domenica 31 gennaio 2010

E' doveroso constatare che oggi il sito della signora Renata Polverini, candidata alla Regione Lazio per il PDL, sembra essere un libro aperto. Ai tanti commenti a suo favore, si registrano anche quelli che le chiedono spiegazioni sull'evasione delle tasse per l'acquisto di due appartamenti a Roma come denunciato dal Fatto Quotidiano.

Foto d'epoca


....poi è sceso in campo l'omino di Arcore e i due compari nella foto, insieme a tanti altri, hanno fatto carriera.

sabato 30 gennaio 2010

«Conosco bene il modo con cui Berlusconi chiede ai suoi legali di fare le leggi ad personam, perché fino a pochi anni fa lo chiedeva a me.

E, contrariamente a quello che sostiene in pubblico, con i suoi avvocati non ha alcun problema a dire che sono leggi per lui. Per questo oggi lo affermo con piena cognizione di causa: quelle che stanno facendo sono norme ad personam».
Carlo Taormina, 70 anni, è stato uno dei legali di punta del Cavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il suo giro – uscendo anche dal Parlamento – a seguito di quella che lui ora chiama «una crisi morale». Ormai libero da vincoli politici, in questa intervista a Piovonorane dice quello che pensa e che sa su Berlusconi e le sue leggi.


Avvocato, qual è il suo parere sulle due norme che il premier sta facendo passare in questi giorni, il processo breve e il legittimo impedimento?
«La correggo: le norme che gli servono per completare il suo disegno sono tre. Lei ha dimenticato il Lodo Alfano Bis, da approvare come legge costituzionale, che è fondamentale».

Mi spieghi meglio.
«Iniziamo dal processo breve: si tratta solo di un ballon d’essai, di una minaccia che Berlusconi usa per ottenere il legittimo impedimento. Il processo breve è stato approvato al Senato ma scommetterei che alla Camera non lo calendarizzeranno neanche, insomma finirà in un cassetto».

E perché?
«Perché il processo breve gli serve solo per alzare il prezzo della trattativa. A un certo punto rinuncerà al processo breve per avere in cambio il legittimo impedimento, cioè la possibilità di non presentarsi alle udienze dei suoi processi e di ottenere continui rinvii. Guardi, la trattativa è già in corso e l’Udc, ad esempio, ha detto che se lui rinuncia al processo breve, vota a favore del legittimo impedimentoı».

E poi che succede? Che c’entra il Lodo Alfano bis?
«Vede, la legge sul legittimo impedimento è palesemente incostituzionale, e quindi la Consulta la boccerà. Però intanto resterà in vigore per almeno un anno e mezzo: appunto fino alla bocciatura della Corte Costituzionale. E Berlusconi nel frattempo farà passare il Lodo Alfano bis, come legge costituzionale, quindi intoccabile dalla Consulta».

Mi faccia capire: Berlusconi sta facendo una legge – il legittimo impedimento -che già sa essere incostituzionale?
«Esatto. Non può essere costituzionale una legge in cui il presupposto dell’impedimento è una carica, in questo caso quella di presidente del consiglio. Non esiste proprio. L’impedimento per cui si può rinviare un’udienza è un impegno di quel giorno o di quei giorni, non una carica. Ad esempio, quando io avevo incarichi di governo, molte udienze a cui dovevo partecipare si facevano di sabato, che problema c’è? E si possono tenere udienze anche di domenica. Chiunque, quale che sia la sua carica, ha almeno un pomeriggio libero a settimana. Invece di andare a vedere il Milan, Berlusconi potrebbe andare alle sue udienze. E poi, seguendo la logica di questa legge, la pratica di ottenere rinvii potrebbe estendersi quasi all’infinito. Perché mai un sindaco, ad esempio, dovrebbe accettare di essere processato? Forse che per la sua città i suoi impegni istituzionali sono meno importanti? E così via. Insomma questa legge non sta in piedi, è destinata a una bocciatura alla Consulta. E Berlusconi lo sa, ma intanto la fa passare e la usa per un po’ di tempo, fino a che appunto non passa il Lodo Alfano bis, con cui si sistema definitivamente».

Come fa a esserne così certo?
«Ho lavorato per anni per Berlusconi, conosco le sue strategie. Quando ero il suo consulente legale e mi chiedeva di scrivergli delle leggi che lo proteggessero dai magistrati, non faceva certo mistero del loro scopo ad personam. E io gliele scrivevo anche meglio di quanto facciano adesso Ghedini e Pecorella».

Tipo?
«Quella sulla legittima suspicione, mi pare fossimo nel 2002. Gli serviva per spostare i suoi processi da Milano a Roma. Lui ce la chiese apertamente e noi, fedeli esecutori della volontà del principe, ci siamo messi a scriverla. E abbiamo anche fatto un bel lavoretto, devo dire: sembrava tutto a posto. Poi una sera di fine ottobre, verso le 11, arrivò una telefonata di Ciampi».

Che all’epoca era Presidente della Repubblica.
«Esatto. E Ciampi chiese una modifica».

Quindi?
«Quindi io dissi a Berlusconi che con quella modifica non sarebbe servita più a niente. Lui ci pensò un po’ e poi rispose: “Intanto facciamola così, poi si vede”. Avevo ragione io: infatti la legge passò con quelle modifiche e non gli servì a niente».

Pentito?
«Guardi, la mia esperienza al Parlamento e al governo è stata interessantissima, direi quasi dal punto di vista scientifico. Ma molte cose che ho fatto in quel periodo non le rifarei più. Non ho imbarazzo a dire che ho vissuto una crisi morale, culminata quando ho visto come si stava strutturando l’entourage più ristretto del Cavaliere.

A chi si riferisce?
«A Cicchitto, a Bondi, a Denis Verdini, ma anche a Ghedini e Pecorella. Personaggi che hanno preso il sopravvento e che condizionano pesantemente il premier. E l’hanno portato a marginalizzare – a far fuori politicamente – persone come Martino, Pisanu e Pera. E adesso stanno lavorando su Schifani».

Prego?
«Sì, il prossimo che faranno fuori è Schifani. Al termine della legislatura farà la fine di Pera e Pisanu».

Ma mancano ancora tre anni e mezzo alla fine della legislatura…
«Non credo proprio. Penso che appena sistemate le sue questioni personali, diciamo nel 2011, Berlusconi andrà alle elezioni anticipate».

E perché?
«Perché gli conviene farlo finché l’opposizione è così debole, se non inesistente. Così vince un’altra volta e può aspettare serenamente che scada il mandato di Napolitano, fra tre anni, e prendere il suo posto».

Aiuto: mi sta dicendo che avremo Berlusconi fino al 2020?
«E’ quello a cui punta. E in assenza di un’opposizione forte può arrivarci tranquillamente. L’unica variabile che può intralciare questo disegno, più che il Pd, mi pare che sia il centro, cioè il lavorio tra Casini e Rutelli. Ma se questo lavorio funzionerà o no, lo vedremo solo dopo le regionali». (ALESSANDRO GILIOLI - PIOVONO RANE - )


Il caso di Renata Polverini conferma la teoria di Beppe Grillo: internet è spietato. Puoi mentire persino al notaio, come ha fatto la leader del sindacato Ugl per evadere le tasse, ma non puoi mentire alla rete. È impressionante la lettura del sito www.renatapolverini.it. Sono tantissimi i commenti al blog (ne riportiamo tre, ma sono almeno dieci volte di più) di persone comuni che scrivono per chiedere conto al candidato delle notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano. Il caso dovrebbe essere studiato nelle scuole di comunicazione. L’apertura al web doveva essere la carta vincente della campagna obamiana della sindacalista di destra prestata alla politica.

Purtroppo, alla vigilia dell’inaugurazione del sito, è uscita l’inchiesta del nostro giornale: Renata Polverini ha comprato a prezzo stracciato dallo Ior nel dicembre del 2002 (272 mila euro per sei stanze tre bagni e due box vicino all’Aventino) e non soddisfatta dell’affarone ha anche mentito al notaio per avere l’agevolazione prima casa e pagareil 3 per cento di tasse invece del 10. La sindacalista, infatti, aveva già comprato 9 mesi prima un’altra casa dall’Inpdap, a un prezzo ancora più basso: 148mila euro per sette vani catastali e un box al Torrino, vicino all’Eur.

Oggi siamo in grado di aggiungere un dato: anche sull’acquisto di quella prima casa dall’Inpdap c’è qualcosa che non va. Almeno dal punto di vista etico-politico. Renata Polverini compra con lo sconto in qualità di inquilina dell’Inpdap ma è costretta a fare una donazione alla mamma di un’altra casa che aveva già comprato nel 2001, perché altrimenti non avrebbe avuto diritto a comprare con lo sconto. Anzi non avrebbe avuto diritto proprio a quella casa che sarebbe così rimasta nel patrimonio dell’ente che ne avrebbe tratto molti più soldi mettendola all’asta.

La storia della casa dell’Inpdap è poco chiara dall’inizio. Dopo lo scandalo Affittopoli, il ministro Tiziano Treu nel 1997 aveva emanato una circolare vincolante. Le case in affitto dovevano andare prima a poveri, handicappati, sfrattati, militari e giovani coppie. Non è chiaro come abbia fatto Renata Polverini ad avere quella casa. Lo abbiamo chiesto al presidente dell’ente, Paolo Crescimbeni, ex consigliere regionale umbro di An (stessa area della candidata). Ovviamente non ci ha risposto, seguendo l’esempio di Renata Polverini, alla quale abbiamo chiesto ripetutamente un’intervista. Inutilmente.

Eppure sono molte le cose da spiegare: dall’evasione fiscale all’affitto dall’Inpdap. Il silenzio è aiutato dall’atteggiamento della stampa. Tutti tacciono. Compreso Il Giornale di Vittorio Feltri e Libero di Maurizio Belpietro. Erano stati i protagonisti di Affittopoli quando bisognava stanare dai loro appartamenti Massimo D’Alema e Franco Marini. Ora scoprono una politica-sindacalista furbissima che ha dribblato tutti ottenendo una casa con lo sconto e poi ne ha presa una seconda dichiarando il falso per non pagare le tasse. E loro muti. Ma tra i lettori ci sono molte persone che hanno lavorato una vita per comprare la casa e pagare le tasse. Per fortuna ci sono i blog. (MARCO LILLO - IL FATTO QUOTIDIANO -)


Ho scritto un commento sul blog della Polverini chidendole perchè, pur ammettendo l'evasione delle tasse per l' acquisto dei due appartamenti come denunciato dal Fatto, volesse comunque querelare il quotidiano. Ebbene il mio commento non è stato mai pubblicato ! Come sempre questi figuri se la cantano e suonano tra loro.

