Martedì, dopo il nuovo attacco eversivo di Berlusconi contro la magistratura ("i pm patologia del Paese") avevamo scritto che Napolitano sarebbe sicuramente intervenuto a difesa del potere giudiziario mai così violentemente e ripetutamente minacciato da un presidente del Consiglio. Ieri, puntualmente il capo dello Stato ha parlato chiedendo rispetto per tutte le istituzioni. Altrettanto puntualmente Berlusconi è tornato a insultare i giudici. Pensavamo di avere bene interpretato, oltre alle opinioni dei nostri lettori, gli intendimenti del capo dello Stato. Purtroppo, non era così. Un’aspra reprimenda di un autorevole consigliere del Quirinale ci è subito piovuta addosso. Non è piaciuto il titolo ("Napolitano che dice?"). E neppure l’appello, pur rispettosamente rivolto. Pensiamo forse che il Presidente possa sottoporsi a una sorta di ping pong polemico con il premier ogni volta che costui apre bocca, sia pure a sproposito? E come mai, invece di porre pretestuose domande non abbiamo correttamente riportato la dura risposta di Napolitano quando, a fine febbraio, il premier parlò di magistrati "talebani"?
Non ci soffermeremo sulle altre doglianze del Colle nei confronti del Fatto: quelle citate bastano e avanzano. Sinceramente, non comprendiamo la critica principale, quella del ping pong. Sulla frequenza dei moniti di Napolitano, nulla da dire. Il più incisivo, lo abbiamo ricordato, dopo la bocciatura del lodo Alfano e il successivo attacco rivolto alla Corte costituzionale dal sultano furioso. Non è bastato evidentemente, se ora Berlusconi torna alla carica minacciando addirittura di regolare i conti con la magistratura attraverso "riforme" che limiteranno fortemente l’autonomia del potere giudiziario. È così grave che un giornale chieda al capo dello Stato un nuovo intervento davanti a una nuova aggressione? E c’è un motivo che costringa la libera stampa a scattare sugli attenti ogni volta che scrive di Napolitano? Siamo giornalisti non corazzieri di complemento. (ANTONIO PADELLARO - IL FATTO QUOTIDIANO -)
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