mercoledì 9 giugno 2010



“Finché esisterà l’accusa di omicidio colposo ho dato disposizione agli uomini della Protezione civile di non recarsi nelle zone terremotate in Abruzzo perché qualcuno con la mente fragile rischia che gli spari in testa”. Parole di Silvio Berlusconi che investono in pieno la magistratura aquilana. Un’offesa che supera tutte le altre a cui abbiamo dovuto fare l’abitudine. Ma questa volta c’è qualcosa di più. Qualcosa che supera quel limite consentito dal rispetto per la sacralità del dolore. Il dolore dei genitori che hanno perduto i loro figli travolti dai pilastri marci della Casa dello Studente. Il dolore di chi si è visto rubare dal sisma ricordi, oggetti, luoghi e si è sentito “deportato” in case senza odore, senza sapore, senza spazi per sognare.

Il dolore di chi ha sopportato l’affronto violento delle risate degli sciacalli alla notizia di un piatto ricco per saziare la loro avidità. Il dolore di chi ha visto la propria città ingoiata dalla furia di un terremoto che era scritto nei libri e nei documenti che nessuno aveva letto. L’umiliazione di chi è stato costretto a vivere in una città occupata militarmente dove per entrare doveva chiedere permesso. Di coloro che sono stati trasformati in comparse sul grande set mediatico da mostrare ai grandi della Terra. Per dare sfogo alla mania di grandezza di un uomo che sta rendendo sempre più piccolo il nostro Paese. Chi è condannato a ricordare la severa bellezza di un centro storico che non rinascerà più, oggi guarda alla verità come alla sola occasione per restituire giustizia ai propri morti.

Dopo la gravissima “disposizione” data alla Protezione civile affinché venga meno ai propri doveri (che configura un vero e proprio reato), gli aquilani si chiedono quali altre umiliazioni e minacce dovranno sopportare ancora dal capo del governo. Lo stesso che di fronte alle telecamere asservite distribuiva dentiere e offriva ville. (SANDRA AMURRI - IL FATTO QUOTIDIANO -)

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