lunedì 28 febbraio 2011

Primarie, il trionfo di Fassino a Torino



L’applauso arriva alle dieci di sera quando Piero Fassino, commosso come poche altre volte lo si era visto, esce dalla sua stanza nel Comitato elettorale e sì, adesso lo può dire, ha vinto le primarie. I dari che arrivano, seppur parziali, non lasciano dubbi. Stravince secondo gli exit pool che lo danno tra il 48 e il 51% contro il 24/28% di Davide Gariglio, mentre i dati reali di 15 seggi su 75 lo danno oltre il 50%.

Gariglio ho ha appena chiamato riconoscendogli la vittoria. Ha perso la partita «della vita», come l'aveva definita, il consigliere regionale che fino a qualche giorno fa pensava davvero di poter insidiare l'ex ministro. Ma qui nel suo quartier generale, in via Pietro Micca, poco distante dalla sede di Gariglio, già a metà pomeriggio davanti ai dati dell'affluenza l'umore era alle stelle. Perché l'unica previsione davvero esatta era quella che aveva fissato una vittoria di Fassino tanto maggiore quanto più alto sarebbe stato il numero dei votanti.

In queste settimane di campagna elettorale ha macinato chilometri, girato decine e decine di mercati, di bocciofile, «accidenti quante ce ne sono», incontrato migliaia di persone perché da politico navigato quale è sapeva bene che nulla era scontato. E così si è «riconnesso» con la sua città , quella dove aveva iniziato la sua carriera politica e dove negli ultimi anni era sempre tornato come alto funzionario, segretario Ds, ministro ma il suo sogno era quello di starci da primo cittadino. Qui ha messo in gioco tutto, perché se Gariglio ha definito questa delle primarie la battaglia della sua vita, per Fassino era la battaglia delle battaglie. «Ero certo che sarebbe andata così perché durante la campagna elettorale ho avvertito un grande calore», racconta.
Cesare Damiano si gira verso Mimmo Lucà «finalmente un'occasione per festeggiare», ci sono Giorgio Merlo, Magda Negri, il bindiano Mauro Marino. Fassino ringrazia tutti, «un risultato straordinario, un così alto numero di votanti si era registrato soltanto per le primarie di Prodi». Da Roma lo chiama il segretario Pd, Pier Luigi Bersani. «A Torino è stata una straordinaria giornata di partecipazione politica. Ne vengono un segnale per tutto il Paese e un grande incoraggiamento per noi. Voglio ringraziare – dice – il Pd di Torino to tutti i cittadino che hanno partecipato alle primarie e i candidati che hanno dato luogo a un confronto vero e appassionato». Su Torino si giocava una partita che andava ben oltre i confini cittadini, il Pd non si sarebbe potuto permettere di restare vittima ancora una volta di un suo strumento. «Attorno a Piero Fassino – dice adesso Bersani - che ha ottenuto un risultato di straordinaria ampiezza, si raccoglieranno ora tutte le forze del Pd e del centrosinistra in vista della sfida elettorale, che vinceremo».

Aver vinto le primarie a Torino è giàsentirsi un po' sindaco, qui la destra fatica ad affermarsi e non è un caso se ha aspettato di conoscere il candidato del centrosinistra per decidere il proprio: alla luce dei fatti potrebbe toccare a Michele Coppola, assessore regionale alla cultura o Agostino Ghiglia, vicecoordinatore Pdl Piemonte, destinati a combattere una battaglia persa. «Vai Piero», urlano i suoi supporter e Piero sorride timidamente mentre si avvia verso la sede del Pd, perchè stasera a Torino si festeggia.

L'alta affluenza ha affondato in un colpo tutti i complicati dibattiti su come i poteri forti avrebbero condizionato o blindato il voto. Tutto spazzato via da quei quasi 53mila torinesi che ieri si sono messi in fila e hanno scelto il loro candidato. «La fase della mia successione inizia nel migliore dei modi», commenta Sergio Chiamparino, mentre Davide Gariglio assicura che da oggi collaborerà con il vincitore perché questo è il primo round, il secondo a maggio. (Maria Zegarelli - L'UNITA' -)

S'invoca da tanto nel centro sinistra l'avanzata di volti nuovi, di idee innovatrici, di spinta giovanile, a Torino rispolverano Fassino !

Afghanistan : invertiamo la marcia


Oggi un altro militare italiano è stato ucciso in Aghanistan e altri quattro sono rimasti gravemente feriti. Il tenente Massimo Ranzani aveva 37 anni, era nato a Ferrara, ed è la trentasettesima vittima italiana.
Per prima cosa voglio affermare tutta la mia più sincera vicinanza e solidarietà e la mia profonda commozione alla famiglia del tenente Ranzani e a quelle dei quattro alpini feriti, che mi auguro possano guarire e tornare tra noi al più presto.
Però subito dopo sento il dovere di dire forte e chiaro che questa catena di morti inutili deve finire subito. Stavolta non ci sto alla retorica per cui in simili momenti bisogna tacere sennò ti accusano di strumentalizzare il dolore, e non accetto più il ricatto per cui se dici la verità vuol dire che non ami il tuo Paese.
Quella retorica non è amor di patria, sono trucchi per evitare di assumersi le proprie responsabilità morali e politiche e per non dire la verità agli italiani. La verità è che in Afghanistan è in atto una guerra civile, e le nostre truppe sono lì per appoggiare un signore della guerra contro gli altri suoi pari, non per combattere il terrorismo.
La verità è che la nostra permanenza in Afghanistan è del tutto inutile e dunque è in nome del niente che stiamo mandando tanti nostri giovani a rischiare la vita. Ed è ora di finirla.
Italia dei Valori non ha votato il rifinanziamento della missione, e io personalmente sono orgoglioso di non averlo fatto, perché oggi la responsabilità di questa nuova tragedia ricade tutta sul governo che ha voluto e vuole continuare la missione contro ogni ragionevolezza e di tutti quelli che nella maggioranza e nell’opposizione hanno votato il rifinanziamento.
La cosa più vergognosa è il fatto che molti di quelli che hanno votato per proseguire la missione lo hanno fatto sapendo perfettamente che si tratta di una guerra sbagliata e di un intervento inutile. Lo hanno fatto per calcolo e cinismo non per un errore di valutazione. E questo quando si parla della vita e della morte o delle ferite gravi di tanti ragazzi e giovani uomini è eticamente e politicamente inaccettabile.
Per questo io oggi chiedo almeno a tutti di invertire la marcia e assumere una posizione chiara e coraggiosa dicendo apertamente che la missione italiana in Afganistan deve terminare subito. (www.antoniodipietro.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

domenica 27 febbraio 2011

La scuola pubblica


Bondi vuole dimettersi



«Ho già chiesto più volte al presidente del Consiglio di essere sostituito. Vorrei dimettermi e spero che accetti le mie dimissioni al più presto». Intervistato dal Corriere della Sera, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi afferma di voler «sparire dalla prima linea».

«Voglio dedicarmi alla mia famiglia, alla mia compagna», ma anche «fare il senatore e continuare a lavorare a fianco del presidente Berlusconi», spiega il coordinatore del Pdl. «Spero che nelle retrovie io possa trovare un minimo di terreno utile a fare quello che per me significa la politica: un confronto di idee e impegno per il rinnovamento del Paese». Bondi ammette che «non è normale» il fatto di non andare più al dicastero ma, precisa, «non ho mai cessato i miei doveri di ministro, anche se sono consapevole di molte sconfitte. Ultimi i miei interventi per il decreto Milleproroghe, anche se pure questi non sono serviti a ottenere risultati positivi».

Il responsabile dei Beni culturali racconta di aver «vissuto la mozione di sfiducia come una grande lacerazione». «Per tre mesi sono stato sotto attacco dell'opposizione in maniera violenta e non ho ricevuto nessuna solidarietà. Sono stato lasciato solo».

Bondi accusa Casini, reo di aver votato a favore della mozione di sfiducia. «Sono stato l'unico dentro al Pdl a tenere sempre una porta aperta nei confronti del suo partito, lui mi ha ricambiato con un atteggiamento barbaro». (L'UNITA')

Se l'Italia va giù, il suo impero va su


Leggendo i giornali di questi giorni, si capisce perché Silvio Berlusconi continua a ripetere che la crisi è finita e che in Italia, grazie a lui, quasi non c'è stata per niente. A prima vista sembra la solita balla, casomai un po' più fragorosa delle altre. Nel 2010 infatti la disoccupazione nelle grandi industrie e nei servizi, secondo i dati comunicati negli ultimi giorni dall'Istat, non è affatto migliorata rispetto all'anno prcedente. Al contrario: le cose sono andate peggio.
L'occupazione, in un anno, è diminuita dell'1,6% sommando disoccupati e cassintegrati, ma anche se non si tiene conto della cassa integrazione nelle aziende con più di 500 dipendenti l'aumento della disoccupazione raggiunge l'1% in più rispetto al 2009. Nei servizi la musica è la stessa. Dal dicembre 2009 a quello del 2010, la disoccupazione è cresciuta dell'1,3%. Nel complesso, scopriamo che quelli del 2010 sono i dati più negativi dal 2006, dunque da ancora prima che iniziasse la crisi
Ma allora perché mai Berlusconi insiste nel dire che la crisi non c'è mai stata e se c'è stata è già finita? Semplice: perché nelle sue aziende è proprio così. Ma quale crisi! Tutt'al contrario. Lui personalmente in quello stesso 2010 ha incassato 118 milioni di euro di dividendi, Marina 12 milioni, Piersilvio 5, gli altri tre figli una decina.
Non sono proprio spiccioli ma nemmeno il grosso della fortuna del caimano. Il tesoro di famiglia, messo insieme negli anni in cui Berlusconi ufficialmente si dedicava solo alla politica, è molto più grande. Le società del capostipite hanno in cassa 544 milioni di euro, quella della primogenita 98, il primo maschio ha ben 213. milioni Sono stati anni fortunati anche per i figli di Veronica: 359 milioni di euro fra tutti e tre.
Si capisce che Berlusconi di crisi non voglia neppure sentirne parlare. Per lui e per la sua famiglia questi ultimi anni sono stati la gallina dalle uova d'oro e per Berlusconi l'importante è sempre e solo quello che succede a lui. Del resto del paese, delle centinaia di migliaia di disoccupati e di cassintegrati quasi non se ne accorge nemmeno.
Sedici anni fa, quando è entrato in politica, Berlusconi si trovava con l'acqua alla gola, sull'orlo del fallimento e con la paura di finire presto sotto processo. Ha fondato il suo partito per dare una mano non al paese ma a se stesso, e sinora bisogna dire ce l'ha fatta. Non solo ha salvato le sua aziende ma ha ricominciato ad arricchirsi come nessun altro e si è inventato tutte le leggi che gli hanno permesso di non essere mai condannato, non perché innocente ma perché prescritto.
Purtroppo questa brillante operazione qualcuno doveva pur pagarla, e basta andare a guardare le tabelle della crisi e della disoccupazione per capire a chi negli anni dei governi Berlusconi è andata male. Ai cittadini e ai lavoratori, alle aziende, all'economia del paese. A tutti gli italiani, ma non a quelli che di cognome fanno Berlusconi. (www.antoniodipietro.it)

sabato 26 febbraio 2011

Un "leale" deputato

mah ! Visti i precedenti direi di non dimenticare il nome di questo "leale" deputato. Non si sa mai che un domani possa essere folgorato sulla via di Arcore.