venerdì 29 gennaio 2010

Censurato il libro di Vespa

Con un concetto perlomeno curioso del cosiddetto principio di «selezione commerciale», un’eccezionale dose di snobismo culturale e uno scarsissimo senso del ridicolo, una libreria di Milano ha bandito dai propri scaffali uno dei maggiori bestseller degli ultimi mesi - Donne di cuori, oltre 360mila copie vendute - esponendo a sprezzo dell’autore un vistoso cartello in vetrina: «Qui non si vende il libro di Bruno Vespa».
Occhio per occhio, gogna per gogna: la libreria, sia qui scritto così da esporla al pubblico ludibrio, è la «Aleph» di Milano, nel mezzanino della stazione Lima della metropolitana, linea rossa, a quattro fermate da piazza Duomo e una da Loreto: se siete di passaggio, potete fare un salto a trovarli per non comprare uno dei loro 25.000 titoli presenti. Tranne quello di Bruno Vespa. In bella vista, però, in vetrina, spicca ad esempio l’ultimo libro di Fabio Volo.
Specializzata - significativamente - in libri di psicologia, psicoanalisi, psicoterapia e scienze umane, la libreria «Aleph» non ritiene il giornalista Bruno Vespa degno della propria attenzione. Non es dignus. Il suo, a giudizio dei titolari, è un libro inutile, o dannoso, o politicamente pericoloso. Perché evidentemente «di parte», perché compiacente con il Nemico, perché allineato con il Potere.
Nella logica perversa di questi tempi di guerra civile ideologica e di odio politico in servizio permanente effettivo, Bruno Vespa - considerato come «è noto» vicino a Berlusconi - è un connivente. Un collaborazionista. Da epurare.
Ribaltando con un orgoglioso atto di purezza intellettuale il noto principio secondo il quale «Io non condivido le tue idee, ma lotterò con tutte le mie forze perché anche tu possa esprimerle» in un più nazi-maoisticamente corretto «Le tue opinioni sono sbagliate, quindi taci», la libreria Aleph - che pure, visto il nome, dovrebbe conoscere l’amore di Jorge Luis Borges per la lettura - si è macchiata del peggior crimine culturale che si possa commettere: arrogarsi sfacciatamente il diritto di decidere chi e cosa si può leggere.
Bandire pubblicamente un libro, oltre che una pessima mossa commerciale e un boomerang politico, è civilmente pericoloso. Per ritorsione, secondo la logica degli schieramenti ideologici, domani qualcuno esporrà il cartello «Qui non si vendono i dvd di Sabina Guzzanti». Un edicolante si rifiuterà di tenere il Giornale o il Fatto Quotidiano. E un megastore si riterrà in dovere di bandire i titoli di Chiarelettere, o la catena Feltrinelli di non esporre i libri della berlusconiana Mondadori. E poi? Cosa succederebbe? Il passo successivo, nel corso della storia dell’inciviltà, è già stato compiuto molte volte.
Fu il generale Amr Ibn al-As a dare il più luminoso degli esempi, nel 641. Davanti alla Biblioteca di Alessandria, appena conquistata, si chiese cosa fare di tutti quei libri. «Se il loro contenuto si accorda con il libro di Allah, noi possiamo farne a meno, dal momento che il libro di Allah è più che sufficiente. Se invece contengono qualcosa di difforme, non c’è alcun bisogno di conservarli. Procedi e distruggili», gli ordinò il Califfo Omar. Ci vollero sei mesi per bruciarli tutti. Ma alla fine ce la fecero.
Si possono vietare i libri in modi diversi. Distruggerli, in caso di regime, è il peggiore. Autocensurandosi, nel caso di una libreria, il più subdolo. O stupido. L’obiettivo è identico: sopprimere l’identità stessa dei nemici.
Un vizio antico quanto il mondo e che - archiviati sante inquisizioni, minculpop, lubjanke, maccartismi - speravamo estintosi con il secolo passato. Che invece, alla stazione Lima di Milano, è ancora fermo. (LUIGI MASCHERONI - IL GIORNALE - )


Ribadiamo il concetto espresso nel post precedente : se fossimo in un Paese normale l'articolo del Giornale sarebbe da condividere totalmente, ma non è così. Qualcuno del popolo comincia a sentire l'esigenza di schierarsi apertamente contro il potere politico e i suoi "yes man". Nel proprio piccolo compie un normalissimo gesto di protesta, d'altronde il libro di Vespa, per chi non ne potesse fare a meno, lo può certamente trovare in un'altra libreria. Poi è davvero così importante per la nostra cultura arricchire gli scaffali di codesto volume ?.


L'AQUILA - "Guido Bertolaso sarà nominato ministro". A dare l'annuncio è Silvio Berlusconi durante la sua ventiseiesima visita in Abruzzo, per la precisione a Coppito, uno dei luoghi danneggiati dal terremoto, nella giornata che segna il passaggio di consegne fra il commissario per l'emergenza, appunto Bertolaso, e il governatore Giovanni Chiodi, da oggi commissario alla ricostruzione. E il presidente del Consiglio non perde occasione per condannare, ancora una volta, "troppi giornali" che a suo parere fomentano sentimenti negativi: "Gli italiani sono brave persone che si vogliono bene, quando riusciamo a volerci bene facciamo cose straordinarie, e non quello che leggiamo in troppi giornali, fabbriche di invidia sociale e di odio".

L'annuncio dopo l'incidente diplomatico. Un annuncio che arriva a pochi giorni dal clamoroso incidente diplomatico che ha visto protagonista proprio Guido Bertolaso, con le sue critiche agli Stati Uniti (poi preciserà "mi riferivo alle organizzazioni internazionali") circa le carenze nella distribuzione degli aiuti ad Haiti. Parole che avevano suscitato la reazione indignata del segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che si era detta "profondamente ferita" dalle osservazioni del capo della Protezione civile.

Berlusconi: "Il minimo che possiamo fare per lui". Nonostante quello che, evidentemente, viene considerato un semplice incidente di percorso, Berlusconi decide di premiare l'uomo che si è occupato della tragedia in Abruzzo e di altri disastri verificatisi nei tempi recenti in Italia, come l'alluvione a Messina, e da poco rientrato da Haiti dopo un sopralluogo per organizzare i soccorsi italiani. Dopo aver ribadito il proprio impegno ad "affrontare subito il rilancio economico dell'Abruzzo", Berlusconi ha aggiunto che quello stesso impegno sarà del presidente del Consiglio e "del nuovo ministro, perché il minimo che possiamo fare per il sottosegretario Guido Bertolaso, dopo dieci mesi di exploit, è promuoverlo da subito ministro". Nulla di più preciso su quale dovrebbe essere il dicastero. (REPUBBLICA)

In un Paese normale dopo il famigerato "incidente diplomatico" chiunque si sarebbe dimesso. In Italia invece sono promossi ministri. Ma questo è il male minore, dato che al Governo siedono già nani, ballerine e mignotte.



Finalmente hanno confessato e noi ora possiamo fornire pure la prova scritta.

Sì, l'ebbrezza dell'impunità ed il menefreghismo verso le istituzioni hanno portato il Capogruppo e il suo vice del Popolo della Liberta', Cicchitto e Bocchino, a confessare le reali motivazioni per cui la maggioranza parlamentare, succube di Berlusconi, vuole approvare la legge sul legittimo impedimento. Ecco la lettera autografa che i due furbacchioni hanno inviato ieri a tutti i deputati del Pdl. In essa si può leggere testualmente quanto segue:

"Caro collega, da martedì prossimo 2 febbraio a partire dalle ore 10 voteremo la legge sul legittimo impedimento. Non serve ricordarti l’importanza che questo appuntamento ha per il PDL, il Presidente Berlusconi e il Governo e ti preghiamo pertanto di garantire la presenza per tutta la prossima settimana senza eccezione alcuna. Cordialmente. Firmato On. Fabrizio Cicchitto e On. Italo Bocchino".

Dunque, per stessa ammissione dei proponenti, la legge sul “legittimo impedimento” non è una legge che serve a tutti i cittadini e al Paese ma è “importante” solo per “il Presidente Berlusconi”. Di più: per questa legge, i parlamentari del Pdl vengono letteralmente precettati (ti preghiamo di garantire la presenza in aula per tutta la prossima settimana senza alcuna eccezione). Come a dire: per tutte le altre cose che facciamo in Parlamento e per quelle volte che non ci occupiamo di leggi ad personam potete pure non venire, ma questa volta proprio no, dovete esserci “senza alcuna eccezione”, perché questa legge serve a Berlusconi.

Ecco a cosa è stato ridotto il Parlamento italiano: uno strumento ad uso e consumo di un regime piduista che ne ha snaturato ruolo e funzioni. I nostri parlamentari non hanno più alcuna libertà di scelta e – se vogliono sperare di essere rieletti (rectius rinominati dal Signore) – devono ubbidire tacendo e prostrandosi. Così faranno la settimana prossima anche tutti quei parlamentari del Pdl che affolleranno Montecitorio al contrario di ciò che è avvenuto questa settimana: siccome in Aula si discuteva di lavoro, ne mancavano quasi un centinaio. La settimana prossima, invece, volete scommettere che tutti insieme, ben intruppati e indottrinati, si presenteranno a Roma e lì, pronti ad umiliare il Parlamento e la Costituzione, all’unisono urleranno “Sì, padrone”? (www.antoniodipietro.it)

giovedì 28 gennaio 2010

Lettera di Don Farinella al Cardinale Camillo Ruini

La lettera che vi apprestate a leggere è molto lunga, ma vale lo sforzo. E' l'imbarazzo ( ma è una metafora, don Farinella va giù di brutto) di un semplice prete dinanzi ad un'alta gerarchia del Vaticano che, senza vergogna, ha stretto patti segreti con il potere politico italiano.




Lettera aperta di don Paolo Farinella al cardinale Camillo Ruini, ex presidente della Cei, che il 26 gennaio ha invitato Silvio Berlusconi a una colazione di lavoro.

di Paolo Farinella, prete

Sig. Cardinale,

Nel 1991 da una sperduta parrocchia dell’entroterra ligure, le scrissi sullo scandalo che provocò nei miei ragazzi la notizia del «cardinal-party» con un migliaio di invitati del «mondo» che conta, dato da lei in occasione della sua nomina a cardinale. Lei mi risposte che fu un dono di amici e io le risposi che certi doni dovrebbero essere respinti al mittente perché insulto ai poveri e al Cristo che li rappresenta. Le cronache del tempo fotografarono che «la capitale della politica, della finanza, delle banche, delle aziende di Stato è accorsa compatta in ampie schiere. Mai tanta mondanità e tanto ossequio attorno a un cardinale, reduce da due giorni di festeggiamenti ininterrotti» (Laura Laurenzi, la Repubblica, 30 giugno 1991, p. 25).

A distanza di diciannove anni, mai avrei pensato di riscriverle, anche perché sapevo che lei era andato in pensione e quindi si fosse defilato come si conviene alle persone sagge di buon senso. Oggi lei non offre lauti banchetti a 800 persone, ma invita a colazione solo due individui che da soli sono peggio degli 800 barbari. Sono indignato per questo suo invito che i credenti onesti vedono come la negazione del sacramento dell’ordine e la pone sullo stesso piano degli intrallazzatori di professione.

D’altra parte lei per oltre quindici anni ha manovrato papi, parlamenti, governi, accordi elettorali, sanità, scuole e fascisti che, al punto in cui siamo, uno scandalo in più o uno in meno, il peso cambia di poco. A mio modesto parere di prete, il suo operato induce me e molti altri credenti a pensare che lei e noi non crediamo nello stesso Dio e anche che lei usi il suo come strumento di coercizione per fini demoniaci. Lei infatti, ancora una volta, ha contravvenuto al dettato del Codice di Diritto Canonico che stabilisce: «È fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all’esercizio del potere civile» (CJC, can. 285 §3, sottolineatura mia). Il massimo potere in uno Stato democratico si esercita nella formulazione delle liste elettorali tra cui i cittadini liberi e sovrani «dovrebbero» scegliere i loro governanti, locali e nazionali: qui sta in sommo grado la «partecipazione all’esercizio del potere civile».

