giovedì 22 ottobre 2009

Vedrete che anche stavolta farà finta di nulla facendoci sapere – meglio se dallo studio-amico di AnnoZero – di non sapere nulla delle sentenze a lui avverse. Ma anche stavolta Marco Travaglio, è di lui che parliamo, è stato condannato, insieme alla Garzanti libri spa. O meglio: la terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 22190) ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Torino che aveva disposto il risarcimento in favore dell’ex giudice Filippo Verde, seppure con una somma molto esigua - 5mila euro, appunto, e il rimborso delle spese - a quella da lui richiesta (500 milioni delle vecchie lire). Nel suo libro “Il manuale del perfetto inquisito”, Travaglio scriveva che Verde era stato “più volte inquisito e condannato”, mentre l’ex giudice non ha mai riportato alcuna condanna definitiva e, in un caso, è stata dichiarata la prescrizione di un reato a lui addebitato. Insomma, anche in quel caso la tecnica utilizzata è stata sempre la stessa: si prende la faccia del primo malcapitato di turno, si mette di fronte ad un mucchio di fango e via, si accenda il ventilatore. Talvolta il giochino riesce male e il Travaglio ci rimette le penne; o meglio, la reputazione (o quel poco che è rimasto di essa), considerando che il soggetto viene citato soprattutto per diffamazione. Nella sua pronuncia, la Cassazione afferma tra l’altro che “il potere-dovere di raccontare e diffondere a mezzo stampa notizie e commenti, quale essenziale estrinsecazione del diritto di libertà di informazione e di pensiero, incontra limiti in altri diritti e interessi fondamentali della persona, come l’onore e la reputazione” e, in materia di cronaca giudiziaria, “deve confrontarsi con il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza”. Onore e reputazione della persona, presunzione di non colpevolezza: tre essenziali fattori che invece, molto spesso, sembrano essere sconosciuti al Travaglio e di questo riteniamo sia giusto che ne paghi le conseguenze. E’ vero che esiste il cosiddetto “diritto di cronaca giudiziaria”, ma questo va escluso, si legge ancora nella sentenza, “allorché manchi la necessaria correlazione tra il fatto narrato e quello accaduto, il quale implica l’assolvimento dell’obbligo di verifica della notizia e, quindi, l’assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto esposto, nonché il rigoroso obbligo di rappresentare gli avvenimenti quali sono, senza alterazioni o travisamenti di sorta, risultando inaccettabili i valori sostitutivi, quale quello della verosimiglianza, in quanto il sacrificio della presunzione di innocenza richiede che non si esorbiti da ciò che è strettamente necessario ai fini informativi”. In poche parole: sarebbe meglio non dire/scrivere bugie, soprattutto se il fine ultimo è quello di sputtanare, senza se e senza ma, terze persone e la loro reputazione. Come ha già esclamato qualcuno prima di noi, “meditate gente, meditate!”. (GIANLUCA PERRICONE - L'OPINIONE DELLE LIBERTA' -)


Un merito è da attribuire a Silvio Berlusconi, quello di aver sdoganato il verbo "sputtanare" che è diventato di moda tra i suoi peones.




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