In questi giorni stiamo sentendo dichiarazioni a reti unificate sulla grave crisi economica della Grecia. Dichiarazioni che suonano all’incirca così: "L’Italia non farà la fine della Grecia", oppure "L’Italia sta meglio di Grecia, Spagna e Portogallo", o peggio "L’Italia non è la Grecia". Tutti parlano ma Tremonti è scomparso dalla scena, un po’ come avviene quando è in arrivo uno tsunami, prima del quale alcune specie animali, avvertendo il pericolo, abbandonano l’habitat.
Non mi conforta sapere che l’Italia sia l’ultima o la penultima in una lista di Paesi con prospettive disastrose per il proprio futuro, in odor di default insomma. Certo peggio di noi magari stanno la Turchia, o il Tagikistan ma un governo dovrebbe pensare, e gli italiani lo chiedono, a come portare il Paese in vetta a primati edificanti e non traguardarlo ad una sterile discussione di quanto vicino o lontano sia dal peggiore esempio in circolazione sulla piazza. E’ chiaro che se il Paese non vuol fare la fine della Grecia, gli italiani hanno bisogno di qualcuno che gli dica la verità e li inviti a rimboccarsi le maniche.
L’Italia dei Valori intende capire quale sia lo stato di salute del Belpaese e sta proponendo in tutte le sedi opportune delle proposte per poter affrontare la stretta economica che sta sgretolando l’economia reale e che sta cominciando ad erodere il risparmio ed il benessere accumulato in oltre cinquant’anni di prosperità. Ma quest’attività oggi è ostacolata dal governo che non vuole affrontare l’argomento nelle sedi preposte, intento a portare avanti i propri tornaconti nazionali ed ora anche locali. Ma per capire se la nostra cura, fatta di punti programmatici, è efficace o meno dobbiamo visitare il paziente.
Guardando i numeri la diagnosi non fa ben sperare, l’Italia ha un debito pubblico di un ordine di grandezza superiore a quello della Grecia (1.800 contro i 298 miliardi greci), un deficit senza uguali (115%) e nuvole nere che si addensano all’orizzonte, come segnalato da un articolo del New York Times del 23 febbraio. L’articolo, a triplice firma, non ha riscosso successo negli editoriali di Minzolini, né negli esilaranti Tg di Fede, il governo ha reagito con un rumorosissimo silenzio anche se la notizia non è passata inosservata nel resto d’Europa e molti, infatti, hanno espresso preoccupazione.
Secondo l’inchiesta giornalistica del quotidiano statunitense, una parte del debito pubblico della Grecia è stato occultato tramite l’utilizzo di derivati, il che significherebbe che il suo ammontare è più alto di quanto noto all’Europa. Nell’articolo del New York Times viene citata anche l’Italia: essa è tra i Paesi che sarebbero stati aiutati dalle banche corse in aiuto di politici per imbastire questa “copertura”. L’Italia dei Valori ha depositato il 25 febbraio, in Senato, un’interrogazione scritta rivolta al ministro dell’Economia (leggi il documento), che ultimamente è desaparecidos (come il suo capo), e che non ha ancora dato risposta. Gli italiani informati, anche a nome di quelli volutamente tenuti nel brodo dell’ignoranza, vorrebbero una risposta dal loro dipendente Tremonti, anche dal profondo della macchia alla quale si è dato.
Mi sembra sia opportuno e doveroso da parte del governo smentire immediatamente, anche sul New York Times, questa indagine giornalistica, sempre che sia possibile farlo, esibendo le prove che rassicurino il sistema economico internazionale. Una cosa è certa: se l’Italia non vuol fare la fine della Grecia per uscire dalla crisi non dovrà affidarsi a questo governo né ai suoi signori del debito pubblico. (www.antoniodipietro.it)
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