Il giorno 20 gennaio 2010, nella sede del Seminario Romano, dove risiede da cardinale in pensione, lei ha invitato, come ospite a colazione, Silvio Berlusconi, accompagnato dal gentiluomo (sic!?) di Sua Santità, nonché sottosegretario alla presidenza del consiglio italiano. Lei ed io sappiamo che Gianni Letta, moderno Richelieu o se vuole in termini giovanili e quasi liturgici, prosseneta, vulgo mezzano, è il tutore garante presso il Vaticano del suo capo, notoriamente inaffidabile oltre che corrotto e corruttore. Dicono le cronache che avete discusso di accordi elettorali, di convergenze tra Pdl di Berlusconi e Udc di Casini e Api di Rutelli; chi deve essere candidato alle regionali e chi no; chi deve perdere e chi deve vincere nel Lazio; cosa fare e cosa disfare in Puglia.

La candidata Emma Bonino alla presidenza del Lazio non deve passare perché, come in una nuova crociata, «Deus ‘el vult», cioè lo ordina Ruini a cui Dio di solito dice ad ogni tornata elettorale cosa vuole e non vuole. Le cronache celiano che Berlusconi abbia tenuto il boccino perché ormai ha il coltello dalla parte del manico. Lo dimostra il fatto che il suo illustre e integerrimo ospite abbia preteso dal suo partito una «quota rosa» a sua totale discrezione per fare eleggere le «pulzelle» compiacenti che non ha potuto varare nelle politiche del 2008, a causa del «ciarpame politico» rovesciato sul tavolo dalla di lui moglie, Veronica Lario che ha sparigliato le candidature. Avete parlato anche di questo? Di quali donnine e prostitute candidare?

Il giorno prima, il 19 gennaio 2010, appena 24 ore prima, il Senato della Repubblica, presieduto dall’autista-picciotto, Renato Schifani, in quota servitù perpetua, ha varato il cosiddetto «processo breve», cioè la 19a legge su misura per i bisogni primari del Silvio Berlusconi e pazienza se si sfascia l’intero sistema della giustizia italiana! Pazienza, se milioni di cittadini non avranno mai giustizia e se tutti i delinquenti, i truffatori, gli spacciatori, i ladri, i corrotti, i concussori, i concussi, i deputati e i senatori insieme ai loro famigli la faranno franca sempre e comunque alla faccia di quel «bene comune» con cui lei da presidente della Cei faceva i gargarismi sei volte al giorno prima e dopo i pasti principali. Lei queste cose le sa, ma è anche «cardinale di mondo» e sa navigare nei meandri del fiume della politica che conta, poco importa se morale o immorale: in fondo il fine ha sempre assolto i mezzi perché noi cattolici non siamo forse per la confessione periodica e cioè per «una botta e via da capo»?

«Processo breve, legittimo impedimento per sé e famigli», lei lo sa bene, sono eufemismi: trattasi infatti soltanto di «processo impossibile». Un presidente del consiglio scardina lo Stato di Diritto, impone al parlamento di votare leggi individuali e di casta a favore di sé e dei delinquenti che lo attorniano, abolisce di fatto ogni contrappeso al potere esecutivo e di fronte a tanta bulimìa incontenibile, lei lo invita anche a pranzo? Via, cardinale, est modus in rebus! Non pare che durante il pranzo, lei abbia detto una parola sulla condotta scandalosa dell’ospite, ma sappiamo che si è seduto a tavola con un essere spregevole moralmente, eticamente, giuridicamente, democraticamente e con lui contratta seggi e vittorie, costi e benefici, voti e ritorni in privilegi economici e politici. Logicamente in nome dei sacrosanti «principi non negoziabili», of course!

Colui che sedeva a mensa con lei, dal mese di maggio dello scorso anno e fino a novembre 2009 è stato braccato dalla stampa internazionale, rincorso da dieci domande di un giornale italiano e bollato dalla denuncia della moglie per frequentazione di minorenni; uso abituale di prostitute e forse di cocaina (non sappiamo tutto!) in sedi istituzionali (anche le dimore private sono state da lui sottoposte a regime di «segreto di Stato»); spergiuro sulla testa dei figli (del fatto di Casoria, ha dato quattro versioni diverse, dopo avere giurato che la prima era quella buona); promesse di posti in parlamento e al governo a signore e signorine compiacenti in cambio di favori sessuali. Alcune di loro non perdono occasioni per ostentare la loro cattolicità granitica, fondata sui «valori» dell’onestà, della famiglia, del bene comune e dell’indissolubilità del matrimonio.

Negli stessi giorni in cui lo scandalo delle prostitute era al culmine, il suo governo stava varando una legge per punire i clienti delle prostitute: la solerte, cattolicissima ministro Mara Carfagna si è affrettata a ritirare il provvedimento che avrebbe colpito per primo il suo capo e protettore che il suo stesso avvocato ha definito «utilizzatore finale» di carrettate di donne. Soltanto dopo l’indignazione del popolo cattolico arrivata al «calor bianco», finalmente la Cei cominciò a balbettare qualche timiduccio scappellotto, ma tenue e delicato, quasi un buffetto. Il 7 luglio 2009, quando ormai il mondo cattolico era sul filo delle barricate contro la latitanza della gerarchia cattolica, il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata, durante una Messa, alludendo al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, oggi suo ospite, senza mai chiamarlo per nome, sbotta:

«Assistiamo ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico o di altro genere. Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio» (Omelia per la Messa di Santa Maria Goretti, 15-08.09, Le Ferriere – Latina).

Lei, sig. cardinale Camillo Ruini, ha passato tutto questo tempo sotto silenzio assoluto, dedicandosi al «progetto culturale della Cei e alle massime questioni di alta filosofia e teologia: «L’esistenza di Dio», la sua necessità e via dicendo. Sul resto che travagliava la Chiesa, i credenti, la gerarchia e copriva con un manto di sudiciume l’Italia intera, silenzio tombale.

Nello stesso periodo, il 1 luglio 2009, il governo varò il «decreto sicurezza» che stravolge il diritto internazionale, l’etica cristiana, la dottrina sociale della chiesa e tutti gli insegnamenti pontifici in fatto di migrazione perché definisce reato «lo stato di persona clandestina». Mons. Agostino Marchetto del pontificio consiglio per l’immigrazione dichiara: «La criminalizzazione dei migranti è per me il peccato originale dietro al quale va tutto il resto», riferendosi alle aberranti politiche sociali del governo. A stretto giro di posta arrivò la smentita della Sala Stampa vaticana: Mons, Marchetto parla a titolo personale. Il Vaticano smentisce se stesso. Anche in questa occasione, lei ancora una volta stette zitto e latitante e non difese nemmeno il suo pupillo che preferì sacrificare sull’altare dell’immoralità governativa pur di mantenere un rapporto privilegiato di potere e d’interesse.

Ricevendo Berlusconi e per giunta come ospite in intimità conviviale a casa sua, senza dire una parola su ciò che è avvenuto in questo anno (per non parlare degli ultimi 15 anni), lei ha avallato lo scardinamento costituzionale, istituzionale e lo sfacelo etico di cui l’ospite è stato e continua ad essere protagonista responsabile. Quel giorno Berlusconi era reduce fresco fresco da un attacco micidiale alla Magistratura con parole omicide: «Il tribunale è un plotone di esecuzione». Lei ha così avallato e approvato il suo comportamento immorale e indecoroso, benedicendo l’inverecondia e assolvendo l’insolvibile, diventandone complice «in solido», perché come insegna il diritto, che la saggezza popolare traduce pittorescamente, «è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco».

Se lei poi con questi figuri tratta posti di governo o gestione della sanità o della scuola o condizioni per fare eleggere questo/a o quella/o in cambio di voti e/o di altro, lei inevitabilmente diventa compare di uno che frequenta la mafia e ha fatto della malavita la norma della sua condotta. Berlusconi non si sentiva perseguitato e non denunciava accanimento giudiziario quando rubava e trasportava denaro degli Italiani all’estero, dichiarava il falso in bilancio, corrompeva i giudici, comprava i testimoni dei processi, sparava alla testa dei giornalisti non a libro paga, imponeva al suo «Il Giornale» agli ordini del falsificatore Feltri di uccidere il direttore di «Avvenire», Dino Boffo. Lei non chiese le dimissioni di Feltri e di Berlusconi per avere inventato «in solido» una trappola di fango per mettere in riga i vescovi della Cei con un avvertimento di stampo mafioso: io vi tengo in pugno. E’ di questi giorni la sentenza in appello, confermata e aggravata, a Totò Cuffaro, cattolico integerrimo per reato di mafia. Costui e il Pierferdi Casini che lei tanto sponsorizza, per cinque anni hanno votato tutte le leggi immorali a servizio esclusivo di Berlusconi, appoggiandolo in ogni nefandezza: tutto con la sua benedizione e il silenzio della gerarchia cattolica. Sempre e comunque in nome del santo bene comune. Ah! «i valori non negoziabili».

Ora arrivano le elezioni regionali. Nel Lazio, regione del papa, cortile del Vaticano e prolungamento del Laterano, si candida alla presidenza della regione Emma Bonino, radicale e anticlericale. La paura fa novanta, signor cardinale, e lei da «vero animale politico» ha fiutato che la «Emmaccia» potrebbe farcela agevolmente e se arriva, potrebbe mettere ordine nella sanità e nella scuola laziale, due feudi della malavita «cattolica» laziale. Horribili dictu! Pur di contrastare, con ogni mezzo la sua candidatura, lecita e rispettabile in una democrazia compiuta, lei preferisce la deriva morale, lo sconquasso della Costituzione, la distruzione della Democrazia, l’annientamento dello Stato, alleandosi con un potente degenere che ha portato la corruzione e il malaffare al rango della politica e della presidenza del consiglio. Personalmente sono convinto che, in queste condizioni, lei non possa celebrare l’Eucaristia con tranquilla coscienza perché come prete non ha ricevuto il mandato di eleggere e fare eleggere presidenti e parlamentari, magari mafiosi, ladri e corrotti. Lei può solo andare per le strade del mondo e annunciare il vangelo della liberazione: ai prigionieri, ai poveri, agli immigrati torturati e uccisi dal presidente del consiglio che lei riceve a pranzo, diventando complice di assassinio collettivo, cioè di genocidio.

La congregazione del clero insieme ad altri quaranta preti, mi ha messo sotto inchiesta per avere scritto che la «vita umana deve essere umana», ma su di lei e sugli altri vescovi e sul Vaticano che appoggiate la forza omicida del governo Berlusconi, nessuna inchiesta per oltraggio palese alla vita di adulti, donne e bambini. Il suo invito a colui che si paragona a Dio e al Messia, che si vanta di essere il «miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni», è la fine dei saldi della morale, dell’etica, del dottrina sociale, della dignità, del concetto di peccato e grazia: il saldo della religione che lei vende, anzi svende senza neppure esserne il proprietario.

