mercoledì 5 novembre 2008

Yes We Can

E alla fine è accaduto quello che ci aspettavamo già da molti mesi, Barack Obama è il 44° presidente degli Stati Uniti.
Ora le sorti del mondo passano dalle mani di G.W.Bush a quelle speriamo più sapienti di questo ragazzotto afro-americano.
Per Obama questa campagna elettorale è stata indiscutibilmente una passeggiata, troppo forte il desiderio degli statunitensi di abbracciare nuovamente il sogno americano, e per il suo avversario alla corsa presidenziale non c’è stato scampo. La figura dell’eroe del Vietnam del senatore Mc Cain ha attecchito poco di fronte al desiderio di normalità e di pace del popolo americano, e l’enorme partecipazione popolare a favore di Obama, alla consultazione elettorale, ne è stata la prova.
Adesso tutto il mondo guarderà con ancora più attenzione quale sarà il comportamento del nuovo inquilino della Casa Bianca, come si porrà verso l’Afganistan, l’Iraq, l’Iran, Cuba. Perché una cosa è promettere buoni propositi in campagna elettorale, un’altra è poi agire sotto l'influenza dei poteri forti e di consiglieri. E davvero sarà capace di mettere in secondo piano la potenza di Wall Street per sostenere l’uomo della strada, l’americano medio, i disoccupati, gli emarginati, gli “homeless”, ecc. ? Ce lo auguriamo sinceramente.
Voglio concludere questo modesto intervento con una riflessione tra il serio e il divertito.
Interessante sarebbe sapere cosa avrebbero detto oggi Martin Luther King e Malcom X, ma anche conoscere le impressioni della famiglia Jefferson (quella delle lavanderie dell’omonima serie televisiva) e della famiglia Sanford (della serie televisiva Sanford and Son, padre e figlio che vendevano ferri vecchi) rigorosamente di pelle nera che si auspicavano solo un miracolo affinché un “negro” diventasse Presidente degli Stati Uniti d’America !!!.
In coda a questo post visionerete il video con l’esecuzione dell’inno americano effettuata nel 1969 a Woodstock, quando Jimi Hendrix con la sua micidiale chitarra elettrica lo rivoltò come un calzino fino a farlo a fette, inviando così un messaggio di protesta al governo che mandava a morire in Vietnam milioni di soldati americani.


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