lunedì 31 ottobre 2011

Sallusti (dico Sallusti !!!) azzanna Ingroia

Ci sono voluti diciott'anni, ma alla fine lo hanno ammesso: nei confronti di Silvio Berlusconi e della politica non tutta la magistratura è imparziale. A dirlo è uno dei procuratori simbolo della sinistra, Antonio Ingroia, leader dell'antimafia siciliana, l'accusatore, tanto per intenderci, di Marcello Dell'Utri. Citiamo testualmente: «Un magistrato deve essere imparziale ma sa da che parte stare. Io confesso di non sentirmi del tutto imparziale, anzi, mi sento partigiano». Parole terribili, per di più pronunciate in una assise politica, il congresso del Partito comunista di Diliberto. L'outing di Ingroia permette finalmente di rileggere, e riscrivere, la recente storia dei rapporti tra politica e giustizia: pm di parte hanno tentato di abbattere Silvio Berlusconi e la sua maggioranza perché si sono auto investiti di una missione con radici divine che travalica i loro compiti, cioè decidere chi e come ci deve governare al di là delle leggi e del responso elettorale. Partigiani di sinistra che si sono scagliati contro il centrodestra per liberare il Paese da un nemico di classe.

Ingroia andrebbe allontanato dalla magistratura, da subito. L'ammissione rende incredibile ogni suo atto futuro, qualsiasi cittadino elettore del centrodestra che capitasse in una sua inchiesta potrebbe e dovrebbe ricusarlo per dichiarata imparzialità. Ma tutto il suo lavoro passato andrebbe rivisto alla luce di questa ammissione, a partire dall'accanimento che ha portato alla condanna a sette anni in secondo grado di Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Per non parlare dei pentiti da lui scagliati contro Berlusconi con effetti giudiziari nulli ma mediaticamente devastanti.

Ingroia è dunque stato un magistrato che si rifiuta di essere «esecutore materiale di leggi ingiuste», come ha detto ieri. Chi decide se una legge è giusta? Lui? E perché non io. Oggi è legittimo chiedersi quanti sono stati e sono i magistrati nelle condizioni di Ingroia. Quante sono state le inchieste politiche, quante le sentenze viziate da una visione privatistica della giustizia? E con che coperture nella filiera che detta la legge? Altre domande. Il Consiglio superiore della magistratura era al corrente dell'esistenza di una P2 al proprio interno? Qualcuno può escludere che anche la Corte Costituzionale sia affetta dallo stesso virus? Che cosa ne pensa e che cosa intende fare il Capo dello Stato di fronte a una simile ammissione? Per ora c'è soltanto una risposta certa: ci sono arbitri che fanno anche i giocatori. E Gianfranco Fini non è più l'unico. (Alessandro Sallusti - IL GIORNALE -)



Curioso, ma non tanto, che Sallusti concluda il suo articolo parlando di arbitri che fanno anche i giocatori ! Dimentica forse che l'arbitro, ma in pratica il giocatore più famoso siede sulla poltrona di Capo del Governo ? E poi chi si dichiara "partigiano della Costituzione" come affermato da Ingroia, ne siamo certi, avrà il sostegno della società civile...sempre.

1 commento:

gianni tirelli ha detto...

SALLUSTI – AL PEGGIO NON C’E’ MAI FINE

Se è vero come è vero, che al peggio non c’è mai fine, l’investitura di Sallusti alla direzione de “il Giornale”, lo ha dimostrato ampiamente.
Chi avrebbe mai scommesso sul fatto che il nuovo occupante, potesse, non solo eguagliare ma, surclassare per servilismo, accanimento mediatico e delegittimazione dell’avversario, le epiche imprese del suo mentore, Vittorio Feltri?
In questi casi straordinari, la realtà sconfessa ogni logica, ogni buon senso e più rosea deduzione.
Nosferatu Sallusti, per un meccanismo perverso (che solo la psichiatria, forse, potrebbe spiegare), cerca di dimostrare al Venerabile Maestro Nano e ai suoi lettori, di essere molto peggio del suo, un tempo, direttore; pensando, in questo modo, non solo di dare continuità alla linea editoriale tracciata da Feltri, ma di surclassarne la faziosità e la propensione alla prostituzione - a dimostrazione di una totale abnegazione e di cieca obbedienza, verso il Padrone dalla testa d’asfalto .
I motivi sono individuabili nel fatto che, Vittorio Feltri, era un diretto servitore del padrone (servo di 1° grado) mentre, Sallusti è sempre stato al servizio del servo del padrone. Questa doppia subalternità (servo di 2° grado), evidentemente vissuta con frustrazione, sete di rivalsa e represso rancore, amplifica il suo desiderio di vendetta e di protagonismo, tanto da trasfigurarlo in una vera e propria patologia compulsiva.

Del resto, solo quella vergogna nazionale di Feltri poteva avere come braccio destro una tale carogna.

La deontologia e l’etica, ci impongono dei limiti invalicabili e, in modo particolare, se appartieni alla categoria dei giornalisti che, nonostante le simpatie e le appartenenze politiche, si devono attenere, in modo scrupoloso e inequivocabile, al rispetto della verità, alla realtà dei fatti e a una onestà intellettuale integerrima.

Gianni Tirelli