Lei non ha autorità per intervenire in questioni che il Codice vieta ai preti come le alleanze partitiche, le elezioni, le candidature perché è una manomissione della democrazia del Paese Italia, vincolante anche in forza di un concordato che pone paletti alle interferenze e offre garanzie e lauti sussidi. Su queste materie poi lei né la Cei, né tantomeno il Vaticano, Stato estero, potete parlare in nome del mondo cattolico. Lei sa bene che sono questi comportamenti che allontano ancora di più i non credenti, mentre i credenti si avvicinano a passo svelto all’uscio d’uscita della Chiesa. Ho detto al cardinale Bagnasco che deve tenere un occhio al metro di misura che è l’8xmille, in caduta libera, segno della disaffezione sempre maggiore della gente da una gerarchia che si è trasformata da segno di contraddizione in lobby di pressione e di potere, patteggiando con personaggi immondi e immorali.

Il papa invita i preti ad accedere alla rete web. Beh, sappia che uso il computer dal 1982 e la rete dal suo sorgere: se avessi aspettato il consiglio del papa, alla mia et, sarei ancora al lapis e al pennino. Provi ad accedere alla rete, unico strumento di democrazia diretta ancora in vita, e si accorgerà, anzi sentirà l’odore corposo del disprezzo che circonda tutto ciò che sa di «ecclesiastico». Il nostro popolo è saturo di vedere l’autorità ecclesiale che dovrebbe servire il bene e combattere il male, fare comunella con i corrotti e i corruttori, con i delinquenti abituali travestiti da finti religiosi e sempre di più si allarga il fossato tra voi e noi: voi state andando per la vostra strada che vi porta a «mammona iniquitatis» noi, da soli cerchiamo con fatica la strada che ci porti agli uomini e alle donne del nostro tempo e insieme tendere: chi crede all’ incontro con il Dio di Gesù Cristo, chi non crede all’incontro con la propria coscienza e il rispetto degli altri.

Sig. Cardinale, credo che lei ed io non abbiamo molto da spartire, se non l’appartenenza formale alla stessa Chiesa in quanto «struttura», di cui però abbiamo due visioni non solo diverse, ma opposte: lei appartiene al sistema del potere clericale che io combatto con tutte le mie forze, mentre io mi sforzo di appartenere alla «Chiesa dei poveri» con la coscienza di essere una minoranza che sa di avere un solo mandato: il ministero e il magistero della propria testimonianza di vita che nessuno potrà mai rapirmi perché è il segno della Shekinàh/Dimora di Dio tra di noi.

In conclusione, alla luce di quanto sopra descritto e per le ragioni addotte, io, Paolo prete, ripudio anche lei e quello che rappresenta, come il 7 luglio ripudiai con lettera il suo ospite e commensale. Preferisco essere orfano di mercenari piuttosto che avere padrini. «Non ne abbiamo bisogno». Sappia però che con il suo agire e le sue scelte, lei ha autorizzato me e chiunque altro ad operare e agire in maniera esattamente opposta alla sua e mi creda lo farò con onore e con orgoglio, dall’interno della Chiesa di cui sono onorevolmente figlio fedele.

Profondamente inorridito,
Paolo Farinella, prete

(da MICROMEGA)


NEW YORK - Bill Gates, torna ad accusare l'Italia di fare troppo poco per i paesi poveri e punta di nuovo il dito contro il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: il premier, dice, "trascura" i paesi più bisognosi. E a causa di questo comportamento, il fondatore della Microsoft ha messo l'Italia nella sua 'lista della vergogna'. Gates aveva già lanciato le sue accuse nella lettera annuale della fondazione benefica 'Bill and Melinda Gates Foundation' pubblicata lunedì scorso. Oggi è tornato sull'argomento, rincarando la dose, nel corso di alcune interviste alla stampa tedesca.

"Nella comunità internazionale c'è solo un paese che ha ridotto gli aiuti allo sviluppo e questo è l'Italia", ha detto al quotidiano Frankfurter Rundschau. E poi, riferendosi alla lettera pubblicata sul sito Internet, ha spiegato: "Io la chiamo la mia lista della vergogna, ma sono felice che in questa lista fino ad ora c'è solo un Paese. Se ci fossero 10 paesi, sarebbe grave".

Gates ha quindi ripetuto al giornale l'appello fatto a Berlusconi nella lettera: "Caro Silvio - ha detto -, mi dispiace che ti devo rendere la vita così difficile, ma tu trascuri i poveri di questo mondo e non credo che gli elettori italiani siano d'accordo con i tuoi tagli".
Nel corso di un'intervista a un altro quotidiano, il Sueddeutsche Zeitung, Gates ha inoltre osservato: "I ricchi spendono molto di più per i loro problemi personali, come la calvizie, che per la lotta contro la malaria". (REPUBBLICA)

La morte breve del processo. Intervista a Antonio Ingroia

Cinque magistrati sono stati minacciati di morte: Antonio Ingroia, Sergio Lari, Gaetano Paci, Nico Gozzo e Giovanbattista Tona. Non tutti sanno chi sono questi magistrati o conoscono le inchieste di cui si occupano. Il blog con l'iniziativa: "Adottiamo un magistrato" vuole dar loro visibilità. Antonio Ingroia introduce una nuova definizione del "processo breve", quella della "morte breve del processo". In sostanza, non si punta a diminuire i tempi processuali, ma a eliminare la possibilità di una sentenza. A Roma si lavora da vent'anni alla riforma della giustizia, dai tempi di Mani Pulite in cui i partiti si accorsero di essere soggetti alla legge. Un lavoro intenso, faticoso, bipartisan, che ogni anno rende sempre più difficile processare e condannare i politici. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure. (www.beppegrillo.it)

mercoledì 27 gennaio 2010

Anno giudiziario : sedie vuote davanti al ministro

ROMA - I magistrati si mobilitano in tutta Italia. E decidono di attuare una dura forma di protesta: sedie vuote davanti al ministro Alfano o ai suoi rappresentanti durante gli interventi previsti per l'apertura dell'anno giudiziario di sabato. Un modo per mostrare visivamente il «disagio per le iniziative legislative in corso» e dire no alle «leggi ad personam che distruggono il sistema giudiziario» italiano.

COSTITUZIONE E DOSSIER - In occasione delle cerimonie in tutti i distretti di Corte d'appello, i magistrati avranno una copia della Costituzione in mano per «simboleggiare il forte attaccamento alla funzione giudiziaria e alla Carta costituzionale». E usciranno dall'aula al momento dell'intervento del ministro o del rappresentante del Ministero per «testimoniare il proprio disagio per le iniziative legislative in corso, che rischiano di distruggere la giustizia in Italia, e per la mancanza degli interventi necessari ad assicurare l'efficienza del sistema». Rientreranno al termine dell'intervento. Quindi i presidenti delle sezioni locali della Anm leggeranno un documento predisposto dalla Giunta esecutiva centrale («Basta con leggi prive di razionalità e di coerenza, pensate esclusivamente con riferimento a singole vicende giudiziarie e che hanno finito per mettere in ginocchio la giustizia penale in questo Paese - si legge nel documento - basta insulti e aggressioni») e alla fine mostreranno una copia del dossier «Le verità dell'Europa sui magistrati italiani» che poi sarà consegnato al presidente della Corte d'Appello. Copia del dossier saranno distribuite a tutti i presenti. Alla fine della cerimonia ogni giunta locale organizzerà una conferenza stampa nella quale, oltre a illustrare il documento della giunta e il dossier, parlerà delle particolari situazioni del distretto.

LE REAZIONI - All'annuncio di questa decisione dei giudici, sono arrivate le reazioni dei politici. Per Sandro Bondi, coordinatore nazionale Pdl, si tratta di «una profonda e oltraggiosa lesione dell'ordine democratico e costituzionale. A questo punto è improcrastinabile una posizione chiara di tutte le Istituzioni a salvaguardia delle legittime prerogative democratiche». Di «una protesta giusta contro leggi vergogna - ha invece parlato il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi - Alfano ha dimostrato in mille occasioni di non essere il ministro della Giustizia, ma il commissario anti-magistratura di Berlusconi».

ALFANO - In serata arriva anche la replica del Guardasigilli: «Sono il ministro della Giustizia, servo il mio paese e ho giurato sulla Costituzione. A differenza di coloro che seguiranno le improvvide indicazioni dell'Anm, parteciperò all'inaugurazione dell'anno giudiziario presso la Suprema Corte di Cassazione alla presenza del presidente della Repubblica» afferma - in una nota - il ministro della Giustizia Angelino Alfano. «Allo stesso modo - continua il Guardasigilli - andrò l'indomani presso la Corte d'Appello de L'Aquila, laddove il servizio giustizia ha ricominciato a funzionare brillantemente dopo il terremoto, grazie all'impegno delle istituzioni e di tanti servitori dello Stato. L'Anm piuttosto che inaugurare l'anno giudiziario ha deciso di inaugurare la campagna elettorale in vista delle elezioni per il Csm che si terranno in primavera. L'Anm ha scelto - conclude Alfano - di macchiare una giornata che è per i cittadini e per il loro diritto di avere giustizia. L'immagine che l'Anm offre di sé non coincide con l'immagine e con il senso etico delle migliaia di magistrati che ogni mattina servono l'Italia e le istituzioni che rappresentano». (CORRIERE DELLA SERA)

Bene così. Sarebbe buona cosa se anche la presunta opposizione cominciasse ad abbandonare le sedi istituzionali (Camera e Senato) quando si riuniscono e posizionarsi al di fuori di esse a parlare con la gente. Tanto all' interno se la cantano e suonano tra loro.

Disguido Bertolaso



Il Banana ha trovato finalmente il suo erede naturale, un uomo che come lui, appena varca i confini patrii, riesce a scatenare guerre diplomatiche di dimensioni planetarie.

Quest’uomo è Guido Bertolaso, medico specializzato in malattie tropicali dell’infanzia, da anni scambiato in Italia da destra e da sinistra per un grande esperto in fatto di Protezione civile.

In realtà l’unica esperienza che il popolare Disguido ha maturato sul campo è quella in catastrofi: quelle che provoca lui a ogni suo passaggio.

L’altro giorno il Banana l’ha paracadutato ad Haiti "per coordinare gli aiuti" e fargliela vedere agli americani. Quello, atterrato a Port-au-Prince, ha subito scoperto che non gli lasciavano coordinare un bel nulla, anzi non sapevano proprio chi fosse ("Bertochi?", era il commento più benevolo sul nostro).
Allora, fasciato dalla consueta casacca azzurra della Nazionale, s’è fatto fotografare e filmare mentre baciava bambini e rincuorava vedove, come se fosse in passerella a L’Aquila.

Poi, ai microfoni di Lucia Annunziata, in piena sindrome da mosca cocchiera, ha pensato bene di dichiarare guerra agli Stati Uniti, notoriamente incapaci a gestire le emergenze ("patetici", li ha definiti), e anche personalmente a quello sprovveduto di Bill Clinton, che "invece di scaricare casse di acqua dovrebbe coordinare gli aiuti".
Lui sì, era il sottinteso, che saprebbe come fare a sistemare Haiti (150 mila morti, 200 mila feriti e 3 milioni di senzatetto), avendo sistemato da par suo i terremotati de L’Aquila (dove le "case per tutti entro Natale" non sono mai arrivate e la ricostruzione è affidata a note ditte mafiose).

