mercoledì 18 luglio 2012

Si sposano così anche i cavalli



La difesa della iniquità bigotta e ormai bigottamente irrazionale contro il riconoscimento civile – ripeto – civile delle unioni anche, ma non solo, fra persone dello stesso sesso si aggrappa ormai per evidente disperazione alla questione riproduttiva. Il matrimonio va riservato a chi può produrre un figlio, dunque non a due cittadini adulti che non possono, all’interno della propria unione e diciamo con mezzi propri, generare. A parte l’evidente scioccaggine di tale argomento, che automaticamente dovrebbe dissolvere un matrimonio che, per scelta o per ragioni fisiologiche, non può generare, non essendo nessun essere umano obbligato a fare figli, mi offende personalmente l’idea che io, ormai ben oltre 40 anni or sono, abbia sposato in una chiesina dell’ Alta Valle Brembana la donna con la quale ci eravamo scelti, per far razza, come io fossi stato un toro da monta e lei una giovenca, entrati in quella chiesa muggendo il nostro “si” soltanto per poter produrre vitellini. L’ho sposata perchè l’amavo e presumevo che lei amasse me e qualche anno più tardi abbiamo deciso di avere il nostro primo figlio. Il ridicolo dell’argomento matrimoniale dei pavidi bigotti è talmente insensato che porterebbe diritto a una conclusione logica paradossale: che un uomo sterile o una donna infeconda non si potrebbero mai sposare, mentre uno stallone e una giumenta avrebbero il diritto di farlo. Questa sempre più piccola banda di ipocriti e di sepolcri imbiancati non ha il coraggio di dire la semplicite verità che gli omosessuali gli fanno schifo e non vogliono riconoscere la legittimità del loro amore. Non è il “matrimonio gay” che respingono, è proprio l’essere gay. (Vittorio Zucconi http://zucconi.blogautore.repubblica.it/)

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