mercoledì 14 novembre 2012

Lo vogliamo riconoscere, adesso, che la Grecia siamo noi?

Gli scontri di Napoli intorno alla conferenza col ministro Fornero, eletta a simbolo dell’impopolarità dei tecnici. La fuga in elicottero dei ministri Passera e Barca dal Sulcis, in Sardegna. La protesta degenerata in incidenti un po’ dappertutto da Roma a Torino a Milano. Dopo averci predicato per mesi che “l’Italia non è la Grecia” da parte di autorità che hanno assunto lo spread a unico metro di misurazione della nostra economia, è venuto il momento di riconoscere che la sofferenza sociale ha superato il livello di guardia anche in Italia. Non si tratta più di discettare se ci troviamo ancora sul bordo del burrone, ma di riconoscere che ampi settori della società italiana in quel burrone ci sono già precipitati da più di un anno. E che la recessione non promette che un peggioramento ulteriore di questo disagio che si trasforma in povertà e genera disperazione. Dovremo indagare il ruolo assunto dal sindacalismo di base (Usb, Cobas e altre sigle) e la sua contrapposizione aperta, talvolta violenta, a Cisl e Uil. Ma soprattutto dobbiamo smetterla di guardare all’economia finanziaria come priorità, intanto che l’economia reale va a rotoli insieme alle condizioni di vita della gente. Fra gli scontri italiani di questi giorni e le manifestazioni di Atene e Salonicco non c’è più molta differenza. (www.gadlerner.it)

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