sistemazione dei conti, anche se ogni tanto fa finta di esser infastidito dalle aggressive campagne di Feltri. La Fininvest ha comprato anche il palazzo che ospita la redazione. Il premier è generoso. Ma, prima o poi, dovrà risarcire centinaia di milioni a Carlo De Benedetti per il Lodo Mondadori. E allora da qualche parte bisognerà tagliare. (Rinaldo Gianola - L' UNITA' -)
I 700 loghi con il Sole delle Alpi sono stati "oscurati" dalla scuola Gianfranco Miglio. Che potrebbe anche cambiare nome. C'è voluta una presa di posizione del dirigente scolastico e dei genitori dei bambini per mettere in minoranza Oscar Lancini e il blocco granitico dei lumbard, che aveva tirato dritto anche di fronte ai richiami del ministro dell'Istruzione e del presidente della Repubblica. La vicenda, comunque, non indebolisce la potenza della Lega Nord. L'idea di Umberto Bossi, già illustrata a Silvio Berlusconi, è quella di accorpare alle elezioni amministrative di marzo anche le regionali in Lombardia, per ottenere anche il Pirellone, ad appena un anno dalle ultime elezioni. Unico ostacolo al progetto è Roberto Formigoni. Ma il Cavaliere è già al lavoro per trovargli una collocazione prestigiosa a Roma. Le esperienze degli ultimi vent'anni insegnano che gli obiettivi del Carroccio, anche quando appaiono irrealizzabili, vanno presi sul serio. (www.ilfattoquotidiano.it)
La Muraglia Cinese è calata sul premio Nobel Liu Xiaobo, il dissidente vincitore del premio Nobel per la Pace che sta scontando 11 anni per attività "sovversive". Le autorità cinesi si sono alterate per il riconoscimento e non vogliono farlo sapere a nessuno in Cina, forse per eccessiva modestia. Su Internet sono stati cancellati i commenti su Xiaobo e ogni messaggio con il suo nome. Persino nei motori di ricerca Xiaobo non esiste, come non sono mai esistite Tienanmen e le repressioni in Tibet. Il WTO va bene per i cinesi per fare circolare le loro merci, ma il premio Nobel molto meno, perché a circolare sono le informazioni e le idee. Non credo che sia accettabile, se il mercato è globale, lo sono anche le notizie. A proposito, quante imprese italiane hanno delocalizzato in Cina mantenendo il marchio made in Italy e quante stanno protestando per la mancanza di diritti civili? (www.beppegrillo.it)

lunedì 11 ottobre 2010


Il ministro La Russa con la proposta di armare i caccia ha gettato la maschera: il nostro Paese è in guerra. Peccato che l’articolo 11 della Costituzione reciti: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali..”.
Ma questo Governo che tutti i giorni fa carta straccia dei principi della nostra democrazia va avanti per la sua strada: vuole portare nelle aule parlamentari la questione relativa alle dotazioni dei cacciabombardieri. Come se le bombe fossero una soluzione a questa guerra assurda. L'Italia dei Valori non solo si opporrà a questa ipotesi guerrafondaia, ma chiederà, ancora una volta, il ritiro immediato delle truppe italiane dall'Afghanistan. Adesso basta! Riportiamo a casa i nostri ragazzi. Quella che era iniziata come missione di pace ha cambiato natura e, ad oggi, è stata teatro solo di lacrime e lutti. Per questa tragica avventura il nostro Paese ha stanziato 700 milioni di euro l’anno e ha inviato circa 3500 militari per la missione Isaf a guida Nato.
Quanti sono gli italiani che vogliono questa guerra? Quanti sono d'accordo sul fatto che centinaia di milioni di euro vengano dirottati annualmente dalle casse dello Stato a quelle delle grandi multinazionali delle armi? Che ci facciamo ancora in un posto dove i nostri soldati sono esposti al rischio di morte un giorno sì e l'altro pure? E ci dimentichiamo che si tratta in fin dei conti di una guerra per l'oppio, per il rifornimento energetico di gas, per tenere sotto controllo postazioni strategiche?
Sui quei territori la situazione in questi ultimi dieci anni non è certo migliorata: la corruzione impera, il processo democratico non è stato mai avviato, i signori della droga ne approfittano per alimentare i propri affari mentre le condizioni delle popolazioni locali rimangono pessime. Insomma, questa missione è un fallimento su tutti i fronti. Il Governo dovrebbe spiegarci com’è possibile che 34 militari italiani siano stati uccisi in una missione definita di pace, svenduta ai media come un'operazione necessaria per esportare la democrazia. Cosa c'è di pacifico e democratico in questo massacro infinito dove ogni giorno cadono innocenti civili e militari? L'Italia è stanca di questa guerra sanguinaria, è stanca di piangere altri morti, com'è stanca di questo Governo. (www.antoniodipietro.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

domenica 10 ottobre 2010

Come volevasi dimostrare



"Spero che Vincenzo De Luca non si ricandidi. Ma se lo farà non avrà il nostro appoggio. Ha rotto un patto di fiducia con noi. Non possiamo più ridargliela". Lo dice il leader dell'Idv Antonio Di Pietro, che parla di aspettative tradite da parte dell'esponente Pd, "omologato ai pensieri e alle politiche di Berlusconi". Il no dei dipietristi alle candidature di inquisiti era stato derogato a febbraio proprio per sostenere il sindaco di Salerno alle regionali campane: "Accettai per senso di responsabilità. Aveva stretto con noi un patto fondato sulla questione morale, garantendo che avrebbe rinunciato alla prescrizione nel processo sulla discarica di Ostaglio. Invece è venuto meno alle sue stesse promesse". (www.ilfattoquotidiano.it)


