martedì 11 settembre 2012

Nun te reggo chiù

Dagli anni lontani eppure ancora presenti della invasione di campo da parte di Berlusconi nel 1994, torna puntuale la discussione sul tacerne o parlarne, se sia più utile ai vari ciarlatani del potere e aspiranti tali fare loro le pulci pubblicamente o lasciare che si spulcino da soli. Nel caso Berlusconi la discussione era palesemente insensata, visto che l’uomo disponeva, e dispone, di enormi strumenti privati di propaganda e di grancasse di risonanza in ogni forma e luogo. E i sostenitori del partito del silenzio dimenticano sempre che la Lega Nord crebbe e si affermò sotto il radar di tv e grandi media, troppo a lungo ignorata, mentre cominciò a vacillare quando finalmente i mezzi di comunicazione cominciarono ad accendere le luci sulle idiozie che dicevano (ricordate i “tram segregati” a Milano?) e sulle contraddizioni che esprimevano. Io sono per il partito del riflettore, un po’ perchè è il mio mestiere, un po’ perché i personaggi pubblici dimenticano sempre che l’eccesso di pubblicità e di esibizionismo, il presenzialismo ossessivo alla maniera di DiPietro che riesce a mettere la faccia ovunque convinto che questo gli porti consensi, subisce la legge dei “diminishing returns”, della diminuzione del profitto. Devi investire sempre di più per ottenere sempre di meno. Inizialmente, diffondere il marchio o la faccia anche attraverso attacchi e critiche serve, secondo l’infantile, ma per questo efficace equazione del “se i cattivi ci attaccano, vuol dire che noi siamo i buoni”. Ma con il crescere della esposizione, arriva sempre il momento della sazietà. In parole poverissime, la gente, il pubblico, gli elettori, cominciano a stufarsi di te, delle cose che devi per forza ripetere, ad avere la nausea di quelle giaculatorie, visto che non puoi rischiare di avventurarti in terreni inesplorati, a perdere quell’effetto novità e dunque quella curiosità che avevi suscitato. Una parte del fastidio verso la classe dirigente politica italiana, oltre i problemi, i guai, l’inettitudine, la crisi e blah blah, sta nel non poterne più di quella facce. Non delle loro opinioni, dei loro partiti, delle loro risposte, ma proprio di loro, fisicamente. Ma loro non capiscono, credono che andando a ogni talk show, sgomitando per infilarsi in ogni TG, aumenti la popolarità, mentre crescono soltanto la loro vanità e l’irritazione di chi li guarda. (Vittorio Zucconi http://zucconi.blogautore.repubblica.it/)

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