domenica 3 marzo 2013
Bersani e il fatale compiacimento per l’imitazione di Crozza
Nella primavera del 2011 Pierluigi Bersani era un leader in difficoltà. La sconfitta dei suoi candidati alle primarie per i sindaci di molte città, dopo lo scandalo di Sesto San Giovanni che aveva coinvolto il suo braccio destro Filippo Penati, evidenziavano un suo deficit di credibilità. Fu con stupore e gioia, allora, che egli accolse la formidabile imitazione-deformazione delle sue metafore operata da un grande personaggio come Maurizio Crozza. Lo prese come segno di popolarità, si presentò in prima fila allo spettacolo in teatro per ridere di se stesso e far vedere che era pure spiritoso, si convinse che Crozza lavorasse per lui. Anche nelle conversazioni private Bersani attribuiva molta importanza a quello che interpretò come un segnale di incoraggiamento a ignorare i nodi politici imbarazzanti, tanto li avrebbe “coperti” con la sua personalità gioviale. Basti pensare a come sdegnò quel prezioso grillo parlante che aveva in casa, Arturo Parisi, non muovendo un passo per impedire che se ne andasse. Con il senno di poi constatiamo che l’imitazione si è mangiata l’originale: non riusciamo più ad ascoltare Bersani e a prendere sul serio il suo gergo, senza pensare a Crozza. Il Bersani senza Crozza dei manifesti con cui hanno tappezzato l’Italia risultava difatti triste, perfino un po’ lugubre. Temo che quel pizzico di vanità -intendiamoci, sarebbe capitato a chiunque- instillatogli per la via traversa di una satira bonaria, abbia distorto la percezione delle realtà al segretario del Pd, gli abbia gonfiato l’ego oltremisura. (www.gadlerner.it)
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