venerdì 25 febbraio 2011

Il Rais arringa la folla in piazza


Scontri nella capitale dopo la preghiera del venerdì. Morti e feriti, i manifestanti conquistano l'aeroporto internazionale e si dirigono verso l'abitazione-bunker di Gheddafi. Ma il Rais si presenta nella piazza verde di Tripoli per parlare ai suoi sostenitori. Obama telefona a Sarkozy e Cameron: ipotesi embargo e caschi blu. Il presidente Napolitano da Berlino: "No a vittimismi di fronte all'emergenza immigrazione". Dopo la controffensiva di ieri, le milizie anti-Gheddafi hanno conquistato definitivamente Misurata, città a duecento chilometri dalla capitale Tripoli. Intanto lunga serie di telefonate del presidente degli Stati Uniti Barack Obama ai partner europei. Nessuna ipotesi è esclusa. Francia e Gran Bretagna propongono all'Onu una risoluzione per l'embargo, mentre il segretario della Nato Rasmussen ha convocato un vertice straordinario dei ministri degli esteri per valutare gli interventi. Il bilancio del conflitto resta incerto. Intanto il prezzo del petrolio europeo è schizzato oltre i 120 dollari al barile. E le conseguenze cominciano a farsi sentire: il prezzo della benzina sfiora i record del 2008. (www.ilfattoquotidiano.it)


...che il prezzo della benzina è salito me ne sono accorto un'ora fa !!!!

Le vignette di Vauro ad Annozero del 24 02 2011

Marco Travaglio ad Annozero del 24 02 2011

giovedì 24 febbraio 2011

Sputtanamento del miglior capo di governo degli ultimi 150 anni

Un fenomenale paraculo, aggressione fai da te

L'offensiva di Gheddafi



Bombardamenti su Zawia e Misurata. E' iniziato questa mattina il controattacco del Rais. E già si contano decine di morti. Intanto, il ministro Maroni rilancia l'allarme esodo. Fonti dell'Aja parlano di migliaia di vittime e 50mila feriti, mentre Frontex, l'agenzia europea per l'immigrazione, lancia l'allarme su un possibile esodo dal Nordafrica verso Italia, Grecia e Malta. Il gruppo Aqmi, legato ai terroristi di Bin Laden, prende una posizione netta a favore dei dimostranti. Il colonnello ieri è apparso ieri sulla tv di Stato chiamando in causa tra i "nemici" anche il nostro Paese. Ma nelle piazze continuano le violenze contro i manifestanti. In un vertice a palazzo Chigi si parla del rischio che nel nostro Paese arrivino 300mila migranti in fuga dalla Libia. A preoccupare è anche l'economia globale. Il prezzo del petrolio è schizzato oltre i 100 dollari al barile mettendo a rischio la fragile ripresa economica mondiale. (www.ilfattoquotidiano.it)

Fermiamo il massacro in Libia



Muhammar Gheddafi non è solo un dittatore e un tiranno. E’ un macellaio che non esita a massacrare e bombardare il suo popolo pur di restare al potere. Io trovo, prima che politicamente, moralmente inaccettabile che il presidente della commissione Esteri del Senato del mio paese, Lamberto Dini, affermi che “L’Italia non auspica la fine del Colonnello”.

Sono parole che aumentano la vergogna che sta ricadendo sull’Italia per colpa di chi la governa e che svelano quanto bugiarda e ipocrita sia la presa di posizione di Berlusconi contro Gheddafi, arrivata tardi e quando era ormai impossibile continuare a tacere per non disturbare il massacratore.
Dopo quel è successo negli ultimi giorni in Libia, non è più questione di parole. Prendere le distanze non può bastare. Il governo italiano ha sottoscritto con la Libia un patto scellerato, votato con immensa cecità anche dal Pd, e bocciato solo da noi dell’Italia dei valori e dall’Udc. Con quel patto, l'Italia si è impegnata a pagare Gheddafi, a non impicciarsi degli affari interni libici e a rifornirlo di armi in abbondanza. Lui, in cambio, si incaricava di fermare gli immigrati africani che cercavano di partire dalle coste libiche. Lo ha fatto con gli stessi metodi che sta usando oggi contro chi protesta.

Ha riempito i lager, ha dato ai suoi soldati licenza di stuprare in massa le donne emigrate dagli altri paesi africani, ha cosparso il deserto di cadaveri. L'Italia ha fatto finta di non vedere. Ha dato a Gheddafi licenza di uccidere e non voleva sapere altro. Ora non possiamo più tacere e fare finta di niente.

Ma per una volta la colpa di questa situazione che rende l’Italia complice di un assassino di massa non è solo di Berlusconi e nemmeno solo della politica. L’intreccio di interessi tra l’Italia e Gheddafi è spaventoso. Oggi sul quotidiano “Repubblica” c’è un prospetto degli interessi libici in Italia tale da far drizzare i capelli sulla testa.

Il governo libico è il primo azionista di Unicredit. Detiene il 2% delle azioni di Finmeccanica, una percentuale uguale delle azioni Eni, il 14,8% delle azioni di Retelit, la società controllata da Telecom che si occupa della fornitura di servizi per la banda larga. Controlla anche il 7,5% della Juventus, e anche uno come me, che è tifoso juventino da tutta la vita, quando viene a saperlo si chiede come i tentacoli del dittatore libico abbiano potuto estendersi tanto nel nostro Paese.

A tutto questo, poi, vanno aggiunti gli appalti delle opere in Libia, che grazie ai buoni uffici del governo sono stati affidati ad aziende italiane, e le forniture di gas, che rendono l’Italia dipendente dalla Libia per il proprio fabbisogno energetico. Ciò significa che quando si è trattato di fare affari e soldi, le aziende e la politica italiane non ci hanno pensato sopra un momento prima di ignorare i diritti umani e civili di un popolo.

Cosa dobbiamo fare ora noi italiani? Dobbiamo preoccuparci di offrire il massimo aiuto umanitario alla popolazione libica. Dobbiamo inviare le nostre navi e fare il possibile per sostenere quella gente che in questo momento è esposta a tragedie di ogni tipo. Però dobbiamo fermarci agli aiuti umanitari senza nemmeno prendere in considerazione interventi militari. Sappiamo già come andrebbe a finire. Ci troveremmo impigliati in una situazione dalla quale non sapremmo più come uscire, e dopo un po’ finiremmo complici di questo o quel signore della guerra, come è successo in Afghanistan.

Ma ancora prima dobbiamo annullare il patto scellerato italo-libico che ci rende a tutti gli effetti complici attivi del regime massacratore di Gheddafi. Quell’accordo deve essere stracciato subito. E ci aspettiamo che a chiederlo con noi, riconoscendo l’errore commesso votando a favore di quel patto, sia anche il Partito democratico. (www.antoniodipietro.it)

mercoledì 23 febbraio 2011

Flop di Apicella



Mariano Apicella, il cantore preferito di Berlusconi, ha dovuto annullare un concerto al Teatro Arcimboldi di Milano in cartellone il 10 marzo. Sul circuito Ticketone aveva venduto un solo biglietto. Un flop indiscutibile. Il cantante napoletano sfodera una giustificazione “politica”: “si vociferava di manifestazioni” di protesta in chiave Rubygate. Può essere. Eppure che un circuito importante e diffuso come Ticketone abbia piazzato solo una poltrona (per di più nella città in cui regna il centrodestra) significa che almeno in questi giorni non basta essere il cantante-chitarrista alla corte di Silvio per avere in dote gloria e pubblico pagante.
La sala, progettata da Vittorio Gregotti, contiene 2.400 posti. È molto capiente e bella. Regge impatti forti. La riempiono rockstar come Ligabue, come ricorda Giuseppe Manzoni, consigliere delegato dei Pomeriggi Musicali, gestore degli Arcimboldi: «Noi avevamo affittato la sala come programmazione esterna – spiega - Io non faccio censure di nessun genere, ma gli Arcimboldi sono il teatro che ospita Ligabue, i grandi concertisti, hanno 2400 posti, non credo che Apicella avrebbe potuto riempirli».

Stando alle prevendite, il 10 marzo era un “forno” (un teatro semi o totalmente vuoto) annunciato. E il contratto con l'artista del melodico partenopeo è stato annullato prima ancora della firma finale. «Noi non ci abbiamo rimesso nulla e quindi per noi la storia si chiude così, si è parlato di un rinvio ma non so se si concretizzerà qualcosa - ha chiarito Manzoni -. Gli organizzatori di spese invece ne avevano già sostenute, a cominciare dai manifesti che sono già in giro».
Apicella volge la lettura politica in chiave di proteste e non di fan mancati. «Lo spettacolo è stato cancellato - ha detto Apicella - perché si vociferavano manifestazioni contro lo spettacolo. Sia io che l'organizzazione abbiamo ritenuto giusto cancellare la data per non cadere in questi tranelli spiacevoli». «Tutti i miei spettacoli sono senza riferimenti politici», ha tenuto a dire. «Ho avuto la fortuna nella vita di essere amico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e tutto ciò comporta una serie di conseguenze, che però non c'entrano nulla con la mia persona. Però, l'Italia è un paese in cui si vive in questo modo». Anche il premier peraltro vive in un certo modo... (L'UNITA')

Nemmeno lontanamente sorge il dubbio al povero Apicella che artisticamente non vale una pippa !!

