giovedì 24 febbraio 2011

Fermiamo il massacro in Libia



Muhammar Gheddafi non è solo un dittatore e un tiranno. E’ un macellaio che non esita a massacrare e bombardare il suo popolo pur di restare al potere. Io trovo, prima che politicamente, moralmente inaccettabile che il presidente della commissione Esteri del Senato del mio paese, Lamberto Dini, affermi che “L’Italia non auspica la fine del Colonnello”.

Sono parole che aumentano la vergogna che sta ricadendo sull’Italia per colpa di chi la governa e che svelano quanto bugiarda e ipocrita sia la presa di posizione di Berlusconi contro Gheddafi, arrivata tardi e quando era ormai impossibile continuare a tacere per non disturbare il massacratore.
Dopo quel è successo negli ultimi giorni in Libia, non è più questione di parole. Prendere le distanze non può bastare. Il governo italiano ha sottoscritto con la Libia un patto scellerato, votato con immensa cecità anche dal Pd, e bocciato solo da noi dell’Italia dei valori e dall’Udc. Con quel patto, l'Italia si è impegnata a pagare Gheddafi, a non impicciarsi degli affari interni libici e a rifornirlo di armi in abbondanza. Lui, in cambio, si incaricava di fermare gli immigrati africani che cercavano di partire dalle coste libiche. Lo ha fatto con gli stessi metodi che sta usando oggi contro chi protesta.

Ha riempito i lager, ha dato ai suoi soldati licenza di stuprare in massa le donne emigrate dagli altri paesi africani, ha cosparso il deserto di cadaveri. L'Italia ha fatto finta di non vedere. Ha dato a Gheddafi licenza di uccidere e non voleva sapere altro. Ora non possiamo più tacere e fare finta di niente.

Ma per una volta la colpa di questa situazione che rende l’Italia complice di un assassino di massa non è solo di Berlusconi e nemmeno solo della politica. L’intreccio di interessi tra l’Italia e Gheddafi è spaventoso. Oggi sul quotidiano “Repubblica” c’è un prospetto degli interessi libici in Italia tale da far drizzare i capelli sulla testa.

Il governo libico è il primo azionista di Unicredit. Detiene il 2% delle azioni di Finmeccanica, una percentuale uguale delle azioni Eni, il 14,8% delle azioni di Retelit, la società controllata da Telecom che si occupa della fornitura di servizi per la banda larga. Controlla anche il 7,5% della Juventus, e anche uno come me, che è tifoso juventino da tutta la vita, quando viene a saperlo si chiede come i tentacoli del dittatore libico abbiano potuto estendersi tanto nel nostro Paese.

A tutto questo, poi, vanno aggiunti gli appalti delle opere in Libia, che grazie ai buoni uffici del governo sono stati affidati ad aziende italiane, e le forniture di gas, che rendono l’Italia dipendente dalla Libia per il proprio fabbisogno energetico. Ciò significa che quando si è trattato di fare affari e soldi, le aziende e la politica italiane non ci hanno pensato sopra un momento prima di ignorare i diritti umani e civili di un popolo.

Cosa dobbiamo fare ora noi italiani? Dobbiamo preoccuparci di offrire il massimo aiuto umanitario alla popolazione libica. Dobbiamo inviare le nostre navi e fare il possibile per sostenere quella gente che in questo momento è esposta a tragedie di ogni tipo. Però dobbiamo fermarci agli aiuti umanitari senza nemmeno prendere in considerazione interventi militari. Sappiamo già come andrebbe a finire. Ci troveremmo impigliati in una situazione dalla quale non sapremmo più come uscire, e dopo un po’ finiremmo complici di questo o quel signore della guerra, come è successo in Afghanistan.

Ma ancora prima dobbiamo annullare il patto scellerato italo-libico che ci rende a tutti gli effetti complici attivi del regime massacratore di Gheddafi. Quell’accordo deve essere stracciato subito. E ci aspettiamo che a chiederlo con noi, riconoscendo l’errore commesso votando a favore di quel patto, sia anche il Partito democratico. (www.antoniodipietro.it)

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