Più che per il fatto in sé, già masticato e
ruminato da sei anni di indagini tutte
archiviate, l’iscrizione sul registro
degl’indagati di Di Pietro per l’annosa
polemica sui rimborsi elettorali del 2004 è
illuminante per come la trattano i giornali “g a ra n t i s t i ”:
quelli che escono ogni mattina non per dare notizie,
ma per coprire le vergogne dei loro editori
pregiudicati o imputati. Partiamo dal Giornale
(Berlusconi) e da L i b e ro (Angelucci). Feltri l’altroier i
lacrimava per il rinvio a giudizio di don Gelmini per
molestie sessuali: “Finire sui giornali quale
protagonista di torbide vicende è una sofferenza
atroce per tutti” (e lui ne sa qualcosa, avendo sbattuto
in prima pagina una falsa informativa di polizia
sull’omosessualità di Boffo). Infatti ora titola: “COSÌ
I M PA R I ”. “L’ex pm nei guai. Se fosse coerente
dovrebbe lasciare il Parlamento”. “N ea n che
l’ennesimo scandalo (sic, ndr) convincerà Tonino a
smettere di atteggiarsi a modello di legalità”. Ecco: i
fatti non contano nulla, l’importante è poter mettere
sullo stesso piano Di Pietro e Berlusconi in una notte
dove tutte le vacche sono nere ed espellere la
questione morale dal dibattito politico. L i b e ro , l’inser to
satirico del Giornale, titola in prima: “DOVE HA
MESSO I SOLDI?”. Parla delle tangenti degli Angelucci
e di Berlusconi? No, dei rimborsi elettorali Idv.
Belpietro (avete capito bene: Belpietro) si lagna
perché Di Pietro “è uscito candido come un giglio”
da tutte le inchieste, anzi osa pure “atteggiarsi a
vittima di calunniatori e avversari politici”: in effetti
30 procedimenti a Brescia basati sul nulla e finiti nel
nulla sono pochi. Per atteggiarsi a vittima bisogna
depenalizzare i propri reati o farla franca per amnistia,
prescrizione, Cirielli, lodo Schifani o Al Fano,
legittimo impedimento. Ma stavolta il garantista
Belpietro ha buone speranze che Di Pietro verrà
arrestato: “Aspettiamo la fase 2, quella delle manette
pulite, un giorno arriverà”, purché si trovi “un giudice
ve ro ”. E L i b e ro ne ha trovati addirittura due. Alla
Procura di Roma. Il pm Caperna che indaga su Di
Pietro “è un bell’uomo, alto e distinto”, mentre l’a l t ro ,
Pisani, “è minuto e affabile”. Finalmente due pm che
piacciono a L i b e ro . Anche fisicamente. Il Pompiere
della Sera, dall’alto delle sue campagne moralizzatrici
sui suoi editori pregiudicati (Ligresti) e imputati
(Geronzi), si domanda se il Fatto darà la notizia
dell’indagine su Di Pietro o la nasconderà.
Spettacolare la “Nota” di Massimo Franco, il
pompiere capo ieri moderatamente piromane:
dicendo che la sua iscrizione è un “atto dovuto” in
seguito alla denuncia di Veltri, cioè la pura verità, Di
Pietro “tenta di screditare in anticipo qualunque
possibilità che l’indagine possa metterlo nei guai”.
Molto meglio gridare al complotto delle toghe
azzurre pilotate dai nemici politici, invocare
l’immunità e la privacy, attaccare la Costituzione,
depenalizzare la truffa, invocare un lodo Di Pietro.
Gran finale di Franco: “‘Male non fare, paura non
ave re ’, dice ai militanti il leader nella sua memoria. Ma
la scelta di rovesciare valanghe di documenti sul
proprio sito è la conferma di un imbarazzo
palpa bile”. Ma certo: se uno non risponde alle
domande, strilla al complotto e sfugge alla giustizia,
vuol dire che non ha nulla da temere. Se invece
risponde subito nel merito con “valanghe di
documenti” per dimostrare che non ha nulla da
nascondere, vuol dire che è imbarazzato. Chissà cosa
c’è sotto.
Ps. Nell’editoriale “L’enigma Brancher”, Pigi Battista si
domanda perché mai Brancher sia diventato ministro,
visto che non lo voleva neppure Bossi e, nel suo
piccolo, nemmeno Gasparri. “Una scelta estrosa”,
insomma. A un certo punto accenna al legittimo
impedimento che lo mette al riparo dal processo
Antonveneta, ma subito lo liquida come “un sospetto
ing iusto”. La notizia che Brancher pagava tangenti per la
Fininvest e, in tre mesi di carcere, tenne la bocca chiusa,
non gli è pervenuta. Lui del resto è ancora convinto che
i bambini li porti la cicogna o si trovino sotto un cavolo.
La mamma non gli ha ancora detto nulla. (MARCO TRAVAGLIO - IL FATTO QUOTIDIANO -)
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