Non si può dire quel che si pensa

Sanremo è riuscito a scatenare sui giornali il solito faziosismo. Sallusti, il direttore del Giornale (da scritturare come autore di satira), ha commentato le cinque serate con il seguente titolo: “Da festival a festa dell’Unità”. Sallusti prende spunto, forse, dal fatto che a condurlo è Morandi, grande professionista ma di sinistra, da Vecchioni, il vincitore, che ha cantato “per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendoci il pensiero”, grande cantautore ma frequentatore di girotondi, da Roberto Benigni, un poeta vero, la cui performance sull’esegesi dell’Inno d’Italia ha trasformato una serata, un po’ retorica, in una lezione sui valori dedicata a una classe dirigente che non riesce in alcun modo ad arginare il disastro sociale della società: parentopoli, vallettopoli, puttanopoli, P3, corruttopoli, bunga bunga, affittopoli.

Aldo Grasso sul Corriere della Sera, pur di colpire i soliti programmi Rai (chissà perché ce l’ha tanto con Floris e Santoro?), è riuscito a scrivere che l’unica trasmissione che ha resistito agli ascolti di Sanremo è stata Zelig di Canale 5 che ha totalizzato il 13,44 di share (10% in meno rispetto alla media). Tralasciando che Sanremo (Rai1) ha fatto grandi ascolti ma a stravincere sulle tv concorrenti è stata l’offerta complessiva della Rai: Ballarò 14,53%, Chi l’ha visto? 10,71, Annozero, nonostante Benigni con un picco di oltre 18 milioni di telespettatori, 14,13%, mentre sabato, contro la finale, Fazio con Che tempo che fa (protagonista Teo Teocoli) ha realizzato il 10,25 di share.

Evidentemente per il maestro Grasso quello che è “discreto” per Mediaset non lo è per la Rai. Che il Festival di Sanremo fosse libero nelle canzoni mentre nella satira assomigliava a una macchina che affronta la salita con il freno a mano tirato lo si è capito subito dalla prima serata quando Luca e Paolo hanno interpretato Ti sputtanerò, in perfetto stile bipartisan, un colpo a B. e un colpo al nemico di B. Fini, un colpo alla destra e un colpo alla sinistra. Tutto liscio fino all’ultimo minuto quando Luca ha liberato quel freno che ormai stava per prendere fuoco: “Ma che bipartisan, a me non me ne frega un cazzo: è possibile che in questo Paese uno non possa dire quello che pensa?” (Loris Mazzetti -IL FATTO QUOTIDIANO -)

martedì 22 febbraio 2011

Gheddafi, uno di noi



La meraviglia è una dote degli italiani. La sorpresa di fronte all'impensabile, ma solo perché nessuno ci aveva voluto pensare, è una caratteristica nazionale. Abbasso Gheddafi, il sanguinario dittatore beduino, il genocida del suo stesso popolo, lo stragista di migliaia di libici innocenti. Sì, d'accordo, ma nessuno ha mai detto nulla all'Eni di Scaroni, alla Juventus degli Agnelli, all'Impregilo di Romiti, alla Finmeccanica o all'Unicredit di nonsipapiùchi? La mamma non li ha informati prima che si sposassero con Gheddafi? Aziende italiane con enormi interessi nella Libia e partecipazioni azionarie dirette da parte del Paese responsabile dell'attentato di Lockerbie. La cittadina scozzese dove morirono le 259 persone del volo Pan Am insieme a 11 abitanti. Il più sanguinario atto terroristico prima delle Torri Gemelle? Qualcuno ha alzato un dito in quarant'anni contro chi ha spogliato di tutti i beni e cacciato da un giorno all'altro come dei cani gli italiani che vivevano in Libia da decenni? Anzi, è avvenuto il contrario. Gheddafi è stato protetto, riverito, accolto come il garante della mitica Quarta Sponda dell'Italia. Non è un mistero che la sua aviazione militare sia stata addestrata in Italia e neppure che i nostri servizi segreti lo abbiano più volte avvertito di minacce e attentati. Si dice che sfuggì alla morte durante il bombardamento ordinato da Reagan grazie a informatori italiani. Gheddafi è uno di noi, che lo si voglia o meno, che lo si accetti oppure no. Il baciamano di Berlusconi è solo l'ultimo episodio, il più plateale e indecoroso per gli italiani, di un rapporto lungo decenni. Gheddafi salvò la Fiat alla fine degli anni' 70 con i suoi capitali, nessuno si indignò. Abbiamo barattato petrolio con armi e assistenza militare, energia con la perdita del pudore della nostra democrazia. E ora, giustamente, ci indigniamo. La meraviglia è dei bambini e degli ipocriti. L'Italia è il Paese delle Meraviglie e dell'Ipocrisia. Gheddafi ha dichiarato che rimarrà fini alla morte. L'Italia perde un suo fedele alleato che ha già rinnegato. Gheddafi? Ma chi lo conosce? (www.beppegrillo.it)

Gheddafi resta fino alla morte

Il colonnello parla alla nazione dalla capitale libica: "Sono leader rivoluzionario, resterò a capo della rivoluzione fino alla morte". E ancora: "I manifestanti sono ratti mandati dai servizi segreti". Appello ai suoi sostenitori: "Uscite e andate a sterminarli". Accuse a Usa e Italia: "Da loro razzi per i dimostranti di Bengasi". La situazione è sempre più drammatica: secondo Al Jazeera sono ripresi i bombardamenti sui manifestanti che chiedono la fine del regime. Centinaia di morti nella sola Tripoli. Oggi ne discute il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Eni: sospesa fornitura di gas attraverso Greenstream. (REPUBBLICA)

La fine di un tiranno

Ecco il crepuscolo di un tiranno. Lo ricordiamo in Italia agghindato come la brutta copia di Michael Jackson, circondato da centinaia di belle amazzoni da far tirare su l'arnese a Berlusconi, da una nutrita schiera di beduini pronti a far scacazzare i propri destrieri nel centro di Roma, una tenda allestita seguendo i suoi desideri...e adesso ? Raggomitolato in un mini furgoncino e nessuna escort a tenergli l'ombrello ! Vita durissima per i tiranni da un pò di tempo a questa parte.


lunedì 21 febbraio 2011

Libia in fiamme

Libia, raid aereo contro i manifestanti
Mistero su Gheddafi: "E' già fuggito"
L'Unione europea condanna la repressione delle proteste e invita il regime di Tripoli al dialogo
Ma il governo italiano tace: solo domani ci sarà un vertice. E Frattini si preoccupa dei migranti

I Paesi dell'area Ue e gli Stati Uniti condannano fermamente l'uso della violenza. Il Governo di Roma dopo l'infelice battuta di Berlusconi sabato (“Non voglio disturbare Gheddafi”), non ha ancora preso una posizione ufficiale. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è limitato a esprimere preoccupazione per la crisi in Nordafrica e ha aggiunto: "L'Europa non esporti la democrazia". L’Italia “sottoscriverà qualsiasi tipo di dichiarazione che promuova la stabilità, la sicurezza e la prosperità nel Mediterraneo”, ha detto confermando che i timori sono legati, come già espresso da Roberto Maroni, alle “ripercussioni sulle situazioni migratorie nel sud del Mediterraneo”. E dopo che Seif al-Islam, il figlio di Gheddafi, ha tenuto un discorso alla nazione annunciando, di fatto, la repressione, anche le aziende che operano in Libia battono in ritirata. Eni ha richiamato alcuni dipendenti e i loro familiari. Da ore si rincorrono, tra annunci e smentite, le voci di fuga del rais. La protesta si è estesa fino al Marocco. E lo scontro diplomatico si acuisce. Il Colonnello ha minacciato la Ue di non rispettare più gli accordi che prevedono il controllo delle coste per evitare flussi migratori verso il vecchio continente. (www.ilfattoquotidiano.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

domenica 20 febbraio 2011

Quando ci vuole, ci vuole !

Il solito cane rabbioso



Per essere stato pagato 500mila euro per 40 minuti di esibizione mi pare che Benigni abbia ricevuto un buon pagamento: è stato ottimo, ma non si deve dire”. ”Era un pensiero libero, ma pagato”. Così Vittorio Sgarbi polemizza sull’intervento di Benigni a Sanremo, la lectio magistralis sull’inno di Mameli.

IMMORALE – Sgarbi all’Arena di Giletti continua il suo show:”Muti è stato pagato meno e ha fatto cose più importanti; se vogliamo fare un paragone Benigni è Dante e Vecchioni è Petrarca, ma Vecchioni è stato pagato meno ma è stato più bravo; in realtà Benigni ha preso 250mila per lui e 250mila per la sua agenzia, l’ho letto stamattina. Io dico quello che mi pare, e andate a lavorare! Uno che prende un miliardo per un’ora è immorale, è stato bravo e ci mancherebbe con quello che ha preso”.

LA BENEFICENZA – “Quello che dico l’ho letto sul Secolo XIX”. E quando qualcuno gli fa notare che il denaro è stato devoluto in beneficenza, Sgarbi interviene: “Questo ancora non è stato dimostrato, fine della polemica. Il parere unico è tipico delle dittature. Se tutti sono d’accordo su Benigni, qualcosa da pensare ci sarà”. (www.giornalettismo.com)


Già è odiosa l'Arena di Giletti, poi sentire le stronzate di Sgarbi aiuta a cambiare cani(a)le.

Ecce leader

Il Pdl ha un vero leader, Silvio Berlusconi, che ha un unico solo difetto: è una catastrofe per il paese di oggi. Il Pdl ha anche un altro leader, Marina Berlusconi, che ha un unico solo difetto: sarebbe una catastrofe per il paese di domani. Il Pd ha un leader, Bersani, che ha unico solo difetto: é una bravissima persona, ma non é un leader. Futuro e libertá ha un leader, Fini, che ha un unico solo difetto: per ora non ha un partito che gli paga i contributi. L’Italia dei valori ha un vero leader, Di Pietro, che ha un grande pregio: é l’unico che non pretende di fare il leader della coalizione. Il Pd ha un altro leader, Rosy Bindi, che ha un pregio raro in quel partito: piace ai suoi elettori. Ma anche la Bindi ha un unico difetto: se il suo leader le ordina di ritirarsi, lei lo fa. E infatti si é ritirata.

