domenica 6 marzo 2011
Due Minzo e due misure
Tre settimane fa l’ex sindaco di Bologna, Flavio Delbono, ha patteggiato 19 mesi di reclusione per peculato e truffa: quand’era vicepresidente della Regione Emilia Romagna aveva usato la carta di credito d’ufficio per qualche ameno viaggetto all’estero con la sua segretaria-fidanzata, facendo pagare il conto di circa 20 mila euro ai contribuenti.
Qualche giorno prima, il direttore generale della Rai, Mauro Masi, ha stabilito che il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, ha tenuto un comportamento impeccabile spendendo in 14 mesi circa 86 mila euro con la carta di credito aziendale per pranzi, cene e viaggi all’estero, da solo o in compagnia di un’amica, anche quando risultava in ferie o presente a Saxa Rubra: tutto in conto agli abbonati.
Non la pensa così la Procura della Corte dei conti del Lazio, che ha aperto un’inchiesta su Minzolini per danno erariale. Infatti non sembra, ma la Rai è un ente pubblico, controllato dal Tesoro. Curiosamente però non risultano iniziative dalla Procura di Roma, sebbene la Cassazione abbia più volte stabilito che i dirigenti Rai (compresi i direttori di rete e tg) sono incaricati di pubblico servizio: dunque, se intascano indebitamente denaro dell’azienda, rispondono di peculato esattamente come i pubblici ufficiali. Si dirà: forse la Procura di Roma è più tollerante in materia di peculato di quella di Bologna? Impossibile sostenerlo: a Roma l’ex portavoce finiano Salvatore Sottile è stato condannato in primo grado a 8 mesi per peculato per aver fatto prelevare Elisabetta Gregoraci con l’auto blu della Farnesina. Ma non basta.
Dal sito della Corte dei conti apprendiamo un’altra storia esemplare: quella dell’avvocato A. P., dirigente dell’ente pubblico Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), condannato dalla giustizia penale per peculato e da quella contabile per danno erariale perché “utilizzava indebitamente la carta di credito aziendale al fine di sostenere spese personali non pertinenti all’incarico ricoperto (acquisti di abbigliamento, carburante, generi alimentari, ecc.), per un importo pari a € 96.405,53”. E chi l’ha denunciato? La sua stessa azienda, l’Enea. Che gli aveva assegnato la carta di credito per le trasferte lavorative, mentre lui la usava anche “per regolare spese di natura strettamente privata… abbigliamento, gioielleria, farmaci, derrate alimentari, intrattenimento, nonché spese di alloggio e ristorazione assolutamente inconferenti con missioni di servizio”. Tipo 137 cene da 300 euro a botta all’Ostharia Pizzeria Bocaletto di Roma, “per un importo pari a € 42.368,70”; tipo l’iscrizione al Circolo sportivo di Montecitorio; tipo lo shopping al supermercato Pim o al Gs di Anguillara, tipo soggiorni all’hotel Corte dei Principi Anguillara, e così via. Carriera (giustamente) finita.
Ora facciamo un giochino, tipo “trova l’errore”. Cos’hanno in comune A. P. e Minzolingua? Tre cose: entrambi lavorano in una società pubblica, sono incaricati di pubblico servizio e sono accusati di abuso della carta di credito aziendale per spese private (uno per 96 mila euro, l’altro “solo” per 86). E che differenza c’è fra A. P. e il direttorissimo Minzolingua? Tre cose. A. P. s’è visto ritirare la carta di credito dall’Enea, che l’ha licenziato e denunciato alla giustizia contabile e penale: in sede contabile è stato condannato a risarcire l’Enea per 96 mila e rotti euro; in penale, dopo l’indagine della Procura di Roma, ha patteggiato 2 anni di reclusione per peculato. Minzolini, invece, è più che mai al suo posto, anzi da quel pulpito cristallino dà lezioni di correttezza agli altri; la Rai si guarda bene dal licenziarlo e dal denunciarlo (come chiede di fare il consigliere Nino Rizzo Nervo), anzi l’ha già assolto. E la Procura di Roma non risulta aver aperto alcuna indagine. Eppure, dinanzi a una notizia di reato, l’azione penale sarebbe obbligatoria. Ma queste toghe rosse sono proprio dappertutto. (Marco Travaglio - IL FATTO QUOTIDIANO -)
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