Mancava solo un sapido accenno a quel selvaggio di Obama appena sceso dalla pianta. La performance bertolasa s’inserisce nella nobile tradizione del cumenda in vacanza all’estero, già immortalato da pellicole neorealiste quali Natale a Miami, in cui si vede il nostro connazionale che pontifica sulla spiaggia e si fa subito riconoscere per il tono vocale a diecimila decibel, per la suoneria del cellulare firmata da Toto Cutugno e per il costume anatomico col pacco imbottito di cotonina.

A quel punto l’ambasciatore italiano a Washington ha fatto presente al governo che era meglio scaricare il malcapitato, onde evitare che il previsto incontro tra Frattini e Hillary Clinton si trasformasse in un bagno di sangue e che battaglioni di marines muovessero contro qualunque cosa odorasse d’Italia.
Frattini, eccezionalmente libero da impegni vacanzieri in giro per il mondo, ha portato il ditino alla boccuccia e ha pigolato qualche imbarazzata presa di distanza.
Ma, come spesso avviene quando parla Frattini, non se n’è accorto nessuno.

Così Hillary ha paragonato pubblicamente le parole di Disguido ai commenti da bar sport del dopo-partita, apparentando il governo Berlusconi al Processo di Biscardi. A quel punto Disguido ha rimediato da par suo, dichiarando guerra all’Onu (che fra l’altro nella tragedia haitiana conta 82 caduti e 53 dispersi; si spera che Frattini lo scarichi di nuovo, prima che i Caschi blu sbarchino a Civitavecchia).

Immaginarsi lo stupore dei tanti bravi italiani che avevano preso sul serio Bertolaso, complice la stampa turiferaria, nel vedere che, appena varca la cinta daziaria, il nostro luminare viene sbeffeggiato dal primo che passa.
Appena un gigante italico viene misurato secondo gli standard stranieri, diventa un nano.
Basti pensare al consenso di cui gode il Banana in patria rispetto alla fama che lo precede oltre la frontiera di Chiasso.

O alla fine miseranda di D’Alema, candidato a ministro degli Esteri europeo e trombato all’unanimità al grido di "D’Alema chi?". Solo in Italia continua a passare per un genio: ieri infatti, reduce dai trionfi pugliesi, è stato eletto presidente del Copasir con i voti del centrodestra. Che ormai lo considera uno di famiglia. (MARCO TRAVAGLIO - IL FATTO QUOTIDIANO -)
L'estensione del legittimo impedimento a figli e amici sara' l'argomento con cui il Parlamento verra' messo a ferro e fuoco nei prossimi giorni dal Nerone nostrano.

Quest'uomo ha costretto gli italiani ad ingoiare di tutto, leggi ad personam per i suoi processi, leggi ad aziendam per i suoi soldi ed ora leggi ad familiam. L’accezione latina, in questo caso, la lascerei da parte e attribuirei al termine “familia” la venatura mafiosa: si vuole porre un clan di individui al di sopra della legge, una nuova categoria di intoccabili. Ma c’è una differenza rispetto alle precedenti norme, si è compiuto un salto in avanti con la proposta di oggi.

Le numerose precedenti leggi avevano finalità individuali ma benefici allargati (penso all’amnistia fiscale, al lodo Alfano), ora si punta ad una legge su misura per una cerchia ristretta di cittadini, politici e non. Dove vuole arrivare il Presidente del Consiglio?

Questa è da considerarsi attività sovversiva ed istigazione a delinquere che altera gli equilibri democratici e soffia sul fuoco dell’estremismo politico. Di chi è la colpa del clima d’odio? Di quale amore parla il governo? Di quello che porta vallette ed escort alle luci della ribalta o di quello che genera armonia e sana competizione politica per il bene del Paese?

Signor Presidente della Camera, Gianfranco Fini, chiedo oggi a lei: è ancora convinto che l’Italia debba scongiurare una democrazia giudiziaria piuttosto che il delirio di onnipotenza di un uomo senza più freni inibitori? Ed è sicuro che non sia meglio una democrazia giudiziaria ad un’oligarchia massonica?

Mi auguro che gli avvocati del Premier, pagati dai contribuenti, non comincino neanche a lavorare su questa indecente estensione di una norma altrettanto indecente. Infatti, questa volta, non aspetteremo né il dibattito in Aula, né l’intervento delle istituzioni o l’ultimo salvagente della Consulta, faremo subito appello alla comunità internazionale, portando il messaggio di emergenza democratica. (www.antoniodipietro.it)

martedì 26 gennaio 2010


WASHINGTON - Il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha detto di essere rimasta "profondamente ferita" per le critiche italiane alle operazioni di soccorso statunitensi ad Haiti, espresse - anche se poi rettificate - dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso. E alla numero uno della diplomazia americana risponde, con una nota, Silvio Berlusconi: "La posizione del governo - precisa il premier - è quella espressa da Frattini". Che già ieri aveva preso le distanze dalle parole di Bertolaso.

Secondo Berlusconi, sul terremoto nel paese caraibico "la risposta è stata rapida, ma senza il generoso e significativo intervento degli Stati Uniti sarebbe stato tutto assai più difficile. In situazioni critiche come questa, è purtroppo inevitabile che sorgano serie difficoltà nell'assicurare un efficace coordinamento degli aiuti. Resto tuttavia convinto che in questi casi sarebbe opportuno evitare dichiarazioni che possano involontariamente innescare polemiche, partendo dall'assunto che tutti sono impegnati in buona fede ad aiutare la popolazione di Haiti".

Quanto alle parole odierne della Clinton, il presidente del Consiglio invita a ricordare le parole dette già ieri dal ministro degli Esteri. "Le polemiche sono alle spalle - conclude - ora il momento di mettere da parte tali questioni e rafforzare l'azione di sostegno alla popolazione di Haiti, un compito enorme nel quale tutta la comunità internazionale deve fare la sua parte e nel cui svolgimento il ruolo delle Nazioni Unite, come sempre, resta cruciale".

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi "ha chiarito qual è la posizione italiana sulle operazioni di soccorso ad Haiti", ha detto il portavoce del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, Martin Nesirky. E quindi le Nazioni Unite - ha detto Nesirky - "non vedono il bisogno di commentare le dichiarazioni" di Guido Bertolaso. "Oltre a quella del premier, abbiamo apprezzato anche la chiarezza della posizione del ministro degli Esteri", Franco Frattini, ha aggiunto il portavoce. Il portavoce ha infine sottolineato come "tutti hanno preso atto di quanto sia difficile la situazione ad Haiti, senza precedenti (nella storia dell'organizzazione internazionale)". A parere del portavoce "ora la coordinazione nei soccorsi è migliorata, e sta funzionando". (REPUBBLICA)


Bertolaso effettivamente si era allargato un pò nelle sue dichiarazioni, evidentemente era andato ad Haiti con l'intento di coordinare i lavori per una "new town" modello L' Aquila.
Il Pdmenoelle è un partito pieno di domande. Boccia (who is Boccia?) mi chiede se ho mai letto le cose che ha scritto. Lo confesso, non le ho mai lette, ma forse le hanno lette i pugliesi prima delle Primarie. "Pretendo che le famiglie del San Paolo di Bari non paghino nulla e i benestanti come me e Vendola paghino di più. E, per farlo, occorre aprire le porte della gestione dell'acquedotto pugliese alla competizione tra privati". Chi l'ha detto? Proprio lui, Boccia. E l'alleanza con l'Udc di Caltagirone, possibile candidato alla gestione dell'acquedotto chi l'ha voluta? Sempre lui, Boccia. La Puglia ha preso atto e lo ha mandato a fanculo.
In realtà Boccia è un falso bersaglio. Il trio delle meraviglie D'Alema, Enrico Letta (il nipote di suo zio Gianni) e Bersani (il portavoce di D'Alema) lo ha mandato allo sbaraglio, come Corrado ai bei tempi della Corrida.
Valium Prodi chiede chi comanda nel PDmenoelle. Una domanda retorica, lo sanno tutti che comanda Berlusconi. D'Alema, Violante e Fassino sono da tre lustri i suoi migliori alleati. Più fedeli della Lega, meno rompicoglioni di Fini, più allineati di Casini. Gli hanno dato tutto: la concessione delle frequenze televisive in cambio dell'uno per cento dei ricavi, non hanno cancellato le leggi ad personam, non sono intervenuti sui conflitti di interesse. Hanno un presidente pidimenoelino che ha firmato con la velocità di Usain Bolt il Lodo Alfano, lo Scudo Fiscale e la lettera di commemorazione di Bottino Craxi che: "Pagò con durezza senza eguali". D'Alema è stato eletto oggi presidente del Copasir, il premio post primarie di Gianni Letta. Il Pdl non era riuscito a farlo eleggere mister Pesc, responsabile degli esteri per l'Europa, e ha saldato il debito.
Nel Pdmenoelle forse non si sa chi comanda, anche se tutti i sospetti portano alla "Volpe del Tavoliere". Di certo si sa chi NON comanda: gli elettori. Il Pdmenoelle è in costante competizione con il Pdl, il suo ispiratore, tenta sempre di superarlo nelle politiche sociali e del territorio e qualche volta ci riesce. Gli abitanti della Val di Susa non vogliono la TAV, un mostro che costerà decine di miliardi, sarà finito tra vent'anni, inutile, in quanto il traffico merci è in costante diminuzione da un decennio. La TAV distruggerà la Valle e ingrasserà partiti e costruttori. Domenica 40.000 persone hanno protestato pacificamente . Bresso e il lombrosiano Chiamparino hanno organizzato a Torino una contro manifestazione del Si Tav con poche centinaia di duri e puri del cemento. Il Pdl non si è fatto vedere e Bossi ha dichiarato che la Tav è forse inutile. Se il Pdl costruisce tre inceneritori in Liguria, il Pdmenoelle ne fa otto in Emilia Romagna. E' una continua rincorsa. Quando Di Pietro lanciò il referendum contro il Lodo Alfano, Topo Gigio Veltroni si dissociò e gli chiese, perentorio, di rientrare nel recinto razionale e riformista del Pdmenoelle. Il compianto Mike Bongiorno, quando faceva la pubblicità del prosciutto Rovagnati, si immedesimava a tal punto da diventare lui stesso un prosciutto. Il vertice disconnesso del Pdmenoelle è andato oltre, per fare l'imitazione del prosciutto Pdl, è diventato un intero maiale. (www.beppegrillo.it)

lunedì 25 gennaio 2010



ROMA - L'astrologa Linda Wolf è morta oggi pomeriggio, all'età di 85 anni, nella sua casa romana di Via Barnaba Oriani. Studiosa, scrittrice, e docente nel campo dell'astrologia, è stata storica collaboratrice di importanti testate in Italia e all'estero. Ha raggiunto i vertici della notorietà soprattutto per la sua lunga collaborazione con la Rai e fino al giorno della sua scomparsa ha condotto la rubrica quotidiana dell'oroscopo in onda su Radiodue in chiusura del giornale radio delle 7.30 e per molti anni anche un analogo spazio durante Unomattina.