C’é un solo leader che piace a Bersani, se si eccettua Bersani: si chiama Casini. E Casini é indubbiamente un leader, ma anche lui ha un unico vero difetto: vuole fare il leader di un’altra coalizione, e questo purtroppo é un problema per ben due coalizioni. Il Pd ha un altro leader, che si chiama Veltroni. E Veltroni ha un solo piccolo problema: nessuno lo vuole leader (e nessuno ha il coraggio di dirglielo). Anche Sinistra e libertà ha un leader, e si chiama Vendola. Ma anche lui ha un unico vero difetto: come tutti quelli che piacciono al popolo di centrosinistra non piace a Bersani. Poi c’é un leader che piace ai poteri forti, perché é bravissimo nel fingere di attaccarli, si chiama Tremonti. C’é uno solo che non ha capito che scherza, e si chiama Bersani: infatti ha detto che lo vedrebbe bene come leader. Così c’é un altro rischio enorme: quello di ritrovarsi Tremonti premier sia se vince la destra sia se vince la sinistra: ecce leader, poveri noi. (Luca Telese - IL FATTO QUOTIDIANO -)

giovedì 17 febbraio 2011

Riparte la campagna acquisti


Il presidente del Consiglio ha fatto ripartire la campagna acquisti di parlamentari, che già gli aveva permesso di salvare in corner l’esecutivo il 14 dicembre scorso. All’epoca furono gli Idv Razzi e Scilipoti, l’ex Pd Calearo, i finiani (poi confluiti nei Responsabili) Moffa e Polidori. Ora siamo alla seconda ondata. C’è chi si proclama con orgoglio “trasformista”, chi si rimangia campagne e fiumi di inchiostro sulle nefandezze della “mignottocrazia”. E poi c’è un partito, quello del presidente della Camera, che si sta squagliando. Anche a causa delle scelte “antiberlusconiane” del suo leader Gianfranco Fini, che oggi ha denunciato lo strapotere economico dell’ex alleato. Per ora la diaspora sta avvenendo al Senato, ma è di tutta evidenza che le turbolenze interne esistano, eccome, anche al Montecitorio. Tutti punti in più per il Cavaliere che sta ritrovando una maggioranza motivata, se non da convinzioni ideologiche, almeno dalla convenienza (personale e politica) di non andare al voto. (www.ilfattoquotidiano.it)

La nostra coerenza

Stamattina alla Camera l’Italia dei Valori ha votato insieme alla maggioranza contro un emendamento dell’Udc. Lo abbiamo fatto perché eravamo d’accordo sul rendere inapplicabile il giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo. Non ci sembrava e non ci sembra giusto che chi è imputato per delitti gravi, punibili con l’ergastolo, possa decidere di accorciarsi da solo la pena scegliendo il rito abbreviato.

Senza il nostro voto quell’emendamento sarebbe passato, il governo sarebbe stato battuto e quindi c’è stato subito qualche scervellato che ci ha accusato di aver “salvato la maggioranza”. Secondo queste critiche noi avremmo dovuto affossare una provvedimento giusto e che avevamo anche cofirmato, rendere più difficile il lavoro dei magistrati, massacrare la giustizia e fare un danno al Paese solo per toglierci il gusto di fare un dispetto alla maggioranza.

Mi dispiace tanto, ma non è questa la nostra idea di responsabilità politica. Per noi dell’Italia dei Valori si vota secondo coscienza e non per partito preso o per fare dispetto a qualcuno. Siamo sempre stati favorevoli a una politica di rigore, anche nella sanzione. Siamo convinti che chi ammazza una persona debba andare in galera senza poter fare il furbo e ridursi la pena chiedendo il rito abbreviato, e non siamo disposti a tradire le nostre convinzioni per la soddisfazione di mandare sotto una volta la maggioranza.

Berlusconi va battuto nel voto di fiducia, trovando quei 316 deputati disposti a mandarlo a casa senza farsi comprare dai suoi regalini, e per raggiungere questo obiettivo bisogna mettere in campo, anche in Parlamento, una vera e strenua opposizione, cosa che sinora solo noi dell’Italia dei Valori abbiamo fatto e intendiamo continuare a fare.

Tutto il resto sono chiacchiere che denotano una concezione dell’etica politica che proprio non possiamo accettare. (www.antoniodipietro.it)

Il cittadino sceriffo

Uno sceriffo senza pistole e senza stella. Non ha un cinturone, né legittimità a far rispettare la legge. E' senza autorità, aiutanti. Armato solo della sua indignazione. E' il cittadino che ogni giorno e ogni notte vede o subisce un sopruso, grande o piccolo. La sua rabbia è alimentata dall'evidenza, dalla sfacciataggine del reato, del comportamento incivile che avviene in piena luce, con il silenzio assenso di chi la legge dovrebbe farla applicare, dall'Asl alla Polizia Municipale, dagli assessori comunali, ai presidenti di Regione. Tra l'indifferenza di gran parte degli italiani che si fa rigorosamente i cazzi suoi, vere amebe della democrazia, cartilagini di un corpo in decomposizione.
Il fiume inquinato dall'azienda di cui si conoscono indirizzo e partita iva, le macchine, spesso delle cosiddette autorità che sostano per un caffè, parcheggiate sugli scivoli per i portatori di handicap, minorenni che si prostituiscono sui marciapiedi delle città a tutte le ore, la droga spacciata davanti alle scuole, i cacciatori che sparano a pochi metri dalle abitazioni, la distruzione del territorio, che nel tuo caso è il prato di fronte alla tua finestra, con un capannone abusivo, i giovani virgulti che non si alzano per cedere il posto a un'anziana sui mezzi pubblici, le malattie respiratorie dovute all'inquinamento dell'aria a causa dell'amministrazione pubblica, il pizzo nel negozio. E' un'ordinaria iniezione di bile che riguarda tutto ciò che ci circonda. Il cittadino sceriffo che non ce la fa più, reagisce, alza la voce, denuncia, si incazza, fa il lavoro per cui paga quattro milioni di dipendenti pubblici. Rischia di tutto. Il rompicoglioni è lui, non gli altri. Isolato, insultato, qualche volta picchiato, denunciato, querelato. Se ha qualcosa da obiettare alla ordinaria merda quotidiana che gli viene rovesciata addosso, si rivolga alle autorità... Ma otto milioni di occhi retribuiti da lui, con il suo lavoro, non dovrebbero vedere al suo posto, intervenire al suo posto, fare applicare il codice civile e il codice penale al suo posto, se necessario armi alla mano? E allora?
Non c'è lo sceriffo in città e neppure le altre autorità. Il cittadino sceriffo, come Gary Cooper in "Mezzogiorno di fuoco" è solo. Chi dovrebbe sostenerlo si chiude in casa per paura di ritorsioni o per quieto vivere. Lo sceriffo improvvisato è visto con fastidio dai parenti e dagli amici. Così rispose la moglie di Cooper a chi la criticava per voler abbandonare il marito: "Ma che razza di donna siete? Come potete lasciarlo così? Il suono delle pistole vi fa tanta paura?" "No. Ci sono abituata. Mio padre e mio fratello sono stati uccisi in una sparatoria. Erano dalla parte della ragione, ma questo non servì a nulla quando iniziarono a sparare." (www.beppegrillo.it)

mercoledì 16 febbraio 2011

Minacce al Giornale



Pesante gesto di intimidazione nei confronti del Giornale. Stamattina è arrivata in redazione una lettera che conteneva un proiettile da revolver calibro 40 Smith & Wesson e un volantino di minacce con la stella a cinque punte delle Brigate rosse tracciata con un pennarello su un testo scritto al computer (nella foto il volantino e un modello del proiettile). “Nell’attesa… dato che si parla per slogan… Berlusconi è un perdente” - si legge nel testo, che così continua - “Il più grande Bunga Bunga era stato quello di Dalema a classe operaia e proletariato!”. Il cognome dell’esponente Pd è scritto senza apostrofo.

Il messaggio si conclude con questa frase: “Rinnovando tutti i nostri obiettivi e le nostre operatività viva la lotta armata per la libertà!”. Alla fine si inneggia a Mario Galesi, ai compagni combattenti di tutto il mondo. La firma: “Br-Nucleo Galesi per la costruzione del fronte antimperialista combattente”. La segreteria del Giornale che ha ricevuto la lettera, avendo avvertito la presenza di un proiettile all’interno della busta, ha allertato immediatamente la Digos senza aprire il plico. Poco fa è stata la Questura di Milano a comunicare alla redazione il contenuto della missiva. Il proiettile era integro. Sono in corso le indagini.

Sallusti: minaccia in linea con il clima attuale " Una lettera "coerente con il clima che si sta creando", sottolinea il direttore del Giornale Alessandro Sallusti. "Non sono particolarmente stupito. Ogni giorno, anche se non a questi livelli, riceviamo lettere di minacce e di insulti. Un segno - sottolinea - di un clima che si sta deteriorando". "Il Paese è pieno di mitomani - prosegue il direttore - ma in questa lettera il messaggio mi sembra più serio. Ci sono gli indizi di un salto di qualità nella minaccia". Ma se è vero che in Italia non mancano mitomani "non tutti - conclude Sallusti- hanno proiettili in casa e nei messaggi firmano Brigate Rosse". (IL GIORNALE)

Ieri l'oscuramento per pochi minuti del sito, oggi la minaccia delle B.R., gatta ci cova ?

Silvio Pelvico

Alla fine, depositato il polverone politico-mediatico del Truman Show, restano i fatti nudi e crudi, che il gip Cristina Di Censo descrive con una semplicità disarmante. Una sera di maggio un cittadino telefona in Questura per far rilasciare una minorenne marocchina fermata per furto senza documenti né fissa dimora, spacciandola per la nipote del presidente egiziano Mubarak. Se fosse un passante, lo manderebbero a prendere per il trattamento sanitario obbligatorio. Trattandosi del presidente del Consiglio, trattengono le risa e obbediscono a lui anziché al pm minorile e affidano la ragazza a una procace consigliera regionale che si è precipitata sul posto in compagnia di una prostituta brasiliana, nelle cui mani poi la consigliera scarica la minorenne. Le due immigrate vengono poi sorprese a rissare furiosamente e a rinfacciarsi la loro professione, la più antica del mondo.

Indagini, interrogatori e intercettazioni per scovare chi organizza il giro di squillo: saltano fuori i nomi della consigliera regionale, di un direttore di telegiornale e di un impresario di star dalla dubbia fama (lui, non le star). L’utilizzatore finale invece è il presidente del Consiglio, che paga in soldi, favori, gioielli, appartamenti in comodato gratuito: ecco perché ha telefonato in Questura. Dalle perquisizioni affiorano i soldi, elargiti un po’ dal premier un po’ dal suo ragioniere, che però non può essere perquisito perché abita in una succursale della Presidenza del Consiglio. Ci vuole il permesso della Camera. I giudici lo chiedono. La Camera rispedisce il faldone al mittente senza dire né sì né no, sostenendo che è competente il Tribunale dei ministri perché il premier chiamò la Questura per sventare una crisi diplomatica con l’Egitto. Vivo stupore in Egitto, dove nessuno è stato avvertito del fatto che il capo del governo italiano racconta in giro che Mubarak ha una nipote prostituta e che questa presta abitualmente servizio in casa sua (del capo del governo italiano). Anche perché, in tal caso, l’Italia rischierebbe non solo l’incidente diplomatico, ma un attacco missilistico.

