mercoledì 26 agosto 2009

Va bene. "Time" non attacca soltanto il nostro presidente del Consiglio dei ministri, ma attacca anche la stampa italiana. Sostiene che in Italia i giornali sono scritti e stampati per un numero esiguo di persone, una lobby di potenti. Che il linguaggio è per loro. Che i giornalisti non sono mai indipendenti perché lavorano in gruppi editoriali che hanno interessi concreti in settori che stanno al di fuori dell'editoria (ovvero che non esistono gli editori puri), e che soprattutto i giornalisti hanno bisogno di fare i primi della classe e sfoderare la grande scrittura per dimostrare di essere bravi. La sintesi dell'articolo di "Time" è all'incirca questa. Tra l'altro si fa l'elogio delle free press che con pochissimi mezzi e molta competenza riescono a mettere sui loro giornali notizie più importanti e più interessanti.Va bene. "Time" ha ragione, ma nessun giornale italiano ha ripreso questo articolo. Eccetto "Il Sole 24 Ore". Chiaro segno di un fatto: i giornalisti italiani si sono irritati. Pronti a celebrare la stampa straniera e in particolar modo quella americana quando assai giustamente mette in ridicolo un paese dove le escort parlano come Jean Paul Sartre, ma distrattissimi quando qualcuno spiega che i giornali italiani non sono meglio del resto del paese: spesso faziosi, pronti a schierarsi ad di là di qualsiasi etica della notizia, settari, disinteressati quasi completamente alle esigenze di informazione dei lettori e delle persone comuni.Il protagonismo giornalistico in Italia è diventato pressoché patologico, in televisione come nella carta stampata. In questa rubrica questi temi sono stati affrontati moltissime volte. I temi di una stampa che arranca, che non ha più un'identità vera, che purtroppo difetta di competenza e di umiltà. Lo sappiamo, ma nessuno dice nulla. Sappiamo che la vecchia classe dirigente giornalistica non è stata sostituita da una nuova, sappiamo che ancora i criteri di assunzione nei giornali sono per cooptazione. Sappiamo che è difficilissimo per i più giovani, che spesso sono anche i più bravi e i più duttili, oltre che i più moderni, entrare nei giornali per meriti personali, curriculum e capacità. Sappiamo che i paradigmi nei giornali sono vecchi di quarant'anni, ma sappiamo anche quanto gli editori tengano i loro giornali non come una scommessa imprenditoriale, ma soltanto come una leva di potere.Il risultato è sotto gli occhi di tutti: i giornalisti più giovani e originali vengono invecchiati rapidamente, con un processo artificiale ed efficace, perché non abbiano nulla di diverso e di sorprendente rispetto ai loro fratelli maggiori. E chi fa materialmente i giornali risponde a logiche vecchie che non interessano più i lettori. Perché il punto è proprio questo. I lettori non ci sono più. E i giornali girano a vuoto. "Time" ha ragione, ma in Italia l'autocritica non la fa nessuno. Solo esibizionismo, pressapochismo, poca preparazione, narcisismo ovunque. Quando riusciremo a invertire la tendenza? (ROBERTO COTRONEO - L'UNITA' -)

Nessun commento: