giovedì 4 marzo 2010

La vicenda del senatore Di Girolamo è l’ennesima espressione del degrado etico e politico che alloggia tanto in Parlamento quanto nelle istituzioni.

Il Parlamento è diventato un punto di approdo per chi fa carriera tramite la corruzione sistematica e per chi è colluso con la criminalità organizzata. Nel Pdl il percorso di formazione politica è chiaro: cominci dalla gavetta “alla Pennisi”, se non ti fai beccare arrivi ai livelli di Cosentino. Se invece sei maldestro ti possono scoprire e a questo punto o ti chiami Cosentino o vieni cestinato alla Di Girolamo. Questo è il quadro di ordinaria follia che è il prodotto dieci anni di disvalori del berlusconismo.

Che Di Girolamo non sia “lucifero”, come lui non vuole definirsi, è vero e aggiungiamo che sappiamo che non è l’unico ad essere in questa situazione. Dovrebbero, infatti, dimettersi anticipando e recependo la barzelletta del ddl anti-corruzione, anche molti suoi colleghi condannati in via definitiva, a cui aggiungerei moltissimi altri casi gravissimi anche se non passati in giudicato.. Che Di Girolamo, invece, sia persona “onesta”, piuttosto che uno “schiavo” della ‘Ndrangheta dovrà dimostrarlo in tribunale smentendo intercettazioni pesantissime.

Di Girolamo ed i senatori che hanno applaudito le sue dimissioni in aula sono la vergogna d’Italia. Questo senatore illegittimo ha compiuto un gesto che ci aspettavamo già da tempo quando, eletto nel 2008 nella circoscrizione estero, fu spedito in Senato avendo violato i requisiti di eleggibilità che richiedevano la residenza oltralpe, requisito mai avuto da Di Girolamo. Ma in quel caso fu salvato dalla Giunta per le autorizzazioni, l’organo che oggi, di fatto, opera con effetti identici a quelli dell’immunità parlamentare tanto voluta dalla Casta (la stessa che ha salvato dall’arresto anche il sottosegretario all'Economia e alle Finanze, Nicola Cosentino per intenderci).

In questo clima di impunità le dimissioni del senatore vengono paradossalmente fatte apparire “eroiche”, quando sappiamo benissimo essere sopraggiunte perché è stato pizzicato con le mani nel sacco. Certo, se paragoniamo le cause che hanno portato alle sue dimissioni con altri casi ben più gravi, quelle di Di Girolamo appaiono quasi come “semplici leggerezze”. I casi Di Girolamo, Dell’Utri, Cosentino, ma anche ai piani inferiori tra assessori, consiglieri e funzionari, ci dicono che l’Italia ha bisogno di segnali forti che arriveranno solo quando rispediremo a casa questo governo, e indegni figuri la smetteranno di applaudire gente come Di Girolamo in Senato o Berlusconi in Confindustria. (www.antoniodipietro.it)

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