IL FUTURO NON PREVEDIBILE - Di famiglia italo-svizzera, si è avvicinata, giovanissima, all'astrologia e alle filosofie orientali, divenendo discepola di Marceline Senard e di Allan Leo. Per tutta la sua vita ha cercato, anche attraverso i suoi libri, pubblicati tra gli altri da Fabbri, Rizzoli e Sonzogno, di spiegare all'uomo che «la strada non è determinata dal Destino ma da un atteggiamento interiore perchè - scriveva nella prefazione di uno dei suoi ultimi volumi - tutte le domande che gli umani si pongono non troveranno mai un riscontro oracolare nell'astrologia, si potranno prevedere i periodi positivi e negativi ma cosa accadrà in realtà non sarà invece possibile saperlo». (CORRIERE DELLA SERA)


Questa notizia mi riempie di tristezza. Ogni mattina, da molti anni, prima di recarmi a lavoro ascoltavo in religioso silenzio le previsioni della signora Wolf su Radio 2.
Faccio i miei migliori auguri a Nichi Vendola. Nichi ha vinto le primarie grazie alla sua caparbietà e, soprattutto, grazie al sostegno della società civile che, attraverso premi Nobel, scienziati e artisti, attori, associazioni, movimenti e migliaia di cittadini pugliesi, lo ha sostenuto perché crede in lui ed è convinta che Nichi abbia a cuore la Puglia.

La vittoria di Nichi Vendola è la vittoria dei cittadini sugli schemi preconfezionati delle logiche di partito e della partitocrazia, è una vittoria sulla politica del doppio forno e sulle logiche che sviliscono la politica portandola a livello di un 'Risiko'.

Vendola ora avrà un compito importante: vincere le elezioni per la presidenza della regione Puglia.

In questo percorso non deve essere lasciato solo e, per questo, l’Italia dei Valori lo sosterrà compatta nel rispetto dell’esito democratico delle primarie.

Invito il centrosinistra a compattarsi, senza indugi, sul candidato Nichi Vendola permettendogli di portare a termine con successo la sfida elettorale. Il nostro elettorato, infatti, dopo questo risultato, non comprenderebbe l’inseguimento della politica del doppio forno dell’Udc.

Per la Puglia è in ballo il futuro della Regione: da una parte la privatizzazione dell’acqua, la costruzione di centrali nucleari, la petrolizzazione e altre politiche di usurpazione del territorio volute dal centrodestra - che in campagna elettorale si fingerà sensibile a questi temi, salvo poi chinare il capo, in caso di vittoria, ai diktat di Roma - dall’altra un uomo che ha dimostrato di avere nel cuore la Puglia e di essere dalla parte dei pugliesi anche se è stato tradito da alcuni compagni di viaggio. (www.antoniodipietro.it)


Mi associo agli auguri.
Tremorti ha tolto ai poveri (contribuenti) che pagano tutte le tasse per dare ai ricchi (evasori) che con lo Scudo Fiscale hanno versato un obolo del 5%. Tremorti ha cercato di superare persino Fiorani che rubava ai morti. Con i "conti dormienti" ha prelevato pronta cassa i soldi dei conti correnti di vecchi e emigrati che non li avevano movimentati da 10 anni. Per ora, però, le pensioni non erano state (quasi) toccate. Solo rimandate a data da destinarsi, sempre un po' più in là, verso la data di morte del pensionato. Dove non è riuscito Tremorti, è arrivato Brunetta. Il maestro della pasta e fagioli, il ministro che si candida come sindaco di Venezia per cumulare le due cariche (lavorerà di notte?). E come farà con l'acqua alta? Se Tremorti toglie ai ricchi per dare ai poveri, Brunettolo vuole ridurre la pensione ai padri per darla ai figli in modo che possano uscire di casa. Brunetta pensi a eliminare il diritto alla pensione dei parlamentari, come lui, che la maturano dopo due anni e mezzo alla faccia di tutti gli altri cittadini. (www.beppegrillo.it)

Passaparola di Marco Travaglio (dal blog www.beppegrillo.it)

sabato 23 gennaio 2010



Se chi lo conosce non sapesse che Paolo Garimberti è una persona con i piedi per terra, verrebbe da pensare che si tratta di una gigantesca leccata da sicofante: “Silvio Berlusconi mi ha chiamato due volte in otto mesi. La prima per congratularsi con me per il mio insediamento e la seconda volta a Natale”. Questo infatti è quel che ha detto il presidente della Rai, Paolo Garimberti, nella giornata conclusiva della settimana della Fiction Rai a New York, stimolato dal presidente della Pbs, la tv pubblica americana, Neal Shapiro, a parlare del rapporto fra pressione politica e tv pubblica.

Che Berlusconi non abbia bisogno di chiamare Garimberti è evidente: da che esiste la Rai, il presidente non conta nulla perché tutti i poteri veri di gestione sono in mano al direttore generale, che in questo momento è Mauro Masi, ex capo della burocrazia di Palazzo Chigi, cioè uno dei posti di maggiore contatto con Berlusconi stesso.

A riprova che in Rai si fa esattamente quel che vuole Berlusconi, basta rileggere la cronaca di quel che fu deciso a palazzo Grazioli a primavera in un vertice tra Berlusconi e i caporali del suo partito e riscontrarlo con quel che poi è puntualmente avvenuto, inclusa la nomina di Antonio Di Bella al posto di Paolo Ruffini a Rai tre.

Con una ingenuità degna di migliore causa, Garimberti ha poi dato un’altra grande mano a Berlusconi spiegando che “c’è un paradosso nella Rai di oggi: ci sono più programmi anti Berlusconi che pro Berlusconi. Una delle ragioni per cui cerco di evitare le telefonate di Berlusconi è che si lamenta sempre del fatto che il servizio pubblico è contro di lui. E’ vero ma questa è una reazione di indipendenza contro le pressioni del governo”. (BLITZ QUOTIDIANO)


In America hanno scoperto che dopo Alice, ora c'è Garimberti nel paese delle meraviglie.


MILANO - Il giorno dopo la chiusura dell'inchiesta su Mediatrade-Rti per presunte irregolarità sulla compravendita dei diritti tv per creare fondi neri, nella quale tra gli indagati figurano Silvio Berlusconi, il figlio Pier Silvio e Fedele Confalonieri, il Pdl parla di nuovo ennesimo accanimento giudiziario sul premier, mentre il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, chiede che la giustizia possa accertare i fatti con serenità.

IL PDL - Per il capogruppo dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, che ha parlato a margine della convention Generazione Pdl ad Arezzo, «il solito avviso di garanzia a Berlusconi è uno schema veramente logoro». Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, pur confessando di non conoscere gli atti del processo, ha assicurato che «Berlusconi da anni non si occupa delle proprie aziende, ma solo del bene del Paese». Secondo Gianfranco Rotondi, ministro per l'Attuazione del programma, «la procura militante di Milano vuol trasformare il primo contribuente d'Italia in un evasore: vogliono sfregiargli l'altra guancia». Aggiunge il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: «Se c’era qualcuno che ancora negava l’evidenza e dubitava dell’esistenza di un nucleo giudiziario-politico-editoriale che fa dell’uso politico della giustizia la sua arma essenziale contro Berlusconi, ha avuto una risposta inconfutabile con l’iniziativa giudiziaria a pochi giorni dall’inizio della campagna elettorale». Per Italo Bocchino, presidente vicario del gruppo Pdl: «La tempistica sospetta del processo Mediatrade ci convince ulteriormente dell'esistenza di un accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi e impone scelte normative per tutelare la democrazia elettorale». (CORRIERE DELLA SERA)

I peones berlusconiani, ministri compresi che dovrebbero avere il buon senso di tenere la bocca chiusa perchè figure (o figurine) istituzionali, allineati nel sostenere la solita palla della giustizia ad orologeria. Forse un giorno riusciranno a convincere anche noi che Berlusconi effettivamente è perseguitato dalla giustizia, ma è altrettanto vero che il suo nome compare sempre in ogni imbroglio, fosse anche il più stupido.

Ghedini:“accuse incredibili”. Bondi: “così muore la giustizia”.
Sono queste le prime esilaranti dichiarazioni dell’avvocato di Berlusconi, nonché parlamentare, e del ministro dei Beni Culturali, che ha rifinanziato con i soldi pubblici la fondazione Craxi, sul probabile rinvio a giudizio del presidente del Consiglio nel processo Mediatrade-Rti.

Milioni e milioni di euro di possibile evasione fiscale, stando all’ipotesi accusatoria, sottratti ai servizi per i cittadini, agli asili, alle scuole che poi crollano, ai treni che deragliano e causano tragedie, alla cassa integrazione per qualche migliaio di disoccupati.
Il governo Berlusconi ha creato repulsione tra Stato e struttura economica del Paese costruendo un’idea di Stato-ladrone verso cui si giustifica l’esistenza di un’imprenditoria-furbona, dimenticando che lui appartiene alla seconda categoria pur governando il primo.

Ignora dunque che se lui e il suo modello imprenditoriale, diffusosi come un cancro, non avessero per primi istigato all’evasione di milioni e milioni di euro con leggine e scudi fiscali ora, magari, saremmo in grado di fare quella riforma tributaria che lui stesso ulula alla luna dal 1994.

Seguirò anche questo processo attraverso il blog così come sto facendo con quelli di Bassolino, Mills e Dell’Utri.
La giustizia fa il suo corso, le leggi della Casta altrettanto. Il processo breve, il legittimo impedimento e la legge sulle intercettazioni, il cui iter riprenderà a breve, sono i rasoi con cui verranno recisi i processi passati e futuri, quello Mediatrade-Rti compreso.
L’indignazione mostrata in queste ore per l’esito delle indagini è tutta una pantomima, Silvio e Pier Silvio sanno benissimo che le leggi, con cui il papi sta intasando il Parlamento mentre il Paese cade in disgrazia, li salveranno insieme ai compagni di evasione.

Per Berlusconi il rinvio a giudizio in questo processo, l’ennesimo di un percorso imprenditoriale lastricato di corruzione e malaffare, in realtà è una manna dal cielo. Sarà per lui, e per i suoi scagnozzi, un'occasione unica per rilanciare la campagna d’odio contro la “magistratura comunista” ed evitare il confronto sui veri temi elettorali in vista delle regionali. Temi come l’occupazione, le centrali nucleari, il Ponte di Messina, la Tav, gli inceneritori, la chiusura di centinaia di scuole sul territorio, su cui la maggioranza (Lega inclusa) sa benissimo di aver fatto gli interessi delle lobby e di partito a discapito dei cittadini. (www.antoniodipietro.it)

venerdì 22 gennaio 2010

In attesa che Napolitano firmi l'ennesima porcata

......mi piace ricordare che Sandro Pertini è ancora il mio Presidente.





