venerdì 14 settembre 2012

Quando salta il coperchio



Non ho nessuna spiegazione passepartout per quello che è accaduto in Libia, proprio nella città dove l’ambasciatore ucciso aveva lavorato per aiutare la Cirenaica a liberarsi di Gheddafy e poi a portare la ribellione in tutto il Paese. In terre dove i lancia razzi sono diffusi come i telefonini, e gliene abbiamo venduti a migliaia, organizzare un attacco a un edificio indifeso non richiede grandi strateghi. grande coraggio o grande preparazione. Ma una cosa è evidente: le dittature, di qualsiasi natura e colore siano, sono coperchi che tengono chiusa la pentola a pressione di società che per generazioni non hanno conosciuto altro che colonialismo, dominazioni esterne, capi tribù e tiranni. E dunque non esistono, come nell’Italia post fascista o nella Germania post nazista, tradizioni ed esperienze pregresse, con possibili dirigenti politici, intellettuali, tecnici (oh yes) e organizzazioni sociali in grado di riempire il vuoto, come furono in Italia i comunisti, i socialisti, i cattolici, i liberali, gli azionisti. Aspettarsi che togliendo il coperchio non esploda tutto quello che è stato tenuto sotto, anche con la nostra interessata complicità (ricordate le grottesche visite di Gheddy a Roma?) è per lo meno ingenuo e ipocrita. La rivoluzione, diceva uno che se ne intendeva, non è una festa da ballo. Si sa come cominciano, mai come finiscono. (Vittorio Zucconi http://zucconi.blogautore.repubblica.it/)

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