Alla Procura di Milano bastano meno di tre mesi per tirare le somme: pagare una minorenne in cambio di sesso è reato (prostituzione minorile), indurre la Questura a compiere un atto indebito a favore di un’amica è reato (concussione). E, siccome in casi così rapidi ed evidenti il Codice prevede il rito immediato, i pm lo chiedono. Il gip Di Censo sa quel che le accadrà se lo accorderà: verrà insultata, spiata, screditata, dossierata, trascinata alla Consulta. Eppure mantiene i nervi saldi e decide secondo coscienza, sine spe ac metu, uniche bussole il Codice penale e la Costituzione. Dopo i 5 giorni canonici, rinvia B. a giudizio immediato. Ritiene che le accuse siano provate e meritino il vaglio processuale. Il Tribunale stabilirà se è provata anche la colpevolezza dell’imputato B. Incidentalmente il gip spiega anche perché il caso è roba da tribunale ordinario: basta leggere la Costituzione per sapere che è reato ministeriale quando un membro del governo abusa delle proprie funzioni. Ma il premier non ha poteri sulle Questure (non è il ministro dell’Interno né il capo della Polizia): ergo, chiamando quella di Milano, non abusò delle funzioni, ma della qualità di capo del governo. Reato ordinario, tribunale ordinario. Tutto semplice, elementare, lapalissiano. Ci arriverebbe uno studente al primo giorno di Giurisprudenza. Non, dunque, legioni di politici e opinionisti servi. Il 6 aprile, se vorrà, B. comparirà in tribunale. Se non vorrà, peggio per lui: lo processeranno lo stesso. Dopo vent’anni di urla, strepiti, leggi su misura, censure, epurazioni, ricorsi, ricusazioni e centinaia di milioni spesi in avvocati, giudici, testimoni e deputati per trasformare il Parlamento e il Paese intero in un gigantesco collegio di difesa, si ritroverà solo, impotente, nudo come un verme davanti all’incubo che lo insegue da sempre: la Giustizia. (Marco Travaglio - IL FATTO QUOTIDIANO -)

martedì 15 febbraio 2011

Berlusconi a processo, la notizia fa il giro del mondo

La notizia che il gip di Milano, Cristina Di Censo, ha disposto il giudizio immediato nei confronti di Silvio Berlusconi ha fatto immediatamente il giro del mondo. Subito dopo i flash delle agenzie internazionali, la notizia è apparsa in apertura sui media stranieri, con tutti i principali network (Bbc, Cnn, Sky News, al-Jazeera, ma anche Financial Times) che hanno dato ampio risalto alla vicenda nelle dirette televisive e sulle home page dei siti Internet.


Bbc: “Giudizio immediato per Berlusconi accusato di aver pagato per fare sesso con una 17enne”

Cnn: “Il premier, Silvio Berlusconi, sarà processato per aver fatto sesso con una prostituta minorenne e per abuso di potere”

Le Monde: “Affaire Ruby, la giustizia italiana decide per il ‘processo immediato’ a Berlusconi”

Sky News: “Berlusconi affronta il processo per il sesso con un’adolescente”.

Financial Times: “Il premier Silvio Berlusconi rinviato a giudizio con l’accusa di aver pagato una relazione sessuale con una teenager minorenne e tentato di coprire la vicenda”

The Wall Street Journal: “Berlusconi a processo per prostituzione minorile”

Abc News: “Berlusconi a processo in un’inchiesta sulla prostituzione”

Al-Jazeera: “Berlusconi sarà processato per aver pagato una relazione sessuale con una minorenne e aver abusato della sua posizione, tentando di coprire la vicenda”

Sueddeutsche: “Berlusconi in tribunale per gli scandali sessuali”

Bild: “Berlusconi a processo”

Stern: “Berlusconi in giudizio”

El Mundo: “Berlusconi sarà giudicato per abuso di potere e prostituzione minorile”

El Paìs: “Berlusconi sarà giudicato ad aprile per prostituzione minorile e concussione”

(www.ilfattoquotidiano.it)

Rito immediato



Il gip di Milano Cristina Di Censo ha deciso: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi deve essere giudicato con rito immediato per concussione e prostituzione minorile. Insomma, le prove della sua colpevolezza sono evidenti. La data della prima udienza c'è già: il 6 aprile. Il premier sarà giudicato da un collegio composto da tre donne. Primo commento degli avvocati: "Non ci aspettavamo nulla di diverso". Berlusconi diserta la conferenza stampa di Catania e torna a Roma. (www.ilfattoquotidiano.it)

lunedì 14 febbraio 2011

Una testa, un voto


Silvio Berlusconi è un bugiardo matricolato. Mente a tutti e su tutto da talmente tanto tempo che forse nemmeno lui sa più distinguere la finzione dalla realtà. E’ convinto che basti ripetere una bugia a ripetizione, come un disco rotto, perché diventi per miracolo verità.

La più grossa bugia che Berlusconi racconta agli italiani ma anche ai suoi fedeli e forse persino a se stesso è di avere con lui la maggioranza del paese. Non è così. Berlusconi, oggi, è il leader di una minoranza.

Dei sondaggi non bisogna mai fidarsi troppo, ma nemmeno prenderli troppo sottogamba. Non dicono tutto e parlano di umori che possono cambiare facilmente. Però qualcosa dicono. Per esempio che il partito di Berlusconi, dal 2008, ha perso oltre 10 punti in percentuale. Oppure che se alle elezioni si presentassero tre poli, il suo, quello centrista e quello di centrosinistra composto da Pd, Idv e Sel, sarebbe quest’ultimo a vincere e con quasi 7 punti di vantaggio.

Se invece si trovassero di fronte la coalizione Pdl-Lega e dall’altra parte la santa alleanza composta da tutti quelli che vogliono prima di tutto liberare il paese da Berlusconi e dal suo manipoli di servitori corrotti, la sconfitta del caimano sarebbe ancora più schiacciante. Perderebbe con 15 punti di scarto.

In un caso solo, secondo i sondaggi, Berlusconi vincerebbe le elezioni. Se dall’altra parte si presentasse una cartello formato dal Pd e dal Terzo Polo e un altro dall’alleanza Idv-Sel. Nemmeno in questo caso però Berlusconi avrebbe ragionedi dire che la maggioranza degli italiani lo vuole come presidente del consiglio. Avrebbe una maggioranza solo relativa, non assoluta.

Questa è la realtà e Berlusconi la conosce molto bene. E’ per questo che dopo aver bluffato per mesi minacciando le elezioni adesso che potrebbe facilmente ottenerle se ne sta assediato nel suo bunker pronto a tutto pur di evitare il verdetto degli elettori. Sa perfettamente che i costi della sua resistenza li pagherà il Paese. Nemmeno lui può ignorare che se, in un momento come questo, un Paese si ritrova senza governo, con una sola legge approvata in due mesi, vuol dire che il disastro è alle porte. Lo sa, ma non gli importa perché Silvio Berlusconi di una cosa sola si è interessato nella sua vita: la sorte di Silvio Berlusconi.

E’ inutile spremersi le meningi chiedendosi quale sarà mai il piano del presidente del consiglio. E’ chiaro ed evidente: evitare le elezioni in modo da poter ripetere che la maggioranza democratica è con lui nella speranza che a furia di ripeterla la bugia diventi verità. E’ un gioco che ha già provato più volte, e spesso gli è riuscito. Potrebbe riuscirgli anche stavolta.

Bisogna stare molto attenti, perché l’esperienza insegna che sottovalutare Berlusconi e darlo per finito è sempre pericoloso. Abbiamo visto in dicembre, con la mozione di sfiducia rinviata, quanto è stato disastroso lasciargli il tempo necessario per organizzare la sua indecorosa campagna acquisti. Vogliamo rifarci di nuovo? Berlusconi va battuto subito. Bisogna dimostrare qui e ora, con la massima trasparenza, che non è affatto il rappresentante della maggioranza degli italiani, che è un piccolo caudillo rinchiuso nel suo palazzo per paura di affrontare non solo le sentenze legali ma anche quelle politiche, quelle degli elettori.

I referendum sono l’occasione per batterlo democraticamente. Tutti, e più degli altri quello sul legittimo impedimento perché quel quesito ha valenza generale, riguarda tutto il modo di governare di un uomo che ha sempre messo al primo posto solo il suo interesse privato, un leader che ha fatto politica solo per difendere i propri interessi economici e per mettersi al riparo dalla giustizia.

Sono i cittadini italiani, in ultima analisi, che devono dire se vogliono essere governati da un uomo così, e a questa domanda deve rispondere il referendum. E’ il popolo a decidere, ma deve essere una decisione senza trucchi e truffe. Berlusconi però non sa vivere senza trucchi e truffe, dunque cercherà di truffare la democrazia spostando la convocazione del referendum nella data più scomoda per gli elettori. E poco male se questo costerà allo Stato qualche centinaio di milioni!

La prima esigenza, oggi, è evitare la truffa e fare in modo che il referendum sia abbinato al secondo turno delle amministrative, il 29 maggio. Solo a quel punto potremo vedere davvero quanti italiani vogliono che Berlusconi resti al potere e quanti no. Col criterio più democratico che esiste: una testa, un voto. (www.antoniodipietro.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

Se non ora quando ?

"Se non ora quando" fa il pienone in 200 città nonostante il silenzio dei media vicini al Cavaliere
Anche ieri Tg1 e Tg5 hanno derubricato l'evento. Il premier: pretesto per sostenere teoremi dei pm.

