giovedì 12 luglio 2012

Il piatto piange



Va bene, fine dell’ intervallo. Lasciamo Grillo al suo bagnetto. Torniamo alle cose tristi. Berlusconi sta svendendo il Milan, già creatura diletta e paradigma dei suoi successi (”Farò dell’Italia quello che ho fatto del Milan”, disse e non sapeva di dire una verità) lasciandolo andare alla deriva per rientrare coi debiti. E’ il segno sicuro che il suo impero pubblicitario è alla canna del gas. Questa è la vera, sola ragione per la quale sta seriamente pensando di ri-ri-ri-ri-ricandidarsi come premier, alla guida di un partito di paglia che senza di lui è come la casetta del porcellino scemo, destinata a volare via in primavera nelle mani di schiappe come i Cicchitto, i LaRussa, i Gasparri, i Verdini, le Santanchè e quel patetico burattino d Alfano. Si ripete la situazione del 1993 quando organizzò in fetta e furia, con i creditori alle porte per migliaia di miliardi, un partito costruito con le amicizie, chiamiamole così, formate dall’antennista Galliani soprattutto in Sicilia comperando ripetitori, con l’agenda dei clienti di Publitalia creata da Dell’Utri e con l’autopropaganda attraverso i propri media.
Il principale movente di tutte le azioni, le reazioni e le operazioni berlusconiane è sempre il patrimonio personale, i suoi danèe, perché la sua forza è nei soldi, che deve proteggere dalla concorrenza, dai tribunali e dalla inesorabile dispersione prodotta dai divorzi e dai troppi eredi, non tutti proprio campioni da prima squadra. Quando la cassa vacilla, Silvio s’arzilla. Soltanto stando al governo o almeno in Parlamento essendo il leader di un’opposizione robusta e condizionante per leggi e voti, lo può fare. (Vittorio Zucconi http://zucconi.blogautore.repubblica.it/)

Nessun commento: