Viola – senza sapere di essere intercettato – parlava amabilmente con Giancarlo Innocenzi, all’epoca commissario dell’Agcom, delle strategie per zittire Santoro. Nessuna reazione alle invettive che Innocenzi, imbeccato da Berlusconi, portava contro Annozero: eppure, l’autorità garante per telecomunicazioni, ha il compito di proteggere il pluralismo dell’informazione. A giudicare dalle telefonate, Viola preferiva schierarsi con Innocenzi, quindi con Berlusconi. Il 29 novembre 2009 – quindi appena due anni fa – Innocenzi lo chiama per lamentarsi che “il presidente è inferocito, ovviamente perché gli hanno comunicato che Santoro fa il processo Mills… e allora a questo punto lui mi ha detto ‘spiegami che cazzo ci state a fare lì’….”.
Sul “che cazzo ci state a fare lì”, cioè nell’Agcom, Viola non batte ciglio. Il vero problema è che Annozero sta preparando una puntata sul caso Mills, quindi su un’inchiesta che riguarda Berlusconi, e questo non va bene. Infatti, pochi giorni dopo, valuterà con Innocenzi una ‘strategia’. Viola commenta – sempre parlando con Innocenzi – che con il “codice dei processi, Santoro ci si è pulito una cosa che manco te posso dire per rispetto”. E aggiunge: “Avremmo messo a punto una strategia, adesso la cosa più urgente e importante è che si faccia il comitato di vigilanza, perché poi è quello che andrà, diciamo, il dossier che prepariamo…”. Viola non è stato neanche indagato, nell’inchiesta della Procura di Trani, ma queste conversazioni non hanno soltanto un valore penale: il loro tenore è politico.
Con Viola sottosegretario alle Telecomunicazioni, Silvio Berlusconi non trova un uomo ostile ma, al contrario, un funzionario che s’è già dimostrato collaborativo e sensibile ai suoi problemi. Se la scelta dovesse cadere su Vincenzo Zeno Zancovich, poi, il ministero più caro a Berlusconi parrebbe davvero blindato nella direzione che più gradisce: in perfetta sintonia con i suoi affari. Sintonia legislativa, visto che il professor Zancovich, docente universitario di Diritto comparato alla Roma Tre, è lo stesso Zancovich estensore della legge Gasparri. La legge del 2003 che salvò Rete 4 dal satellite, nonostante una sentenza della Consulta, e incentivò la pubblicità televisiva – tanto preziosa per l’ex premier – a discapito della pubblicità destinata alla carta stampata. Il pluralismo televisivo congegnato da Zancovich, infine, non pare abbia portato rivali in casa Mediaset che, ora come allora, è rimasta a godere della sua posizione dominante.
Per quanto riguarda Giovanni Ferrara, invece, bisogna ricordare che la sua procura non s’è distinta per grandi indagini sui politici romani. In tanti lo descrivono come un gentiluomo, un capo mai arrogante, ma sempre attento agli equilibri. A volte fin troppo: non prese una posizione dura nei riguardi del suo “braccio destro”, il procuratore aggiunto Achille Toro, poi condannato dalla procura di Perugia per rivelazione del segreto d’ufficio. Eppure Toro spifferava segreti alla “cricca” legata a Diego Anemone, Guido Bertolaso e altri compagnucci d’appalti. E proprio su quest’inchiesta, che nacque a Firenze, nel febbraio 2010 Ferrara attaccò la procura toscana perché, a suo dire, non aveva rispettato le regole sulla competenza. Poi ingranò la retromarcia, dichiarò che non v’era alcuno “scontro” tra le due procure, ma da Toro non prese le distanze, continuando a usare una grande cautela nei toni, persino di fronte alla scoperta d’aver avuto al suo fianco una “talpa”. (Antonio Massari - IL FATTO QUOTIDIANO - )
Se così confermato, le dimissioni di Berlusconi, che non avrebbe rassegnato nemmeno con le cannonate, sembrerebbero un copione scritto nelle stanze del Quirinale. Di contro il professor Monti frantumerebbe la fiducia, che a scatola chiusa, la stragrande maggioranza degli italiani gli ha accordato.
Occhi aperti, quindi ! Non sia mai che lo specchietto per le allodole siano i ministri tecnici, ma a fare il lavoro sporco continua la politica del malaffare tramite i sottosegretari.
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