martedì 21 febbraio 2012

Uno sparo nel buio


Si dovrebbe andare molto cauti nel dare giudizi sulla vicenda dei fucilieri di Marina italiani (non amo la parola “marò” perché mi ricorda troppo la fascistissima XMas di Junio Valerio Borghese) nell’Oceano Indiano. Troppi dettagli fondamentali sono ancora confusi, troppe circostanze non coincidono, non è stata fatta un’autopsia sui cadaveri dei due morti per trovare eventuali pallottole e quelle finite in mare non si possono recuperare, contare o esaminare. In quello atato Indiano del Kerala è in corso una campagna elettorale feroce e sappiamo bene, anche noi in Italia, quanto sia facile utilizzare incidenti per attizzare e manipolare le folle emotivamente suggestionabili (ricordate i Rom stupratori e rapitori di bambini? I “clandestini”? Le moschee? La minaccia islamica? I ‘terroni”? Gli Albanesi? L’ Eurabia?). Ma a me pare molto strano che quei soldati si siano messi a sparare contro un peschereccio per uccidere deliberatamente, soprattutto con fucili automatici o mitragliette del tipo in dotazione al San Marco che hanno una portata e una precisione molto relativa e sono inadatti per mirare a bersagli distanti e ballonzolanti come una piccola imbarcazione, da una piattaforma di tiro già instabile come una nave in movimento. Certamente, può sempre valere il principio del “prima spara e poi chiedi chivalaà” ma la versione delle autorità indiane sull’innocente peschereccio che accosta una grossa petroliera in alto mare non mi convince per niente. Dubito anche seriamente che gli Indiani abbiano davvero intenzione di condannare all’ ergastolo o a morte quei soldati, quando si saranno calmati gli “indignados” del Kerala e lo sfruttamento elezioni sarà passato. Nel frattempo sono morti annegati altri soldati italiani in quel “buco nero” dell’Afghanistan dove nessuno capisce più che cavolo ci stiamo a fare se non a buttare vite e soldi e quelle morti, famiglie a parte, non fregano niente a nessuno. (Vittorio Zucconi http://zucconi.blogautore.repubblica.it/)

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