mercoledì 10 giugno 2009

Sondaggi spericolati

Sono tornate le vecchie comiche postelettorali in voga ai tempi poco eroici della Prima Repubblica. Le discussioni televisive fra esperti vertono su esili distinguo. C’è chi rivendica con orgoglio la conquista di uno zerovirgola, e chi si consola di un meno sette senza virgola pensando che avrebbe potuto perdere l’otto o il dieci, come avevano vaticinato i corvi. Gli italiani si adeguano: ripropongono al bar, in famiglia e in ufficio la stessa atmosfera regnante negli studi tivù, ruminando i concetti espressi da Franceschini, Melandri, La Russa, Buttiglione ed epigoni vari. Attorno ai tabelloni dei risultati si anima il ritratto dell’Italia: mancano soltanto la moviola e Biscardi. Roba invisa agli esteti; ma questa è la nostra normalità. Ogni interpretazione del voto, pur imperniata su confronti improbabili, ha una logica apparente: e l’ultimo che parla ha sempre ragione. Alla tentazione di contribuire alla confusione non resistiamo neanche noi, limitandoci però a considerare le europee. Che per il PdL sono state una delusione cocente maldissimulata. Non a causa dei numeri usciti dalle urne ma di quelli elaborati dai sondaggisti che avevano diffuso nel centrodestra un ottimismo sfrenato, vicino al delirio. Lo stesso Berlusconi non nascondeva di aspettarsi lo sfondamento del 40 per cento, e perfino noi scettici blu gli avevamo creduto perché ha fama di mago demoscopico. Ignoriamo su quali elementi si fondassero certe previsioni. Calcoli sbagliati, premonizioni oniriche scambiate per dati acquisiti, esaltazione collettiva? (VITTORIO FELTRI, LIBERO)


Per fortuna che il direttore Feltri è rinsavito e ha leggermente spernacchiato i famosi sondaggi del Cavaliere.

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