In piazza l'Italia ha rivendicato la sua dignità. Cinquantamila persone a Napoli, molte di più a Milano, Roma e Torino, ventimila a Palermo, altrettante a Bari. Migliaia a Trieste, Pesaro, Bergamo, Treviso e in molte le città della Sardegna. Capoluoghi di regione e piccoli centri di provincia. Le donne si uniscono, senza colori politici. Le adesioni, comunque, non si limitano solo al sesso femminile. "Ciò che conta" scandiscono le organizzatrici, "è evitare di ridurci a un coro che chiede solo le dimissioni di Berlusconi". Ma il fenomeno va oltre confine, con ritrovi organizzati a New York, Parigi, Bercellona, Berlino, Francoforte, Tokyo. E anche dagli archeologi italiani in Kuwait. A Bruxelles le manifestanti raccontano: "Siamo stanche di subire tutti i giorni battute per colpa di Berlusconi". Presidio tricolore anche a New York: "Il nostro Paese ha fatto troppi passi indietro. Vorremmo tornare in Italia, ma non in queste condizioni", dicono i manifestanti di Times Square. Il premier, però, non vuole vedere la portata dell'evento e risponde alla piazza barricandosi nel suo impero mediatico: intervenendo telefonicamente a Mattino 5 parla di "una manifestazione orchestrata dalla sinistra". Una cosa è certa: questa volta il suo potere mediatico non è riuscito ad arginare un fenomeno che si è diffuso in modo capillare grazie alla Rete. (www.ilfattoquotidiano.it)

domenica 13 febbraio 2011

Del maiale non si butta via niente

La Russa il mulo "Che fà...scalcia ?"

Ci sono domande che non si possono fare se non si vuole rischiare di essere presi a calci. Almeno a Ignazio La Russa. Quando a margine della manifestazione “In mutande ma vivi” organizzata da Giuliano Ferrara, l’inviato di Annozero Corrado Formigli cerca di avvicinare il ministro della Difesa per fargli alcune domande, prima la Russa dice: “con voi di Annozero non parlo. Mi faccia fare le interviste serie” per poi passare alle vie di fatto. Formigli incalza: “Se fosse dimostrato che Arcore era frequentata da prostitute minorenni, Berlusconi cosa dovrebbe fare?”. Il titolare della Difesa prima dice al cronista di “chiedere a sua sorella” e poi, manco fosse un cavallo, si mette a scalciare da dietro il povero inviato. Non contento La Russa, rivolto a Formigli, si mette a gridare a squarcia gola: “Cosa fa? Mi da pedate da dietro? Mi da pedate? Ma si levi”. Il risultato è che il giornalista di Michele Santoro, dopo essere stato preso a pestoni con il tacco della scarpa di La Russa, viene placcato dalle forze di polizia presenti in sala e identificato. Una bella maniera per non rispondere alle domande. (www.ilfattoquotidiano.it)

giovedì 10 febbraio 2011

Un intelletto sprecato per difendere il capo



Alla frutta forse, in mutande è certificato. Il parterre dei difensori senza se e senza ma delle serate dopolavoristiche ad Arcore e dintorni mostra la corda. Daniela Santanché, esausta al giro di boa della trentesima intervista, sul Giornale arruola tra le «donne di Silvio» le 4200 dipendenti di Mediaset e Mondadori (se ha comprato l’appartamento a tutte ci ricrediamo: Berlusconi ha realizzato davvero il “piano casa”). Intanto i cdr del Biscione (evidentemente tra loro non ci sono donne o sono delle ingrate) auspicano che la vicenda giudiziaria di Emilio Fede si chiarisca «nelle sedi opportune evitando di usare il Tg4 come strumento di difesa personale e garantendo la credibilità e la completezza dell'informazione sulla stessa inchiesta». Per di più il progetto Radicali Liberi, ovvero seminare il panico nel campo avverso ventilando Pannella Guardasigilli al posto di Alfano, arranca un pochino per il buon senso della Bonino e la rivolta della base. Tocca allora a Giuliano Ferrara, giornalista creativo e polemista irriverente, inventarsi la contromanifestazione. Sabato tutti al teatro Dal Verme, di mussoliniana memoria, per la crociata contro i «puritani». Scenografia: tre fili di mutande colorate. 150 slip di diverso taglio, foggia e tinteggiatura. Una kermesse scanzonata e moderna contro il «golpe morale» di quei noiosoni che vanno a letto presto o, se fanno tardi, è per leggere tomi ponderosi. Finisce così la fase (è durata una settimana) di Ferrara versione colomba, consigliere redivivo, fustigatore di improvvidi richiami alla piazza contro i giudici (colpa, dicevano dal PdL, dell’aggressivo tandem Santanché-Brambilla). Addio al rilancio dell’economia, al circolo virtuoso investimenti-consumi, agli sgravi fiscali. La lotta alla patrimoniale? Molto più interessante menare le mani contro i «novelli giacobini«. Quella «minoranza ricca, compatta, sicura di sé che vuole ripulire l’Italia in nome di criteri fondamentalisti e totalitari». E non disdegna di arruolare persino tredicenni. Che a quell’età, come sa bene Fede, potrebbero invece cominciare con interessanti e remunerativi concorsi di bellezza. La gavetta, insomma: mica si arriva a Palazzo Grazioli dal nulla. Ferrara alle crociate non è nuovo. Ha trasformato Il Foglio in Soglio all’epoca del referendum sulla legge 40. Ma quando è sceso in piazza Farnese contro la 194 lo hanno seguito in pochi. (Federica Fantozzi - L'UNITA' -)

Scriveremo tutto


Trapelano dalle segrete stanze di Palazzo Grazioli, frequentate a giorni alterni da escort e ministri (ieri toccava ai ministri), progetti di stampo golpista per bloccare la pubblicazione degli atti sull’inchiesta Ruby depositate dalla Procura di Milano, e forse anche le indagini stesse. Si cerca di ritirare fuori dai cassetti, colmi di scheletri ad personam, quella legge sulle intercettazioni che fu fatta naufragare a furor di popolo e per il no decisivo di Fini e di Napolitano.

Quella dell’arma segreta è una classica sindrome delle dittature agli sgoccioli. Hitler ne favoleggiava con Mussolini mentre entrambi avevano già un piede nella fossa. Berlusconi più che a un dittatore somiglia a un boss, e la cupa tragedia del nazifascismo non ha niente a che vedere con i fondali di cartapesta dell’attuale avanspettacolo messo in scena da flaccidi vecchi e girls a pagamento. Purtuttavia, fa un po’ ridere che il premier, adesso imputato per concussione e prostituzione minorile cerchi di muoversi con la solennità di un perseguitato. Annuncia la “guerra totale” contro i magistrati e straparla di risarcimenti che lo Stato dovrebbe versargli per l’onta subita.

Imperdibile il siparietto di Palazzo Chigi. Una conferenza stampa convocata per comunicare il nulla, ovvero la propria esistenza in vita con stuoli di ministri incatenati alle sedie con simpatiche facce da funerale. Strepitosa la fuga di Tremonti, forse uno dei pochi che abbia conservato rispetto per se stesso. Per non parlare dei 315 deputati della maggioranza costretti a votare la più grande boiata che si ricordi, quella di un premier che chiede alla Questura di Milano di lasciare andare la minorenne Rubacuori per evitare una crisi diplomatica con l’Egitto. Non meraviglia che plotoni di uomini di governo (si fa per dire) e di parlamentari recitino a menadito questa barzelletta. Sanno che se crolla il padrone crolleranno con lui, e addio poltrone, prebende, scorte, auto blu e “seratine elettrizzanti con giochini a due e a tre” (la povera Sara Tommasi).

Quanto all’arma segreta sulle intercettazioni, se anche oserà sganciarla sul Paese con apposito decreto, osiamo sperare che al Quirinale ne abbiano piene le tasche e la respingano al mittente. Ma se anche l’ultima porcata dovesse passare, il Fatto continuerà a pubblicare tutto, ma proprio tutto. Convinti come siamo che simili norme siano non solo incostituzionali, ma anche contrarie alla Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo che tutela il dovere dei giornalisti a informare e il diritto dei cittadini a sapere. Per colpa di un premier irresponsabile l’Italia rischia di scivolare in una vera emergenza democratica. Il ruolo della libera stampa diventa più indispensabile che mai. Prepariamoci. (Antonio Padellaro .IL FATTO QUOTIDIANO -)

mercoledì 9 febbraio 2011

Processo breve : vogliamo reagire ?

(www.antoniodipietro.it)

B. subito a processo : prova evidente

Richiesto il rito immediato. Lui attacca: "E' una farsa, farò causa allo Stato." Bossi: "I pm esagerano, ma Silvio ha le sue colpe". Marchette e festini, perquisita la casa di Sara Tommasi
Droga: leggi la sentenza di condanna per spaccio dell'impresario che porta le ragazze a Berlusconi

I pm di Milano chiedono il rito immediato per Silvio Berlusconi accusato di concussione e prostituzione minorile. Negli atti anche le sue telefonate. Ma i magistrati non le utilizzeranno durante il dibattimento. A Napoli invece, la polizia perquisisce l'abitazione di Sara Tommasi e di altre cinque persone. La soubrette della scuderia di Lele Mora, è uscita distrutta psicologicamente dalla partecipazione a pagamento a festini con politici e imprenditori. La ragazza era in contatto con il premier, al quale scriveva continuamente sms disperati. Come il 10 gennaio: "Silvio vergognati, mi hai fatto ammalare...". Era legata a Licia Ronzulli, l'infermiera mandata dal Pdl all'Europarlamento, e a Paolo Berlusconi. Palazzo Chigi smentisce di avere usato la scorta presidenziale per andarla a prendere. Sul fronte politico, intanto, il premier tenta di distogliere l'attenzione degli elettori dallo scandalo, annunciando riforme costituzionali per rendere più libera l'attività imprenditoriale. (www.ilfattoquotidiano.it)

martedì 8 febbraio 2011

Core 'ngrato



Ingratitudine? O forse è solo il tempo che passa. Fatto sta che dopo le voci è quasi ufficiale: Emilio Fede verrà sostituito alla guida della sua creatura, e al suo posto andrà Salvo Sottile. Lo scrive Chi, il settimanale mondadoriano diretto da Alfonso Signorini. E quindi è difficile che sia falso:

Manca solo la firma, ma Salvo Sottile, a partire dal prossimo giugno, prenderà il posto di Emilio Fede alla guida del Tg 4. Sottile, brillantissimo conduttore di Quarto grado, avrà come tutor Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto. Pare infatti che la redazione del Tg 4 verrà integrata con quella di Studio Aperto.

Nelle poche righe dove si sintetizza l’annuncio storico non c’è nemmeno la citazione del povero ex-direttore, destinato a chissà cos’altro. Si vede che il riferimento agli amici del figlio di Silvio nell’intervista alla Annunziata dev’essere stato davvero poco gradito ai piani alti di Mediaset.
(www.giornalettismo.com)


...e si, sembra che non ci si fidi più di Emilio Fido !...