Processo breve ? No, amnistia veloce

(www.luigidemagistris.it)



Il ministro Mariastella Gelmini si sposa sabato prossimo, 23 gennaio a Sirmione. Alle nozze sono stati invitati il premier, Silvio Berlusconi, i sottosegretari alla presidenza del consiglio Gianni Letta e Paolo Bonaiuti e, tra i colleghi titolari di dicastero, Sandro Bondi (Beni culturali). Sarà, come già trapelato nei giorni scorsi, una cerimonia «ristretta», con una cinquantina di invitati, celebrata con rito civile. Mariastella Gelmini, in attesa di una bambina che nascerà ad aprile e si chiamerà Emma, ha scelto un matrimonio nel segno della semplicità, anche perchè come lei stessa ha sempre detto, non vuole perdere nemmeno un giorno di lavoro.
Il ministro sposerà il compagno, il professionista di Bergamo Giorgio Patelli, in una villa sulla riva del Garda, nei pressi di Sirmione. Invitata, ovviamente, tutta la famiglia: i nipoti di lei e la figlia di lui, Rachele, di 12 anni, nata da un precedente matrimonio. Per testimoni la Gelmini ha voluto la sorella Cinzia, maestra, e il fratello Giuseppe. Saranno dei familiari anche i testimoni di lui.
Quanto ai regali, nelle partecipazioni gli sposi suggeriscono di fare donazioni a un orfanotrofio di Addis Abeba. (IL GIORNALE)

Ma questi del partito dell’amore una volta non difendevano a spada tratta i valori e la normalità della famiglia ? Mariastella ad aprile partorirà, lui ha già una figlia di dodici anni e una moglie. Forse ho capito male, parlavano delle nostre famiglie, loro sono liberi di cambiare patners, procreare prima del matrimonio, ecc………….la classica famiglia allargata tanto cara alla Chiesa.

giovedì 21 gennaio 2010

NAPOLI - Se fosse un libro sarebbe «Lettere dall'esilio». Sandra Lonardo Mastella questa volta ne ha scritto una importante:«Sto per inviare una lettera al Presidente Napolitano e fare appello a lui sulla mia vicenda perché intervenga, laddove è possibile, per far in modo che si ponga fine a questa prigionia». Per la presidente del Consiglio Regionale della Campania, destinataria di un divieto di dimora in regione per la vicenda Arpac, sono stati fondati dalle donne dell'Udeur i comitati «Sandra libera» e si è già parlato di «nuovo caso Tortora».


«LA MIA PRIGIONIA» - Sandra Lonardo Mastella ha annunciato la lettera durante un’intervista a Klaus Davi per il programma tv Klauscondicio. «La mia - dice la Lonardo, colpita da un divieto di dimora in Campania nell’ambito dell’inchiesta Arpac - è una prigionia, una limitazione della libertà in un Paese dove l’ordinamento parla di presunzione d’innocenza fino al terzo grado di giudizio. Io sono stata, invece, già condannata». E anche il suo portavoce, settimana fa aveva parlato della vicenda richiamando il «caso Tortora»

«IO COME CRAXI» - «La misura restrittiva nei miei confronti - continua Lonardo - è da ventennio fascista per allontanare i dissidenti. Io e Craxi abbiamo storie diverse ma siamo stati mandati entrambi in esilio». La Lonardo, nel corso dell’intervista, assicura di non aver mai pensato al suicidio ma di aver comunque «vissuto momenti di forte sconforto: ho visto il buio nero specialmente all’inizio di questa vicenda giudiziaria».

«MA IO PERDONO» - Nonostante il grande disagio personale, sottolinea di essere «una persona che perdona e quindi mi piacerebbe provare a salutare Luigi De Magistris e vedere come si pone» perché - spiega - le sue indagini «sono una finzione, specialmente quelle su mio marito». Dicendo di credere che il magistrato «sia entrato in politica utilizzando tutto quello che ha fatto sulla pelle degli altri» guarda infine anche al leader dell’Idv, Antonio Di Pietro spiegando che da lui «mi aspetto di tutto» perché «ha fatto tante cose: quante famiglie hanno pianto, quante persone si sono tolte la vita?». (CORRIERE DELLA SERA)

La Mastella family non si arrende ! La faccia come il culo, non c'è niente da fare.



Il Parlamento sta per chiudere

Entri alla Camera, una di queste mattine, e ti rendi conto che la fine della legislatura è già incominciata. Chi segue le giornate – allo stesso tempo spente e tumultuose – del Senato, si rende conto che – anche là – il percorso è già finito.

Da tempo il Senato respira a fatica sotto il peso morto di Renato Schifani. Per lui presiedere vuol dire obbedire al governo.
Ma è la Camera che rappresenta in pieno il dramma, perché il continuo sforzo di rianimazione di Gianfranco Fini resta senza esito. Il Parlamento – da una parte e dall’altra – è inerte nonostante gli occasionali guizzi e sussulti della Lega e dell’Italia dei Valori (che però comunicano, ciascuno, con una loro piazza, fuori da queste mura).

Per il resto le due assemblee della Repubblica sono le braccia corte di un governo tanto imperioso quanto incapace. Guida male, ma guida tutto. E devi prendere atto del vasto silenzio (non imbarazzato, assente) della sua parte che un tempo, almeno, era maleducata e vivace.

Il Pd, tutto il Pd, almeno alla Camera, tace. Eppure contiene (ma è vero anche per la destra) pezzi di valore, vite rispettabili, esperienza, cultura. Gli scontri, se ci sono, sono brevi. I colleghi giornalisti non ci sono mai, non uno in aula. Ma le tv della Camera e del Senato sono neosovietiche.
Vedi solo chi parla in quel momento, vedi solo chi presiede senza audio "d’ambiente".

Qui qualcosa è accaduto e qualcosa sta per accadere. Gruppi e sottogruppi si formano, si sfaldano, si separano, si trattano come se fossero già separati. Parlo del Pd, non saprei dire della destra. Ho l’impressione che un po’ più di apparente compattezza copra faglie larghe, profonde e non rimediabili. La legge sul processo breve appena votata ha umiliato il Senato e, certo, ha umiliato molti anche a destra (tranne l’entusiasta Gasparri). Fra poco umilierà la Camera (ma non l’affannato pubblicista Cicchitto).

I giornali e i corrispondenti tv se la cavano con la solita frase: "Bagarre in Parlamento".
La realtà è molto più brutta. Il Parlamento è un treno fermo sul quale il governo scarica l’immondizia di leggi vergognose. Quel treno, popolato di cooptati senza senza autorità, ormai poco rispettabile perché non c’è stata resistenza, difficilmente potrà ripartire.
Questa brutta legislatura è finita. O è come se fosse finita. Non conta. (FURIO COLOMBO - IL FATTO QUOTIDIANO -)
Ieri al Senato e' stato approvato il disegno di legge che questa maggioranza, con delinquenziale maestria comunicativa, ha chiamato "processo breve" per far credere che d’ora in poi i processi si faranno prima e la giustizia funzionera' meglio.

Magari fosse così! In realtà è l’esatto opposto. Trattasi di un "processo ad impunità assicurata", nel senso che i processi d’ora in poi non si faranno più e i delinquenti se la spasseranno alla faccia delle vittime e della giustizia. Il disegno di legge in questione è un vero e proprio ammazza processi e ammazza giustizia che serve solo alla Casta degli amministratori pubblici, ai faccendieri senza scrupoli, ai truffatori, agli sfruttatori della prostituzione e a una lista infinita di soggetti che agiscono nell’illegalità e che, d’ora in poi, sanno che possono farlo anche con garanzia di impunità.

Cominciamo dal famigerato emendamento presentato dal senatore Valentino del Pdl: norma che cancella in un batter d’occhio 500 milioni di euro che Ministri, sindaci, amministratori pubblici a vari livelli e parlamentari hanno rubato alle casse dello Stato con sprechi e truffe. Soldi che, stando agli accertamenti in corso della Corte dei Conti, devono essere restituiti allo Stato a titolo di risarcimento. Ieri al Senato, la maggioranza parlamentare (quelli del Pdl e della Lega, per intenderci) ha deciso di condonare le procedure di pagamento di questi risarcimenti, senza che se ne comprenda minimamente la ragione, giacchè la Corte dei Conti fa attività completamente diversa da quella dei Tribunali ordinari italiani.

Allora, uno si domanda: ma chi sarebbero questi gloriosi fortunati beneficiari di una norma del genere? In primis, guarda caso, lo stesso firmatario dell’emendamento, nonché relatore del provvedimento, ossia il senatore del Pdl Giuseppe Valentino. Segue una schiera di Ministri passati e presenti, amministratori e parlamentari. Ecco solo alcuni dei nomi: il vice ministro leghista Roberto Castelli, gli onorevoli Jole Santelli e Alfonso Papa, di salda fede Pdl, coinvolti in un’inchiesta sulle consulenze al Ministero di grazia e giustizia; i cinque membri del centrodestra del vecchio Cda Rai, l’ex direttore generale Flavio Cattaneo e l’ex ministro dell’Economia Domenico Siniscalco; il sindaco di Milano, Letizia Moratti, e tutta la sua giunta per il caso delle “consulenze d’oro e così via.

Tra i possibili beneficiati vip della norma c’è di tutto. Il bitume processuale che abbiamo visto passare negli ultimi anni verrà scaricato a mare: dall’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, al presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi, agli ex imprenditori del calibro di Calisto Tanzi, Fiorani, Cragnotti, ma anche una pletora infinita di politici di tutti i partiti coinvolti in ogni sorta di ruberia, dai pesci grossi al plancton sparsi nelle migliaia di amministrazioni locali. Insomma verranno annullati i processi a tutti coloro sospettati dai Tribunali o dalla Corte dei Conti di aver amministrato male e sperperato i soldi dei cittadini e, persino, coloro che hanno preso tangenti.

Un regalo niente male per i fortunati e che, in questo momento di crisi economica, non è certo un toccasana per le casse dello Stato, oltre ad essere un segnale inequivocabile per tutti i cittadini onesti.

Ma l’ammazza giustizia non finisce qua. Si renderà, di fatto, impossibile l'accertamento di delitti come gli omicidi colposi, realizzati nell'ambito dell'attivita' medica, le lesioni personali, le truffe, gli abusi d'ufficio, la corruzione, le frodi comunitarie, le frodi fiscali, i falsi in bilancio, la bancarotta preferenziale, le intercettazioni illecite, i reati informatici, la ricettazione, il traffico di rifiuti, lo sfruttamento della prostituzione, la violenza privata, la falsificazione di documenti pubblici, la calunnia, la falsa testimonianza, l'incendio, l'aborto clandestino, i reati della criminalita' dei colletti bianchi. In particolare, con il disegno di legge in questione potrebbero estinguersi i reati contestati nei processi per i crack Cirio e Parmalat, per le scalate alle banche Antonveneta e Bnl, per la corruzione nella vicenda Eni-Power, per le "morti bianche" alla Thyssen, per le morti da amianto. E ancora: i processi Impregilo, Unipol, Pirelli-Telecom, Italgas, Eni-Snam. E chissà quanti altri ne scopriremo nei prossimi giorni.

Il disegno di legge grazia sì i Vip della politica, della finanza e dell’imprenditoria ma investe come una manna dal cielo anche i delinquenti di strada, quelli che vivono nella realtà delle piazze, dei mercati, delle discoteche, dei quartieri malfamati e che stuprano, rubano in appartamenti, scassinano negozi, scippano le vecchiette riducendole in fin di vita, picchiano, taglieggiano, bruciano, inquinano, danneggiano la cosa pubblica e la proprietà privata. Questa galassia, ai margini della società e con un piede nella malavita, vede in Silvio Berlusconi e nel suo governo la speranza e l’opportunità di poter delinquere in sicurezza dalla giustizia come prima e più di prima.