Era scontato, caro onorevole Di Pietro. I suoi elettori avevano riempito di commenti negativi il suo blog e la pagina di facebook, affinchè lei non avallasse la candidatura di questo individuo a governatore della Campania, ma lei è stato sordo alle richieste. Purtroppo questo è un punto pesante a suo sfavore !

Informazione a orologeria

In attesa di sapere dai giudici se il Buono, il Brutto e il Cattivo hanno commesso reati, una cosa già si sa per certo: tanto per cambiare il trio del Giornale racconta un sacco di balle. Mortimer Sallusti: “Lunedì ho scritto che i Pm ci intercettano e Travaglio mi ha dato del mitomane. Ora si vede che non lo ero”. Due balle in due righe: non ho mai scritto che Sallusti è un mitomane e soprattutto né lui né Porro sono stati intercettati (il telefono controllato era quello del portavoce della Marcegaglia, Rinaldo Arpisella, al quale Porro inviava sms e telefonava minacciando o millantando dossier). Porro: “Era uno scherzo, una gag con un amico che conosco dal ‘94”. Strano, al telefono dice ad Arpisella: “Questa è la quinta telefonata che ti faccio in cinque anni”. In ogni caso l’amico prende subito la gag per una minaccia. Forse perché, quando chiede a Porro “davvero o è una boutade?”, quello risponde: “Un po’ è vero”. Nessuno, alla notizia di un dossier del Giornale sulla Marcegaglia subito dopo le sue critiche al governo, pensa a uno scherzo. Non Crippa, braccio destro di Confalonieri (“Se parte Feltri va avanti due settimane”). Non la Marcegaglia, che chiama Confalonieri (“Ho sicuramente percepito l’avvertimento di Porro come un rischio reale e concreto”). Non Confalonieri, che chiama Feltri e poi richiama la Marcegaglia. Per dirle che era tutto uno scherzo di Porro? Che Feltri non ne sa nulla? No, che “è tutto a posto, il Giornale ha desistito” (lo racconta lei ai Pm). Desistito da cosa? Non certo dalle gag.

Feltri dice che la prova dello scherzo sta nel presunto movente delle minacce: ottenere un’intervista dalla Marcegaglia, figurarsi, chi se ne frega di quella “rompicoglioni”. Purtroppo Porro non chiama Arpisella per avere un’intervista, ma perché la Marcegaglia, sul Corriere, ha criticato il governo B. e le campagne anti-Fini: “Al Giornale erano piccati per le mie dichiarazioni contro l’azione del governo”. È normale che un giornalista si lagni col portavoce del presidente di Confindustria perché ha criticato non lui, ma il governo? Queste crisi d’identità capitano ai giornalisti che lavorano per il capo del governo. In un altro Paese, si direbbe “conflitto d’interessi”. E non solo al Giornale, visto che Arpisella garantisce che Marcegaglia ha “concordato” la nomina di Riotta a direttore del Sole 24 Ore “con il benestare di Berlusconi e Letta”. Complimenti vivissimi. Dopo anni passati a sentire le geremiadi berlusconiane contro l’“uso politico della giustizia” e la “giustizia a orologeria”, abbiamo una prova su strada dell’uso politico dell’informazione e dell’informazione a orologeria.

Appena qualcuno critica o danneggia B., gli house organ sparano a vista. Per questo ogni paragone fra il Giornale (o Libero, anzi Occupato) e i giornali normali suona fesso. Quando la Santanchè (parlamentare del Pdl e concessionaria pubblicitaria prima di Libero,ora del Giornale), Sallusti (prima vicedirettore di Libero, ora del Giornale) e Belpietro (prima direttore del Giornale e di Panorama, ora di Libero) tirano in ballo le inchieste del Fatto su Schifani, fingono di non capire la leggera differenza. Noi, quando abbiamo una notizia, la pubblichiamo e, se dobbiamo criticare qualcuno, lo critichiamo. Il Giornale e Libero non hanno mai scritto un rigo contro Fini finché non ha iniziato a dissentire da B. Noi, prima di scrivere di Schifani, gli chiediamo se ha qualcosa da rispondere, non preannunciamo al suo portavoce che “gli rompiamo il cazzo per venti giorni”, salvo poi non scrivere niente perché quello chiama il padrone (nel nostro caso non saprebbe chi chiamare). Feltri, il 14 settembre 2009, intimò a Fini di rientrare nei ranghi (“Ultima chiamata: o cambia rotta o lascia il Pdl”): “Oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente – per dire – ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse di personaggi di An per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme”. Noi, con tutti i nostri limiti e difetti, siamo giornalisti. Loro che cosa sono? (Marco Travaglio - IL FATTO QUOTIDIANO -)

.....servi, caro Marco, servi a libro paga.