Calderoli : no a chiusura uffici il 17 marzo



Roberto Calderoli è contrario alla chiusura degli uffici il 17 marzo, giorno dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia. "In un periodo di crisi come quello attuale - ha detto il ministro leghista - meglio festeggiare lavorando piuttosto che stando a casa". Per Calderoli "la chiusura degli uffici pubblici porterebbe a danni per miliardi di euro" che ricadrebbero direttamente sulle attività lavorative private. A preoccupare il ministro della Semplificazione anche le possibilità di "ponte" che verrebbero a crearsi conseguentemente al giorno perso. Domani in Consiglio dei ministri si discuterà proprio dei festeggiamenti del 17 marzo e sull'eventuale chiusura o meno degli uffici pubblici.

Per il ministro della Difesa Ignazio la Russa, però "la decisione sullo stop è già presa e Calderoli lo sa, l'importante è non mancare di rispetto e so che il ministro non lo farà". Una posizione, quella di La Russa, in netto contrasto con lo scetticismo generale che la Lega continua a manifestare sullo stop del 17 marzo.
Le parole di Calderoli fanno seguito a quelle del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che alcune settimane fa aveva espresso dubbi 2 sull'opportunità
di chiudere i luoghi di lavoro in occasione dell'anniversario e che oggi ha ribadito come "in un momento come questo un onere di 4 mld di euro per le imprese non è forse la cosa migliore per la loro crescita". Ospite del Mobility Conference di Milano la Marcegaglia ha invitato a festeggiare "creando momenti di aggregazione e celebrazione sia nelle aziende che nelle scuole senza restare a casa". Della stessa linea Luigi Angeletti, segretario generale Uil: "fermandoci perderemmo dei soldi che ci servono per fare cose importanti e di cui beneficierebbero tutti gli italiani".

E' preoccupata Susanna Camusso, leader della Cgil, che in una diretta radiofonica ha detto di essere "stupita da queste polemiche che fanno scomparire tematiche lavorative molto più importanti come la disoccupazione giovanile e la discriminazione ai danni delle donne". In merito al presunto stop del 17 marzo la Camusso non vede motivazione di dibattito e chiede "un pò di riposo per i lavoratori e per i tanti cassaintegrati, visto che il 25 aprile cade di Pasquetta e il 1 maggio sarà domenica". (REPUBBLICA)

Prostituzione minorile : è rito immediato

I pm vogliono Berlusconi alla sbarra per due reati. Domani inoltreranno al Gip la loro richiesta. Un'amica vende i video della minorenne di Casoria, che spinse Veronica al divorzio. Nel 2009 è stata dieci giorni a villa La Certosa. Ma il Cavaliere diceva: "L'ho incontrata sempre con i genitori"

La procura di Milano ha sciolto le riserve: la richiesta di processo per Silvio Berlusconi che verrà avanzata domani riguarderà entrambi i reati contestati al premier, concussione e prostituzione minorile. Il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha reso noto di avere stralciato la posizione del Cavaliere rispetto a quelle degli altri indagati, aprendo un fascicolo autonomo per le accuse che lo riguardano. Ma per gli scandali sessuali e le vicende giudiziarie del premier non è questa l’unica notizia di giornata. Nelle feste chez Silvio a base di "karaoke e coca light" (così le descriveva il presidente di Medusa Film Carlo Rossella), partecipavano prostitute, minorenni, e molti personaggi con storie "particolari". Dopo Imma De Vivo, fidanzata con un indagato per camorra, Marysthell Garcia Polanco, legata a un condannato per spaccio di droga, Barbara Montereale, compagna di un erede di un clan di Bari, Sabina Began, già amica di un narcotrafficante kosovaro, Bashkim Neziri, sfuggito all’ arresto a Roma alla fine degli anni novanta, l’ultimo caso è quello di Raffaella Fico. Lo zio e una zia furono uccisi nel gennaio del 1997 dalla camorra in un regolamento di conti degno di Quentin Tarantino. E non è finita: il settimanale Oggi annuncia che esistono foto e video dell’allora minorenne Noemi Letizia nelle residenze romane del presidente del Consiglio. E poi c’è il processo Mills in cui il premier è imputato per corruzione in atti giudiziari. Con il venir meno del legittimo impedimento, le udienze riprenderanno il prossimo 11 marzo a Milano. (www.ilfattoquotidiano.it)

lunedì 7 febbraio 2011

Tutte le minorenni del presidente

Dopo Noemi e Ruby, la passione di Berlusconi per le teenager diventa sempre più evidente. Ora il premier rischia anche per 27 incontri con Iris Berardi. Il 13 dicembre del 2009, quando la ragazza rimase ad Arcore dalle 3 alle 9 del mattino, aveva ancora 17 anni. E i pm la definiscono "prostituta"

La procura di Milano ha deciso di non presentare oggi la richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi. I pm stanno valutando la storia della Berardi, una ragazza di Forlì, di origini brasiliane. Quando aveva 16 anni ha lasciato la famiglia e gli studi per cercare fortuna a Milano. Poi l'incontro con Lele Mora che le promette: "Farò di te una star". Iniziano così, quando è ancora minorenne, i primi viaggi verso le feste di Arcore, di cui diventerà un'assidua frequentatrice. E arriva anche il benessere economico. Come risulta da un'agenda e dalle intercettazioni telefoniche, Berlusconi le dà duemila euro a incontro, mentre Iris arrotonda anche con altri clienti. (www.ilfattoquotidiano.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

domenica 6 febbraio 2011

Prende i soldi, e scappa



Adesso che col ricatto è riuscito a imporre agli operai di Mirafiori un accordo che calpesta tutti i loro diritti, Sergio Marchionne non ha più bisogno di mentire. Può cominciare a dire apertamente quello che finora aveva sempre negato, mentre tutti, tranne noi dell'Italia dei Valori, gli credevano o facevano finta di credergli. Solo noi avevamo denunciato che l'intenzione della Fiat era quella di abbandonare l'Italia e di spostare la testa dell'azienda negli Usa e il grosso della produzione in Brasile e nell'est europeo. Altro che rilancio dell'Italia!

Per costringere i lavoratori a ingoiare il suo accordo, che è uguale a quello imposto nel 1925 sotto regime fascista, Marchionne ha detto che in caso contrario se ne sarebbe andato dal paese. Però aveva promesso che, se invece gli operai si fossero piegati, la Fiat sarebbe rimasta in Italia e avrebbe fatto nuovi investimenti. Pur di non restare senza lavoro, molti operai hanno scelto di subire il ricatto, anche se la metà almeno ha invece resistito e votato no all'accordo.

Era una bugia e adesso è proprio Marchionne a confermarlo. Quando dice che la Fiat e la Chrysler potrebbero unificarsi e che l'azienda torinese si potrebbe spostare a Detroit, conferma tutto quello che avevamo denunciato noi dell'Italia dei valori insieme alla Fiom. La Fiat non ha alcuna intenzione di rimanere in Italia, e neppure di continuare a fare dell'auto il proprio settore portante. Però vuole che il costo della sua riconversione e della sua ridislocazione lo paghino i suoi lavoratori e lo Stato italiano, cioè i cittadini. Tutti noi.

La Fiat continua a vivere di denaro pubblico e risorse finanziarie italiane. Ha superato le sue molte crisi, ultima quella quasi terminale del 2004, grazie alle continue trasfusioni del governo italiano, senza mai dare niente in cambio. Stavolta però le cose sono molto peggiori che nel passato. Stavolta la Fiat utilizza quelle risorse per lasciare l'Italia, provocando così un immenso danno al sistema industriale del nostro Paese, e questo attentato al sistema industriale italiano se lo fa anche finanziare dallo Stato.

Il suo lavoro Marchionne lo fa davvero bene. Peccato che il suo lavoro non sia vendere macchine, cosa che infatti alla Fiat non riesce più da un po', ma fare gli interessi degli azionisti, cioè della famiglia Agnelli, a spese dei lavoratori e dell'intera Italia.

Per spiegare lo spostamento negli Usa, Marchionne dice che in Italia si fa troppa politica. Ma se è proprio lui quello che fa politica, di quella con la “p” minuscola, più di tutti! Da due anni fa propaganda sbandierando 20 miliardi di investimenti. Ma dove stanno? La Fiat ha annunciato che investirà un miliardo a Mirafiori e 700 milioni a Pomigliano. Mancano all'appello 18 miliardi e 300 milioni, e intanto lo stabilimento di Termini Imerese sta per chiudere, a Pomigliano i lavoratori sono in cassa integrazione, quello di Melfi lavora solo al 60%. Non bisogna essere Sherlock Holmes per capire che qualcuno sta facendo il furbo.

Però tutti fanno finta di non capirlo e il governo italiano, invece di far valere i diritti maturati sostentando per decenni la Fiat, si comporta come lo zerbino di Marchionne e pur di compiacere un'azienda che sta accoltellando alle spalle l'Italia ha sfasciato Confindustria, spaccato i sindacati, demolito il sistema di relazioni industriali in Italia.

In qualsiasi paese del mondo, in questo momento il governo starebbe già intervenendo per impedire questo disastro. Lo hanno fatto in passato, la Francia e la Germania. Lo farebbe qualunque governo serio. Ma non lo farà questo governo di pagliacci, di corrotti e di corruttori, che usa la corruzione per restare al potere, e poi usa il potere per curare i fatti propri. E intanto guarda da un'altra parte mentre Marchionne, dopo aver incassato il malloppo, prende i soldi e scappa. (www.antoniodipietro.it)

sabato 5 febbraio 2011

Minacce a Travaglio e Santoro



Minacce a Michele Santoro e a Marco Travaglio: “Per la vostra cattiveria pagheranno i vostri cari. Piangerete presto lacrime amare”, firmato ‘Fuan minaccioso’. E’ il testo della lettera indirizzata ai due giornalisti e recapitata ieri alla redazione bolognese del ‘Resto del Carlino’, che il quotidiano ha deciso di pubblicare oggi sulle pagine di cronaca. Lo scorso 31 gennaio un’altra lettera di minacce al pm milanese Ilda Boccasini è stata inviata al giornale sempre con le stesse modalità al giornale. Indaga la Digos di Bologna. La missiva è scritta in stampatello su un foglio bianco, contenuto in una busta timbrata il 3 febbraio al Centro meccanizzato postale. Oltre la sigla ‘Fuan’ non sono indicati altri riferimenti al mittente. Nella precedente lettera lo sconosciuto aveva scritto: “La Boccassini deve morire. Farai una brutta fine – Morirai in un rogo – un fuoco rosso – come la tua toga”. (www.gionalettismo.com)

