Oggi trovo il tempo di una breve riflessione perché sono impegnato nella stesura di una circostanziata querela per diffamazione e calunnia, da depositare entro domani presso le autorità giudiziarie di Perugia.
Ieri con Zampolini ho vissuto il déjà vu della cena con Contrada, bufala svanita con la stessa velocità con cui è apparsa, lasciando dietro sé solo le mie querele.
Qualcuno chiosa che ora anche io so cosa vuol dire sentirsi alla gogna e diffamato. Chi lo dice è in malafede, ed io rifiuto la sua falsa solidarietà, poichè accomuna la mia situazione, di pura diffamazione, a quella di persone le cui accuse devono sì essere provate in un tribunale, ma largamente documentate da intercettazioni e testimonianze incrociate.
Ed io, comunque, rispetto agli altri corro dal magistrato e con prove ben circostanziate della mia completa estraneità rispetto alle calunnie a me rivolte. Le accuse nei miei confronti sono talmente false e costruite ad arte che se ne sarebbe accorto anche un bambino.
Sono state però pubblicate, con grande rilievo, da tutti i giornali nazionali. Se la notizia è palesemente falsa e ad essa si dedicano, pagine, approfondimenti e commenti da parte di politici condannati in via definitiva la responsabilità va ricondotta sia a chi dirige questi giornali, sia a chi dirige i direttori dei giornali. E mi riferisco ai consigli di amministrazione che rappresentano aziende e gruppi di potere in palese conflitto di interessi con la libertà di informazione.
In Italia l’informazione viene decisa dalle lobby e pagata in parte, con l’ammirevole eccezione di qualche quotidiano tra cui Il Fatto Quotidiano, dalle tasse dei cittadini. La domanda da porsi è quindi: “A chi dà fastidio la politica di Italia dei Valori? E quali interessi colpisce l’attività di denuncia continua dell’Italia dei valori? E quali il nostro contro programma di eliminazione degli sprechi al posto dei tagli da macelleria sociale del governo?”.
Se si risponde a queste domande si capisce chi ha dettato ai maggiori quotidiani nazionali titoli e editoriali falsi e perché sono stati pubblicati senza nessun tipo di verifica preventiva. Sarebbe, infatti, bastata una banale visura camerale per accorgersi che Italia dei Valori non ha mai avuto immobili in locazione via della Vite.
In Italia il problema della libera informazione è ben più complesso delle reti televisive di Silvio Berlusconi e dei suoi giornali di propaganda. Investe tutto il mondo dell’informazione, a iniziare dai collegamenti tra azionisti, consigli di amministrazione e direttori di giornale, nominati quando è utile e rimossi quando serve.
Quando Berlusconi finirà, e finirà, bisognerà riscrivere le regole dell’informazione, degli operatori dell’informazione, dei finanziamenti dell’informazione, dei conflitti di interessi del mondo dell’informazione. Gli azionisti dei giornali devono essere i lettori, non i gruppi immobiliari, bancari, industriali, come avviene per i più blasonati e noti quotidiani nazionali.
Se l’informazione dei quotidiani nazionali, finanziata dai contribuenti per mano dei politici, è di così bassa lega, allora così come per il canone Rai, non vale la pena pagare un solo cent né per stamparli, né per comprarli. (www.antoniodipietro.it)
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