sabato 28 maggio 2011

Lettera a Obama su Berlusconi "Not in my name"

Gentile presidente Obama,
Se vent’anni fa mi avessero detto che un giorno avrei scritto al presidente degli Stati Uniti d’America, non lo avrei ritenuto possibile. Adesso le circostanze me lo impongono, nell’interesse del mio Paese, che mi onoro di rappresentare al Parlamento europeo.

Tutta l’Italia ha visto l’imbarazzante video del G8 di Deauville durante il quale il nostro anziano presidente del Consiglio dei Ministri l’ha avvicinata per metterla al corrente della “deriva” che riguarderebbe la nostra “magistratura politicizzata”, del fatto che tutti i giudici “di sinistra” vogliono rovinarlo. Sono certa che non le ha raccontato di essere indagato a Firenze come mandante occulto delle stragi del 1993 in Italia, ma ritengo che la stampa estera abbia dato ampio spazio agli scandali di Silvio Berlusconi, per cui probabilmente i cittadini statunitensi, più di quelli italiani, conoscono la pochezza politica di quest’uomo.

Mi rendo conto del ruolo difficile del Presidente degli Usa, e comprendo che per protocollo deve intrattenere rapporti con i primi ministri dei più importanti Paesi. Non mi permetterei di chiederle cosa abbia risposto al premier Berlusconi, posso solo immaginare l’imbarazzo, forse pari a quello provato quando nel 2009, a Buckingham Palace, il nostro Presidente del Consiglio, di recente rinviato a giudizio per prostituzione minorile e concussione, cominciò ad urlare “Mister Obama”, riuscendo a farsi rimproverare anche dall’impassibile regina d’Inghilterra che, guardandolo con austerità, lo ammonì: “Ma perché deve urlare?”.

Quello che mi preme far presente è che, qualora lei dovesse avere anche un solo flebile dubbio su quei magistrati cui faceva riferimento il Presidente del Consiglio italiano, io sono disposta, in qualità di cittadina italiana, di presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia e di parlamentare europeo membro della Commissione LIBE, a raccontarle la vera storia della magistratura italiana e il lavoro dei giudici antimafia che mi onoro di conoscere uno per uno e sulla cui onestà e rettitudine sono pronta a giurare. Ogni giorno essi combattono su due fronti: la mafia, che li vuole morti, e il Governo italiano, che cerca dal 1994 in ogni modo di ostacolarne il lavoro.

Mi conceda la possibilità di raccontarle la verità. Non vorrei che la sua idea della magistratura italiana possa essere deviata da un uomo, Silvio Berlusconi, che insulta i giudici dicendo che sono “antropologicamente diversi”, “mentalmente deviati” e “un cancro”, e che offende il loro lavoro affermando che cercare la verità sulle stragi di mafia è uno “spreco di danaro pubblico”. Berlusconi è un uomo che rimane in politica per salvarsi dai suoi guai giudiziari e che non rappresenta più nessuno.

La storia della magistratura italiana è una storia ricca di orgoglio, fatta di uomini e donne integerrime che hanno pagato il prezzo più alto per le loro battaglie, contro il terrorismo prima e contro la criminalità organizzata poi.

Proprio pochi giorni fa si è saputo di un progetto omicida ai danni di un magistrato italiano, Antonino Di Matteo, che sta seguendo i processi più complessi, occupandosi delle collusioni tra mafia e istituzioni deviate. Un magistrato serio e competente tra i più esposti e aggrediti da chi dovrebbe proteggere i servitori dello Stato come lui. I magistrati italiani non meritano di essere ridicolizzati di fronte al mondo e di fronte al Presidente degli Stati Uniti.

In attesa di un suo riscontro,
le porgo i saluti della parte “normale” del Paese,

On. Sonia Alfano
Deputato al Parlamento Europeo
Membro della Commissione LIBE

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