A questo punto anche le loro vittime, i cittadini, avranno la consapevolezza che con tutta probabilità il torto subìto non verrà punito dallo Stato.

Berlusconi, la sua maggioranza e tutti coloro che si renderanno complici di questa polizza d’impunità per malviventi saranno responsabili di aver ridotto l’Italia ad un Far West dove i cittadini, esasperati, finiranno per optare per una giustizia “fai da te”. A questi prossimi giustizieri si aggiungeranno altrettanti disperati, che oggi vivono con fatica ai margini della legalità, che decideranno di provare la strada della delinquenza che ieri il Senato ha contribuito a rendere più sicura.

Ops! Dimenticavo, di inserire nella lista un altro beneficiario, quello per eccellenza: il nostro presidente del Consiglio. Si, avevamo proprio rimosso. Guarda caso, nella lista nera c’è pure lui. Anzi, prima di tutti lui, dato che – per stessa ammissione dell’interessato – questa legge è stata da lui fortissimamente voluta proprio perché gli serviva per bloccare i processi che ha in corso.

A noi non resta che esprimere la nostra solidarietà a tutti i familiari delle vittime della Thyssen, ai risparmiatori vittime del crack Cirio e Parmalat e a tutte le altre vittime dei reati e delle gravi truffe sopra elencate.

Si, sono giorni neri per la nostra democrazia. Continuiamo a resistere democraticamente, per evitare di ripercorrere la strada del fascismo, dalla sua apoteosi fino a piazzale Loreto! (www.antoniodipietro.it)

mercoledì 20 gennaio 2010

La battuta del giorno

"Le corti di tribunale in Italia sono come "plotoni di esecuzione". (SILVIO BERLUSCONI)

Chi, forse, non si è venduto ancora

"Stiamo commettendo un errore grave, quello di non ammettere pubblicamente che c'erano due obiettivi, quello della ragionevole durata dei processi e quello che è diventato una sorta di agenda nascosta, la tutela del presidente del Consiglio". (ENRICO MUSSO - docente universitario di economia applicata - PDL -)

163 favorevoli, 130 contrari e 2 astenuti: ecco i numeri che hanno permesso l’approvazione del disegno di legge sul processo breve oggi al Senato, nel giorno che definiamo “della vergogna”.
Gli effetti di questo processo sono descritti alla perfezione nell’intervento fatto oggi in Aula dal senatore dell’Italia dei Valori Luigi Li Gotti di cui riporto nel blog video e testo. I discorsi vergognosi di chi ha, con faccia di bronzo, tentato in Aula di argomentare l’opportunità del provvedimento si commentano da soli. Il processo breve è uno schiaffo agli italiani e alle umiliazioni alle quali sono stati sottoposti negli ultimi anni. Se il provvedimento dovesse diventare legge, molti reati, dal furto allo stupro, rimarrebbero impuniti. Confido che, visti gli elementi di palese incostituzionalità, il Capo dello Stato non firmi il provvedimento o che lo stesso venga dichiarato incostituzionale dalla Consulta.

Dopo tutto, a cosa servono le istituzioni se non a limitare gli egoismi della politica?

Quello che oggi mi indigna maggiormente sono le affermazioni di un senatore del Pdl: "Tutto ci favorisce: Napolitano su Craxi, il Pd che vira sull'immunità ed era favorevole pure al decreto-Consulta, i voti segreti in aula convergenti con noi, siamo sulla strada giusta". A queste dichiarazioni, si aggiunge la strafottenza di Berlusconi che ha detto: "Napolitano? Tranquilli. So per certo che il processo breve me lo firma". E’ un quadro stucchevole che vede soltanto l’Italia dei Valori impegnata a tutelare i cittadini contro una classe politica volta a tutelare solo gli interessi e gli affari propri.
Vogliamo sapere, dunque, se possiamo ancora contare sulle istituzioni, e per saperlo basterà attendere la firma, o meno, del Capo dello Stato o il giudizio della Corte Costituzionale su questa futura legge. (www.antoniodipietro.it)

martedì 19 gennaio 2010


Grazie a C6Tv intravediamo lo stuolo di persone che hanno preso parte alla commemorazione di un latitante. Saprete chi non votare alle prossime elezioni. (ANTONIO DI PIETRO)

La battuta del giorno

"Se non parlassimo di Di Pietro e dei suoi militi, ma di altri, potremmo definire empi i loro insulti e il loro odio contro un leader scomparso e contro una persona che non c’è più. Ma non è il caso di scomodare l’empietà per Di Pietro". È sufficiente dire che Craxi fu un gigante e così sarà ricordato, mentre Di Pietro è e resta uno gnomo". (DANIELE CAPEZZONE - valletto del PDL -)

Una legge ad personam anche per me

di Totò Riina*

Egregio dottor Massimo Fini, le chiedo scusa se mi permetto di rivolgermi a Lei, ma, benché io sia notoriamente religioso e credente, non so più a che santo votarmi. Da anni, anzi da decenni, sono vittima di un "racket dell’odio" che vede uniti certi settori di una magistratura deviata e si può dire l’intera stampa nazionale. Sono oggetto di un "accanimento giudiziario" che non ha precedenti né paralleli nella storia del nostro paese: centinaia di perquisizioni, anche nelle abitazioni dei miei familiari, decine di rinvii a giudizio, di processi, di sentenze senza che potessi beneficiare, almeno una volta, di quella prescrizione che, come Lei certamente sa, oggi non si nega a nessuno.

I magistrati, che quando non sono corrotti sono "antropologicamente dei pazzi" (solo a un individuo che ha delle turbe, probabilmente di origine sessuale, può venire in mente di fare un mestiere che consiste nell’andare a ficcare il naso nei fatti altrui) e i media non hanno avuto riguardo nemmeno per mio figlio, Salvatore, che è un bravissimo ragazzo, che ha fatto studi regolari e si è laureato brillantemente.

Non pretendo che sia nominato sottosegretario agli Esteri, come è accaduto a rampolli di personaggi che più o meno si trovano penalmente nella mia situazione e che oggi vengono doverosamente onorati, ma perlomeno che sia lasciato in pace.

Non intendo, egregio dottor Fini, a differenza di altri, occultare le mie responsabilità. Qui, dalle mie parti, quando ero una persona stimata, rispettata e, diciamolo pure, temuta da tutti (del resto sono convinto che col tempo, che è galantuomo, sarò ricordato dagli amici, e forse anche dai nemici, come un uomo buono) ho chiesto a imprenditori e commercianti quello che da noi si chiama "il pizzo" e al nord "tangente".

Per la verità non l’ho mai fatto direttamente, alla bisogna provvedevano i miei amici. Potrei quindi anch’io trincerarmi dietro l’argomento che il "non poteva non sapere" è un teorema indegno di uno Stato di diritto. Ma non intendo spingermi fino a questo punto, sarebbe contrario alla mia coscienza morale e al patto di fedeltà che mi lega agli amici. Sapevo, dunque. Ma quanti importanti uomini politici del nord che riscuotevano il "pizzo", pardon la tangente, si sono salvati mentendo, affermando che non sapevano nulla di quanto accadeva all’interno della loro organizzazione? Che il loro errore era stato solo quello di fidarsi di persone sbagliate? Per me invece questa giustificazione non è stata mai ritenuta valida.

La solita discriminazione ai danni del Mezzogiorno. Aggiungo che non ho cercato di corrompere testimoni in giudizio, che non ho reso falsa testimonianza , che non sono mai stato iscritto alla P2, un’organizzazione peraltro di ciarlatani e di carrieristi ben lontana, mi consenta di dirlo, dal rigore e dalla serietà della mia. Per me sarebbe stata una retrocessione. Infine, benché inseguito da infiniti mandati di cattura, non sono mai scappato dal mio paese. Lo amo troppo, per quanto si sia dimostrato così ingiusto con me.

Lei dice: e gli assassinii? Eh no, io qui mi indigno, mi indigno veramente, sono cose di cui non voglio più nemmeno sentir parlare. Accuse fondate sul niente se non su pregiudizi nei miei confronti, senza lo straccio di una prova che non siano le parole di "pentiti", di infami, di assassini pronti a tutto pur di sfuggire alla galera. I veri "uomini d’onore", quelli che, come me, hanno una parola sola, non mi hanno mai accusato di nulla del genere. Hanno tenuto la bocca chiusa.

Il "racket dell’odio" mi accusa anche di aver accumulato enormi ricchezze. Ma tutti hanno potuto vedere in che razza di fetido tugurio, privo di qualsiasi comodità, vivevo quando sono stato ingiustamente arrestato.

Egregio dottor Fini sono vissuto povero e morirò povero. I miei soldi li ho sempre versati all’organizzazione. Dalla mia attività non ho mai tratto guadagni personali. Non ho mai avuto case a New York. Non pretendo per questo che ministri della Repubblica vengano a rendere omaggio alla mia tomba quando sarò morto. Ma che sia riconosciuta la mia onestà personale, questo sì. È un mio diritto.

Le porgo i miei più deferenti saluti.

*testo di fantasia ma verosimile di Massimo Fini (MASSIMO FINI - IL FATTO QUOTIDIANO -)

Grillo 168 (www.beppegrillo.it)

lunedì 18 gennaio 2010



Santiago del Cile, 18 gen. (Adnkronos/Ign) - "Il nostro paese ha bisogno oggi più che mai di unità". A dichiararlo è stato il vincitore delle elezioni presidenziali cilene, il conservatore Sebastian Pinera (nella foto), 60 anni, che ha ottenuto il 51,6% delle preferenze, segnando così la svolta politica che manda in pensione il centrosinistra della 'Concertacion'.
"Per avere un buon paese, abbiamo non solo bisogno di un buon governo ma anche di una buona opposizione", ha aggiunto il neoeletto presidente, che assumerà il suo incarico l'11 marzo.

"Sono sicuro - ha sottolineato l'uomo della nuova destra del paese, imprenditore di successo - che avremo un'opposizione leale, costruttiva".

Il successore di Michelle Bachelet alla Moneda ha quindi ricordato che conosce il suo sfidante, Eduardo Frei (67 anni, che ha ottenuto il 48,4% delle preferenze) "da molti anni" e che le loro due famiglie sono state "grandi amiche".

L'ex presidente democristiano Frei, che ha concesso subito la propria sconfitta, ha ammesso "che il nuovo governo apre nuove aspettative per molti cileni" ed ha augurato a Pinera "pieno successo".

"Oggi - ha detto Pinera parlando davanti a trentamila sostenitori - è il tempo dell'unità e del futuro", motivo per il quale "cercheremo la strada del dialogo e dell'accordo perché questo è il modo più solido di costruire un paese".

E ha annunciato: "Faremo un governo basato su valori solidi e fermi, faremo un governo di unità nazionale che abbatterà i muri che ci dividono e costruirà i ponti che ci uniranno in futuro".

Nelle strade della capitale cilena, una folla ha festeggiato il ritorno al potere della destra. Tra loro anche ex sostenitori di Augusto Pinochet che hanno portato in strada bandiere e busti del dittatore scomparso nel 2006. (ADNKRONOS)


Aggiungiamo anche che Pinera ha svariati interessi finanziari, è proprietario di un giornale, di una squadra di calcio e di una televisione. Vi ricorda qualcuno ?