Niente di serio, sicuramente qualche peones berlusconiano attaccato alla canna del gas come tutto il PDL.

venerdì 4 febbraio 2011

Federalismo, Napolitano dice di no

Il decreto legge licenziato ieri dal Consiglio dei ministri dopo la bocciatura in Bicamerale, viene considerato "irricevibile" dal Colle. Prima di approvarlo il governo doveva presentarsi in Parlamento.
Intanto la base della Lega si dice delusa e tradita. E sfoga la rabbia in rete: "Vergogna, mollatelo"

La legge delega sul Federalismo prevedeva che in caso di bocciatura da parte della commissione la norma potesse essere lo stesso approvata. Ma era necessario che il governo si presentasse in aula per illustrare i motivi per cui aveva deciso di non tenere conto del parere della Bicamerale. Berlusconi, invece, ieri sera, visto che Bossi aveva promesso di staccare la spina in caso di bocciatura del federalismo, lo ha convinto a dire sì al decreto. Una rottura istituzionale calcolata da parte del Cavaliere per far ricadere sul Quirinale la responsabilità di aver bocciato la legge bandiera del Carroccio. Fino a stamattina Calderoli si diceva sicuro: "Napolitano ci sostiene". Poi si è dovuto ricredere, affermando comunque che "il testo non è modificabile". Ora tra i militanti e i funzionari leghisti il malumore è fortissimo. Il senatur ha chiamato il presidente della Repubblica e lo vedrà la prossima settimana. La situazione è sempre più confusa: se non si va a elezioni, l'altra possibilità è che l'esecutivo torni indietro e rispetti l'iter previsto dal regolamento della Bicamerale. In questo modo, per la gioia del Caimano, trascorrerebbero almeno due mesi. E di voto si riparlerebbe eventualmente in autunno. (www.ilfattoquotidiano.it)

Le vignette di Vauro ad Annozero del 03 02 2011

Marco Travaglio ad Annozero del 03 02 2011

giovedì 3 febbraio 2011

Casa AN, Frattini risponde alle interpellanze



ROMA - "La verità è una sola, sarà rapidamente accertata dalla giustizia": il ministro degli Esteri Franco Frattini, in aula alla Camera, torna sulla vicenda della casa di Montecarlo del patrimonio di An. L'inchiesta della procura che lo vede indagato è un "atto dovuto" dopo la denuncia di un "cittadino che le agenzie di stampa hanno definito un militante di Fli", ha spiegato. Il ministro ha parlato rispondendo a un'interpellanza di Fli e e Pdl in merito alle informazioni fornite al Senato sulla verifica con le autorità di Santa Lucia dell'autenticità dei documenti della casa di Montecarlo, venduta da An sotto la presidenza di Gianfranco Fini.

"Per fugare, anche sul fronte internazionale, ogni dubbio suscitato da false ricostruzioni sulla manipolazione del documento" sulla casa di Montecarlo e per "tutelare l'immagine dello Stato italiano, ho ritenuto di chiedere alle autorità di Santa Lucia l'autenticità dell'atto emesso dal ministero della giustizia di quel Paese", ha poi ha sottolineato il ministro ribadendo la competenza della Farnesina nel chiedere "chiarimenti a un governo straniero". "Gli stessi argomenti", ha aggiunto Frattini "saranno a disposizione degli organi inquirenti".

Per il capogruppo di Fli, Italo Bocchino, si tratta di "uno sgarbo istituzionale gravissimo". Il titolare della Farnesina, ha incalzato l'esponente di Futuro e LIbertà, "si è reso protagonista di una vicenda torbida per cui oggi è indagato". Con la risposta data alla Camera oggi il ministro degli Esteri quindi "si è detto reo confesso, come complice di un'azione di dossieraggio ", ha aggiunto Bocchino. "Ha violato il galateo istituzionale, ha messo la Farnesina a disposizione di una strategia contro al terza carica dello Stato, piegando a questa logica i mezzi della diplomazia italiana", ha detto il capogruppo di Fli. Che ha aggiunto: "Frattini è intervenuto per la casa di Montecarlo. E invece quando la povera nipote di Mubarak è stata arrestata per furto, non ha chiamato al Cairo per dire 'state tranquilli ci pensiamo noi'? In quell'occasione si è dimenticato di fare il ministro degli Esteri". La verità, ha concluso Bocchino rivolgendosi a Frattini, è che "lei si è prestato ad una operazione di dossieraggio dissennata, con un obiettivo anti istituzionale teso a colpire il presidente della Camera. Nel momento in cui il presidente del Consiglio era sotto scacco, avete aperto la cassaforte e tirato fuori questi documenti: non è così che si servono le istituzioni". (www.repubblica.it)

Da Minzolingua a Renzullingua

Il Tg1 ha scritto ieri sera un altro pezzo di grande televisione. Stavolta Minzolingua non ha leccato in proprio, ma ha paracadutato a Palazzo Grazioli uno dei suoi più scalpitanti cavalli di razza: Daniele Renzulli. Chi era costui? I colleghi più anziani ricordano che arrivò al Tg1 con fama di amico dell’autista di Fanfani, dunque democristiano, dunque giornalista. Poi quel gran genio di Johnny Raiotta pensò bene di promuoverlo caporedattore dell’Economia. Il sopraggiungere di Scodinzolini non lo colse comunque di sorpresa: Renzullingua divenne un minzoliniano di ferro, firmando tutti i documenti di solidarietà al direttorissimo ingiustamente criticato per la sua rocciosa indipendenza. Ieri finalmente è scoccata la sua ora: “Dai, Renzulli, passa dal barbiere, mettiti il vestito buono, lucida le scarpe, succhia una mentina, avverti amici e parenti e presentati a Palazzo Grazioli da Lui. Non preoccuparti per le domande: te le detta Bonaiuti e comunque servono solo a rendere un po’ meno palloso il vecchio bollito, ché l’ultimo videomessaggio ha messo in fuga pure Bondi. Occhio a non sbagliare: certe occasioni capitano una volta nella vita”.

Il giovanotto, gli va riconosciuto onestamente, non ha tradito le attese. Nonostante la salivazione azzerata, l’occhio pallato e la sudorazione a Vajont, ha tenuto testa da par suo al presidente del Consiglio, mettendolo spesso all’angolo con domande ficcanti. La prima: “Presidente, negli ultimi due anni l’Italia ha tenuto alto l’argine della stabilità dei conti, come hanno riconosciuto l’Europa e il Fondo monetario: è il momento di tornare a crescere, in che modo?”. Colpito e affondato dalla virulenza dell’intervistatore, B. vacilla, per riprendersi a stento: e ha spiegato che la colpa della crescita zero è dell’articolo 41 della Costituzione, curiosamente in vigore anche negli anni del boom economico, ma ora sarà prontamente abolito. Il nostro eroe, però, non è tipo da lasciarsi invischiare dalle risposte dell’avversario, infatti è già pronto col secondo uppercut: “Lei è sceso in campo nel ’94 promettendo la rivoluzione liberale: per dare una scossa alla nostra economia è venuto il momento di andare fino in fondo?”. Qui il Cainano, già legnoso sulle gambe a causa delle notti insonni, si accascia alle corde con lo sguardo che implora pietà. E, in stato confusionale, biascica supercazzole tipo “piano casa… Sud… fiscalità di vantaggio… federalismo”. Implacabile, Renzulli lo finisce con il ko: “Lei ha fatto una proposta di collaborazione all’opposizione, che ha risposto che non è credibile. Dietro questo rifiuto, secondo lei, aleggia il partito della patrimoniale, la vecchia ricetta che punta sempre sulla scorciatoia dell’aumento della pressione fiscale?”. Il nano bollito, dal tappeto, delira: “Il problema principale è il debito pubblico che abbiamo ereditato dai governi del passato… moltiplicato 8 volte dal 1980 al ’92 dalle vecchie forze politiche, con i comunisti in primo piano, negli anni del consociativismo”.

Qui si chiude l’intervista, ma solo per i telespettatori. Renzulli invece rimane lì e si scatena, ricordando a B. alcune verità scomode. Dal 1980 al ’92 si susseguirono i premier Cossiga, Forlani, Spadolini, Fanfani, Craxi, Goria, De Mita, Andreotti, Amato: 6 Dc, 2 Psi, 1 Pri, nessun comunista (il Pci era all’opposizione). È grazie a loro se, in quei 12 anni, il debito pubblico passò dal 60 al 118% del Pil. Consociativismo? L’aumento più vertiginoso si registrò nei quattro anni di Craxi (1983-’87: da 456 a 890.000 miliardi di lire). Di cui B. era amico, finanziatore ed elettore. E chi erano i consiglieri economici di Craxi negli anni in cui il debito raddoppiava? Tremonti, Siniscalco, Brunetta e Sacconi. B. li ha promossi tutti e quattro ministri. Queste e altre verità Renzullingua ha ricordato al premier in coda all’intervista. Purtroppo, sul più bello, l’hanno tagliato. (Marco Travaglio - IL FATTO QUOTIDIANO -)

mercoledì 2 febbraio 2011

Il trasformista

Luca Barbareschi, l'uomo che aveva annunciato tra le lacrime il manifesto di Fli, non sa più dove stare. E mentre la Rai decide se firmare con lui contratti per 14 milioni, si presenta al pranzo dei finiani. Ma molti colleghi se ne vanno.

Lunedì prossimo va in onda su Rai tre il suo film "Il Trasformista". Titolo profetico per l'avventura ormai tragicomica di un uomo in preda a un delirio psicopolitico. Sembrava il più finiano tra tutti i finiani. Definiva Berlusconi un traditore. Sul caso Ruby, diceva che se fosse stato al posto del premier si sarebbe dimesso. E invece adesso i rumors politici dicono che a dimettersi sarà proprio Barbareschi. Un modo per far spazio al primo dei non eletti, il pidiellino doc Giovanni Marras. Del resto, ai microfoni della Zanzara, dichiara: "Nell'inchiesta su Ruby ci sono delle foto fatte in casa Berlusconi con strumenti professionali usati per lo spionaggio. Se dovessi vederne una pubblicata, come cittadino italiano mi sentirei offeso". Fatto sta che lui non si sbilancia e, durante la trasmissione radiofonica Un giorno da pecora, dice sibillino: "Il 7 febbraio leggerò un comunicato di due ore, parlerò del trasformismo in Italia". E visto che il 7 viene trasmesso il suo film, c'è persino chi pensa a una surreale trovata pubblicitaria. (www.ilfattoquotidiano.it)